A quanto pare, contrariamente a quel che si pensava, i traumi cranici possono lasciare conseguenze a lungo termine, aumentando, ad esempio, il rischio di insorgenza dell'Alzheimer; o almeno questo è quanto ha fatto sapere di recente un nuovo studio condotto dai ricercatori dell'Imperial College London e pubblicato su Neurology, secondo il quale il pericolo di demenza senile attraverso la formazione di placche amiloidi nel cervello è accentuato, appunto, dai traumi subìti alla testa. In pratica tale ricerca, (che hanno coinvolto un campione di soggetti sani, malati di Alzheimer ed in buona salute ma con un trauma cranico subìto in passato), hanno dimostrato che anche a distanza di 10 anni si può verificare la presenza delle suddette placche già riscontrate subito dopo l'incidente. Inoltre a confermare questi risultati è stato un altro studio pubblicato su JAMA Neurology da un team di ricercatori dell'Università della California, San Francisco, (nota anche con la sigla UCSF), guidato dalla dottoressa Raquel Gardner, la quale al riguardo ha spiegato: "Gli studi finora svolti su un possibile legame tra un trauma cranico recente ed il rischio di demenza hanno dato risultati contrastanti". Difatti, stando ai dati raccolti in quest'ultima ricerca, oltre il 60% dei ricoveri causati da lesioni cerebrali traumatiche si verifica in soggetti dai 55 anni in su, con tassi elevatissimi fra gli over 75. In tal proposito la stessa Raquel Gardner ha proseguito dichiarando: "Con tali cifre si comprende perché il rapporto tra una trauma cranico recente ed il successivo sviluppo di demenza dopo la mezza età abbia importanti implicazioni di salute pubblica". In sostanza durante tale studio, (che ha coinvolto oltre 164.000 soggetti: nel 31,5% dei casi i pazienti avevano subìto un trauma cranico), il team californiano ha analizzato il rischio di deficit cognitivo nei soggetti con più di 55 anni colpiti da lesioni cerebrali traumatiche recenti, mettendolo a confronto con quello di loro coetanei che avevano subìto traumi al corpo ma non alla testa. In merito a ciò la dottoressa dell'UCSF ha continuato spiegando: "Tra i soggetti coinvolti, 4.361 persone, (equivalenti all'8,4%), ha sviluppato la demenza rispetto ai 6.610 pazienti, (equivalenti al 5,9%), con traumi non alla testa". Tra l'altro lo scarto fra il trauma e la diagnosi è stato in media nei suddetti 2 gruppi rispettivamente di 3,1 e 3,3 anni; difatti al riguardo Raquel Gardner ha concluso facendo sapere: "Dallo studio emerge che ad accrescere le probabilità di demenza può essere una lesione cerebrale traumatica da moderata a grave oltre i 55 anni ed anche lieve dopo i 65 anni. Ma il fatto che il deficit cognitivo si sviluppi dipende da molteplici concause, che vanno dalla genetica alle comorbilità, da fattori ambientali alle caratteristiche del trauma stesso". Mentre, commentando questi risultati, il dottor Steven DeKosky dell'Università di Pittsburgh ha affermato: "La demenza non è solo un enigma patologico, ma anche un problema globale, e questi risultati sono un esempio di come l'utilizzo congiunto di grandi database e di analisi di neuroscienza di base rappresenti una strategia molto promettente". Come se non bastasse, secondo un'altra ricerca, chi ha subito un trauma cranico potrebbe essere, (a seconda della gravità della lesione), anche 11 volte più a rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. In pratica si tratta di uno studio condotto da alcuni ricercatori della Mayo Clinic e pubblicato anch'esso sulla rivista Neurology, secondo cui, come già anticipato, il rischio in questione, rispetto a chi non ha subìto traumi alla testa, va dalle 4 volte in più, se non è stato necessario il ricovero, fino, appunto, a 11 volte, se la lesione è stata così grave da provocare un lungo periodo di incoscienza e con danni cerebrali visibili con la TAC o la risonanza magnetica. Entrando un po' più nel dettaglio, i ricercatori americani hanno preso in analisi 196 pazienti che avevano subìto un trauma alla testa, scoprendo un forte legame, proporzionale alla serietà del trauma, con il Parkinson, (malattia degenerativa che colpisce indifferentemente uomini e donne, e si calcola che ne soffrano 4 milioni persone in tutto il mondo). Inoltre la difficoltà di movimento, i tremori, i tic, le contrazioni del viso e la progressiva immobilità sono tutti disturbi caratteristici della malattia provocati dalla morte di alcune "cellule chiave" nel cervello e nel sistema nervoso, per motivi non ancora accertati. E pare proprio che, secondo gli scienziati, i traumi cranici potrebbero accelerare questo processo. In tal proposito James Bower, che ha condotto la ricerca della Mayo Clinic, ha, infine, precisato: ''Siamo stati sorpresi dalla diretta associazione, ma questo non vuol dire che chi ha subìto un trauma cranico debba inevitabilmente sviluppare la malattia''.
