Anonymous Italia attacca la Polizia Penitenziaria, il SAPPE ed l'ANPPE chiedendo giustizia per Stefano Cucchi.
Dopo un lungo periodo di apparente inattività la divisione italiana della popolare legione Anonymous è tornata all'attacco, defacciando e rendendo pubbliche oltre 3.100 e-mail relative alla Polizia Penitenziaria, al Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, (noto anche con la sigla SAPPE), all'Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria, (conosciuta anche con la sigla ANPPE), ed al SAPPE della regione Lombardia come forma di protesta in merito all'ultima sentenza riguardante la morte di Stefano Cucchi, che, secondo le autorità, sarebbe morto a causa di un attacco improvviso di epilessia e non per le percosse subìte. Naturalmente, come di consueto gli hacker hanno motivato quest'attacco tramite un comunicato pubblicato sul blog ufficiale di Anonymous Italia, nel quale si può leggere: «Da anni, ormai, assistiamo esterrefatti al perfetto delinearsi di quella che è la natura della Giustizia nel nostro Paese: LA MENZOGNA. Uno stato di piccoli uomini che per difendere il proprio modus operandi su base fascistoide, usa ed abusa di tutti i mezzi in suo potere per nascondere la VERITÀ. In Italia continuiamo a fare processi, indagini, commissioni a destra ed a sinistra, si sbandierano eventuali sospensioni dal servizio... Ma che qualcuno di codesti agenti guadagni l'uscio delle patrie galere, non l'abbiamo ancora visto. È questa la GIUSTIZIA?». Inoltre gli hacker hanno poi proseguito scrivendo: «Dopo aver ucciso a sangue freddo un inerme Cittadino, Stefano Cucchi, avete ancora il barbaro coraggio di proferire parola. Per dire cosa? Nulla, perché tra le vostre parole ed il vostro pensiero, c'è il nulla assoluto, il vuoto pneumatico. Non fosse altro che ogni tanto, al mutar di stagione vi ritroviate ad infangare la memoria di chi non c'è più a dire la Sua. Lo avete ucciso, ed ove ciò non bastasse, avete umiliato per anni la famiglia di Stefano e tutti gli italiani con una bugia diversa; voi, frutto marcio di questa Nazione, vi arrogate il diritto, vi concedete il lusso, di infierire ancora su una Famiglia distrutta, arrivando a pretenderne le scuse? Di fronte all'ultimo lido, taccia ogni rancore, buon vivere insegna, ma voi no». Ed hanno continuato facendo sapere: «Già nel 2014 Anonymous ha chiesto una legge contro la tortura da parte delle forze dell'ordine: attualmente presentata al Senato, e bloccata dagli stessi personaggi che furtivamente o palesemente, appoggerebbero senza alcuna remora il ritorno al fascismo, di cui sono i diretti eredi. Di una legge che metta fine ai soprusi, e salvaguardi chi lotta per i propri diritti e per i Vostri. Una legge che permetta l'espulsione degli agenti che fanno abuso del loro status. Status che gli viene assegnato e che promana direttamente dai cittadini quei cittadini che dovrebbero proteggere e difendere invece di manganellare. Le forze dell'ordine devono scendere in piazza disarmate; ciò rappresenta un incentivo affinché anche i manifestanti dimostrino pacificamente il proprio pensiero. Una legge che disponga video sorveglianza 24h su 24h nelle caserme, nelle carceri, ed in tutti i luoghi di potenziale "fermo" o "detenzione", così da poter escludere qualsiasi "incidente" durante la eventuale permanenza in tali luoghi». Mentre hanno concluso tale comunicato, (oltre che con il link dal quale scaricare le suddette e-mail), scrivendo: «I fascisti in divisa non sono soggetti alla legge? Intendiamo chiedere noi scusa alla famiglia di Stefano, perché non possiamo essere lì a trattarvi per ciò che siete realmente, ma possiamo ugualmente garantivi la nostra risposta all'ennesima menzogna». Ad ogni modo a poche ore da questi attacchi non si è fatta aspettare una risposta da parte di Donato Capece, segretario generale del SAPPE che in un comunicato stampa ha spiegato: «Questi hacker sono di una ignoranza spaventosa. Scrivono a noi, esponenti e rappresentanti della Polizia Penitenziaria, di volere giustizia per Stefano Cucchi senza sapere che sia la sentenza di primo grado che quella di appello hanno assolto i poliziotti penitenziari, che lavorano proprio a piazzale Clodio, dalle accuse, (non suffragate da alcuna prova!), loro mosse. Lo hanno accertato 2 Corti, 4 giudici togati, 12 giudici popolari. Lo ha confermato, definitivamente, la Corte di Cassazione! Siamo sempre stati solidali con la Famiglia Cucchi per la perdita del loro familiare, ma anche fieri del nostro lavoro quotidiano e della nostra abnegazione al servizio del Paese. Siamo convinti che il SAPPE proseguirà la battaglia in difesa dei colleghi e dell'intero Corpo di Polizia Penitenziaria che in questa vicenda è attaccato da molti che forse sono in possesso di una verità che conoscono solo loro. È il caso di questi hacker, eccellenti sotto il profilo delle conoscenze informatiche ma ignoranti sulla realtà dei fatti». Ed ha poi proseguito affermando: «Dopo avere diffuso la notizia, sul blog poliziapenitenziaria.it, che Marco Carrai, membro del direttivo della fondazione politica del presidente del Consiglio Matteo Renzi ed esperto internet del Governo, ha assunto uno degli hacker che violò il sito web del SAPPE e di altre istituzioni ed aziende negli anni passati. Singolare coincidenza…». Comunque sia Donato Capece ha, infine, concluso il comunicato in questione dichiarando: «Il processo d'appello per la morte di Stefano Cucchi ha confermato l'assoluzione per i poliziotti penitenziari coinvolti loro malgrado nella triste vicenda. E la Cassazione, ripetiamo, l'ha definitivamente confermato. Avevamo ragione quando, in assoluta solitudine, sostenemmo che non si dovevano trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari. Abbiamo avuto ragione nel confidare nella Magistratura perché la Polizia Penitenziaria non aveva e non ha nulla da nascondere. L'impegno del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il SAPPE, è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una "casa di vetro", cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci "chiaro", perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale, (ma ancora sconosciuto), lavoro svolto quotidianamente con professionalità, abnegazione e umanità dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Tanto per dire, negli ultimi vent'anni, abbiamo salvato la vita, in tutta Italia, ad oltre 19.000 detenuti che hanno tentato il suicidio ed ai quasi 124.000 che hanno posto in essere atti di autolesionismo, molti deturpandosi anche violentemente il proprio corpo».
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