A quanto pare lo sbadiglio, fenomeno frequente, assolutamente naturale, contagioso, largamente diffuso, analizzato negli anni numerose volte e considerato sinonimo di noia e disattenzione, in realtà potrebbe essere un segno di intelligenza. O almeno questo è quanto ha fatto sapere un recente studio, condotto presso la State University of New York at Oneonta e pubblicato sulla rivista Biology Letters, secondo il quale, la durata degli sbadigli rappresenta un valido indicatore del peso del cervello e del numero dei neuroni presenti nello strato esterno dell'organo più importante dell'organismo. In pratica durante tale studio lo psicologo Andrew Gallup, (uno dei massimi esperti mondiali di sbadigli), ha studiato i video di 205 sbadigli di 29 diverse specie di mammiferi, (tra cui anche topi, gatti, volpi, ricci, trichechi ed elefanti), e li ha confrontati con i dati su peso del loro cervello e numero di neuroni corticali. Così facendo ha scoperto che i primati, (di cui fanno parte anche gli esseri umani), tendono a manifestare sbadigli molto più lunghi di altri animali; in particolare l'uomo, che ha circa 12 milioni di connessioni corticali, vanta anche lo sbadiglio medio più lungo di quasi 7 secondi: quello degli elefanti africani, che per peso cerebrale e numero di connessioni si avvicinano agli esseri umani, misura circa 6 secondi, quelli di cammelli e scimpanzé dura circa 5 secondi e gli sbadigli dei topi, che hanno un cervello molto più piccolo, si fermano dopo 1,5 secondi. Tuttavia, anche se naturalmente il cervello umano non è il più pesante tra quelli analizzati, è quello dotato di un maggior numero di neuroni nella corteccia cerebrale rispetto a qualsiasi altra specie: caratteristica che potrebbe risultare essere il fattore più importante. Ad ogni modo lo studio in questione, (che ha anche preso in considerazione anche altri parametri come l'età, poiché gli adulti sbadigliano più a lungo dei bambini), sembra avvalorare l'ipotesi secondo cui gli sbadigli siano un po' come il sudore: uno strumento per mantenere fresco l'organismo. Difatti quando si sbadiglia, avviene la contrazione ed il rilassamento dei muscoli del viso, aumentando l'afflusso di sangue caldo attorno al cranio e disperdendo parte di quel calore all'esterno; senza contare l'inalazione di aria fresca per il raffreddamento dall'interno. Per di più, come noto, i cervelli più grandi e strutturati hanno bisogno di più tempo per raffreddarsi e ciò potrebbe essere il motivo per il quale in genere si sbadiglia molto di più di sera: la temperatura corporea è più alta nelle ore serali, quelle in cui, tra l'altro, si è anche più stanchi. Non a caso l'ipotesi termoregolatoria, ad oggi una della teorie più accreditate per giustificare la funzione dello sbadiglio, era stata già avanzata qualche anno fa dallo stesso Andrew Gallup, il quale aveva considerato l'inalazione che viene effettuata durante questo movimento ed aveva affermato, appunto, che: "sbadigliare è come sudare". In sostanza nello studio, datato 2011, lo scienziato aveva anche sottolineato che in estate, quando la temperatura esterna è più alta e quindi più simile a quella corporea, il fenomeno è meno diffuso, diversamente da quanto avviene nel periodo invernale più ricco di aria fresca. Tuttavia la funzione fisiologica alla base di questo fenomeno non è ancora del tutto chiara, molto probabilmente perché gli stimoli che lo generano sono numerosi, tanto da costituire una difficoltà che finora ha impedito di arrivare ad una soluzione universalmente accettata: la molla propulsiva potrebbero essere la stanchezza e/o la fame, oppure potrebbe, infine, esserci un collegamento con il nervosismo e/o una funzione sociale, (l'indicare, appunto, noia per una determinata circostanza).
A quanto pare lo sbadiglio, fenomeno frequente, assolutamente naturale, contagioso, largamente diffuso, analizzato negli anni numerose volte e considerato sinonimo di noia e disattenzione, in realtà potrebbe essere un segno di intelligenza. O almeno questo è quanto ha fatto sapere un recente studio, condotto presso la State University of New York at Oneonta e pubblicato sulla rivista Biology Letters, secondo il quale, la durata degli sbadigli rappresenta un valido indicatore del peso del cervello e del numero dei neuroni presenti nello strato esterno dell'organo più importante dell'organismo. In pratica durante tale studio lo psicologo Andrew Gallup, (uno dei massimi esperti mondiali di sbadigli), ha studiato i video di 205 sbadigli di 29 diverse specie di mammiferi, (tra cui anche topi, gatti, volpi, ricci, trichechi ed elefanti), e li ha confrontati con i dati su peso del loro cervello e numero di neuroni corticali. Così facendo ha scoperto che i primati, (di cui fanno parte anche gli esseri umani), tendono a manifestare sbadigli molto più lunghi di altri animali; in particolare l'uomo, che ha circa 12 milioni di connessioni corticali, vanta anche lo sbadiglio medio più lungo di quasi 7 secondi: quello degli elefanti africani, che per peso cerebrale e numero di connessioni si avvicinano agli esseri umani, misura circa 6 secondi, quelli di cammelli e scimpanzé dura circa 5 secondi e gli sbadigli dei topi, che hanno un cervello molto più piccolo, si fermano dopo 1,5 secondi. Tuttavia, anche se naturalmente il cervello umano non è il più pesante tra quelli analizzati, è quello dotato di un maggior numero di neuroni nella corteccia cerebrale rispetto a qualsiasi altra specie: caratteristica che potrebbe risultare essere il fattore più importante. Ad ogni modo lo studio in questione, (che ha anche preso in considerazione anche altri parametri come l'età, poiché gli adulti sbadigliano più a lungo dei bambini), sembra avvalorare l'ipotesi secondo cui gli sbadigli siano un po' come il sudore: uno strumento per mantenere fresco l'organismo. Difatti quando si sbadiglia, avviene la contrazione ed il rilassamento dei muscoli del viso, aumentando l'afflusso di sangue caldo attorno al cranio e disperdendo parte di quel calore all'esterno; senza contare l'inalazione di aria fresca per il raffreddamento dall'interno. Per di più, come noto, i cervelli più grandi e strutturati hanno bisogno di più tempo per raffreddarsi e ciò potrebbe essere il motivo per il quale in genere si sbadiglia molto di più di sera: la temperatura corporea è più alta nelle ore serali, quelle in cui, tra l'altro, si è anche più stanchi. Non a caso l'ipotesi termoregolatoria, ad oggi una della teorie più accreditate per giustificare la funzione dello sbadiglio, era stata già avanzata qualche anno fa dallo stesso Andrew Gallup, il quale aveva considerato l'inalazione che viene effettuata durante questo movimento ed aveva affermato, appunto, che: "sbadigliare è come sudare". In sostanza nello studio, datato 2011, lo scienziato aveva anche sottolineato che in estate, quando la temperatura esterna è più alta e quindi più simile a quella corporea, il fenomeno è meno diffuso, diversamente da quanto avviene nel periodo invernale più ricco di aria fresca. Tuttavia la funzione fisiologica alla base di questo fenomeno non è ancora del tutto chiara, molto probabilmente perché gli stimoli che lo generano sono numerosi, tanto da costituire una difficoltà che finora ha impedito di arrivare ad una soluzione universalmente accettata: la molla propulsiva potrebbero essere la stanchezza e/o la fame, oppure potrebbe, infine, esserci un collegamento con il nervosismo e/o una funzione sociale, (l'indicare, appunto, noia per una determinata circostanza).
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