A quanto pare, contrariamente a quel che si pensava, i traumi cranici possono lasciare conseguenze a lungo termine, aumentando, ad esempio, il rischio di insorgenza dell'Alzheimer; o almeno questo è quanto ha fatto sapere di recente un nuovo studio condotto dai ricercatori dell'Imperial College London e pubblicato su Neurology, secondo il quale il pericolo di demenza senile attraverso la formazione di placche amiloidi nel cervello è accentuato, appunto, dai traumi subìti alla testa. In pratica tale ricerca, (che hanno coinvolto un campione di soggetti sani, malati di Alzheimer ed in buona salute ma con un trauma cranico subìto in passato), hanno dimostrato che anche a distanza di 10 anni si può verificare la presenza delle suddette placche già riscontrate subito dopo l'incidente. Inoltre a confermare questi risultati è stato un altro studio pubblicato su JAMA Neurology da un team di ricercatori dell'Università della California, San Francisco, (nota anche con la sigla UCSF), guidato dalla dottoressa Raquel Gardner, la quale al riguardo ha spiegato: "Gli studi finora svolti su un possibile legame tra un trauma cranico recente ed il rischio di demenza hanno dato risultati contrastanti". Difatti, stando ai dati raccolti in quest'ultima ricerca, oltre il 60% dei ricoveri causati da lesioni cerebrali traumatiche si verifica in soggetti dai 55 anni in su, con tassi elevatissimi fra gli over 75. In tal proposito la stessa Raquel Gardner ha proseguito dichiarando: "Con tali cifre si comprende perché il rapporto tra una trauma cranico recente ed il successivo sviluppo di demenza dopo la mezza età abbia importanti implicazioni di salute pubblica". In sostanza durante tale studio, (che ha coinvolto oltre 164.000 soggetti: nel 31,5% dei casi i pazienti avevano subìto un trauma cranico), il team californiano ha analizzato il rischio di deficit cognitivo nei soggetti con più di 55 anni colpiti da lesioni cerebrali traumatiche recenti, mettendolo a confronto con quello di loro coetanei che avevano subìto traumi al corpo ma non alla testa. In merito a ciò la dottoressa dell'UCSF ha continuato spiegando: "Tra i soggetti coinvolti, 4.361 persone, (equivalenti all'8,4%), ha sviluppato la demenza rispetto ai 6.610 pazienti, (equivalenti al 5,9%), con traumi non alla testa". Tra l'altro lo scarto fra il trauma e la diagnosi è stato in media nei suddetti 2 gruppi rispettivamente di 3,1 e 3,3 anni; difatti al riguardo Raquel Gardner ha concluso facendo sapere: "Dallo studio emerge che ad accrescere le probabilità di demenza può essere una lesione cerebrale traumatica da moderata a grave oltre i 55 anni ed anche lieve dopo i 65 anni. Ma il fatto che il deficit cognitivo si sviluppi dipende da molteplici concause, che vanno dalla genetica alle comorbilità, da fattori ambientali alle caratteristiche del trauma stesso". Mentre, commentando questi risultati, il dottor Steven DeKosky dell'Università di Pittsburgh ha affermato: "La demenza non è solo un enigma patologico, ma anche un problema globale, e questi risultati sono un esempio di come l'utilizzo congiunto di grandi database e di analisi di neuroscienza di base rappresenti una strategia molto promettente". Come se non bastasse, secondo un'altra ricerca, chi ha subito un trauma cranico potrebbe essere, (a seconda della gravità della lesione), anche 11 volte più a rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. In pratica si tratta di uno studio condotto da alcuni ricercatori della Mayo Clinic e pubblicato anch'esso sulla rivista Neurology, secondo cui, come già anticipato, il rischio in questione, rispetto a chi non ha subìto traumi alla testa, va dalle 4 volte in più, se non è stato necessario il ricovero, fino, appunto, a 11 volte, se la lesione è stata così grave da provocare un lungo periodo di incoscienza e con danni cerebrali visibili con la TAC o la risonanza magnetica. Entrando un po' più nel dettaglio, i ricercatori americani hanno preso in analisi 196 pazienti che avevano subìto un trauma alla testa, scoprendo un forte legame, proporzionale alla serietà del trauma, con il Parkinson, (malattia degenerativa che colpisce indifferentemente uomini e donne, e si calcola che ne soffrano 4 milioni persone in tutto il mondo). Inoltre la difficoltà di movimento, i tremori, i tic, le contrazioni del viso e la progressiva immobilità sono tutti disturbi caratteristici della malattia provocati dalla morte di alcune "cellule chiave" nel cervello e nel sistema nervoso, per motivi non ancora accertati. E pare proprio che, secondo gli scienziati, i traumi cranici potrebbero accelerare questo processo. In tal proposito James Bower, che ha condotto la ricerca della Mayo Clinic, ha, infine, precisato: ''Siamo stati sorpresi dalla diretta associazione, ma questo non vuol dire che chi ha subìto un trauma cranico debba inevitabilmente sviluppare la malattia''.
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