Nel corso degli ultimi hanno gli scienziati hanno coperto un ruolo sempre più importante dell'apparato gastrointestinale, ed in particolare del microbiota, per la salute sia fisica che mentale. Ed a quanto pare anche l'insorgenza e lo sviluppo dell'autismo, (disturbo dello sviluppo neurologico che impedisce ai bambini che ne sono affetti di avere una normale interazione sociale), potrebbero avere un forte legame proprio con la composizione della flora batterica. O almeno questo è quanto ha fatto sapere di recente un team di ricercatori dell'Ohio State University, coordinato da Ann Gregory, il quale ha proposto il trapianto del microbiota umano come trattamento per ridurre i principali sintomi del disturbo neurologico in questione. In pratica durante uno studio pilota, condotto, (in collaborazione con la Northern Arizona University, l'Arizona State University e l'Università del Minnesota), su 18 pazienti fra i 7 ed i 16 anni, e pubblicato sulla rivista Microbiome, gli scienziati hanno prima somministrato un ciclo di 2 settimane di antibiotici ed una serie di clisteri per "bonificare" l'intestino ed eliminare la maggior parte della flora intestinale esistente, dopodiché per 8 settimane hanno proceduto alla ricolonizzazione dell'organo con un trattamento noto come "trapianto fecale", (ad oggi in uso clinico per gravi ed incurabili infezioni intestinali come quella da Clostridium resistente ad antibiotici), garantendo così ai soggetti una flora intestinale del tutto nuova. Così facendo nel corso dei 2 mesi successivi i ricercatori hanno registrato miglioramenti sia nei sintomi di carattere intestinale, sia in quelli tipici dell'autismo. Al riguardo la stessa Ann Gregory ha affermato: "I dottori sanno che funziona. Solo che non sanno ancora come". Infatti, anche se l'impatto a lungo termine di questo trattamento non è noto, i ricercatori hanno osservato un miglioramento dell'80% nei sintomi gastrointestinali associati con disturbi dello spettro autistico, ed un miglioramento del 20-25% nei comportamenti legati all'autismo, tra cui il miglioramento delle abilità sociali e migliori abitudini riguardo al sonno. Ad ogni modo, sempre di recente, anche un team di scienziati del California Institute of Technology ha pubblicato sulla rivista Cell il resoconto di una sperimentazione effettuata su modello murino, il quale ha dimostra che alcuni cambiamenti a carico della flora intestinale possono determinare comportamenti simili a quelli rilevabili nei soggetti autistici. Difatti tra i topolini presi in esame, quelli che riproducevano un modello autistico soffrivano anche di permeabilità intestinale; motivo per il quale gli scienziati li hanno trattati con Bacteroides fragilis, un tipo di batterio utilizzato per terapie probiotiche in modelli animali di patologie gastrointestinali. In questo modo si è scoperto che, una volta risolto il problema intestinale, i topi mostravano cambiamenti a livello comportamentale: nello specifico, sembravano più propensi a comunicare con gli altri topi, mostravano un livello di ansia inferiore e dedicavano meno tempo ai comportamenti ripetitivi. Ma non è finita qui; un altro studio, condotto da alcuni ricercatori della Mailman School of Public Health presso la Columbia University, guidati da Brent Williams, e pubblicato sulla rivista mBio, ha analizzato la connessione esistente fra i disturbi dello spettro autistico e l'attività dell'intestino: secondo i dati emersi, i bambini autistici ospitano nel proprio intestino una varietà di batteri che non è invece presente negli altri bambini. Tra l'altro la ricerca in questione ha evidenziato l'esistenza di vari sintomi gastrointestinali nei bambini autistici, oltre che infiammazioni ed anomalie del tratto intestinale superiore ed inferiore. Tuttavia attualmente il rapporto di causa ed effetto è ancora misterioso: non si sa bene se la causa dei disturbi sia da ricercarsi in questi batteri o se la presenza di anomalie a livello gastrointestinale apra la porta alla proliferazione di questa classe di batteri sconosciuta nei soggetti non autistici. In tal proposito Christine A. Biron, docente di scienze mediche presso la Brown University, ha commentato: "Il rapporto tra microrganismi diversi, l'ospite e gli esiti per la malattia e lo sviluppo è un problema emozionante. Questo documento è importante perché inizia ad avanzare l'ipotesi di come i microbi residenti interagiscono con un disordine ancora poco conosciuto". In pratica i batteri di cui si parla appartengono al genere Sutterella e risultano essere presenti nei soggetti autistici soprattutto nel fegato; anche se tale batterio è presente soltanto nei bambini autistici che mostrano anche problemi gastrointestinali. In tal proposito Jorge Benach, presidente del Dipartimento di Microbiologia della Stony Brook University, ha fatto sapere: "I batteri Sutterella sono stati associati a malattie gastrointestinali sotto il diaframma, ma se si tratta di agenti patogeni o meno non è ancora chiaro. Non sono batteri molto noti". Ed ha poi concluso, spiegando: "La maggior parte del lavoro che è stato fatto collega il microbioma intestinale con l'autismo ed è stato fatto con i campioni di feci. Quello che può apparire in un campione di feci può essere però diverso da ciò che è direttamente collegato al tessuto". Comunque sia per quanto si tratti di piccoli studi, i risultati, a detta degli autori, sono così significativi da costituire la premessa per studi clinici più ampi che permettano, infine, di scoprire di più sull'autismo e soprattutto sui suoi rapporti con l'apparato gastrointestinale.
Nel corso degli ultimi hanno gli scienziati hanno coperto un ruolo sempre più importante dell'apparato gastrointestinale, ed in particolare del microbiota, per la salute sia fisica che mentale. Ed a quanto pare anche l'insorgenza e lo sviluppo dell'autismo, (disturbo dello sviluppo neurologico che impedisce ai bambini che ne sono affetti di avere una normale interazione sociale), potrebbero avere un forte legame proprio con la composizione della flora batterica. O almeno questo è quanto ha fatto sapere di recente un team di ricercatori dell'Ohio State University, coordinato da Ann Gregory, il quale ha proposto il trapianto del microbiota umano come trattamento per ridurre i principali sintomi del disturbo neurologico in questione. In pratica durante uno studio pilota, condotto, (in collaborazione con la Northern Arizona University, l'Arizona State University e l'Università del Minnesota), su 18 pazienti fra i 7 ed i 16 anni, e pubblicato sulla rivista Microbiome, gli scienziati hanno prima somministrato un ciclo di 2 settimane di antibiotici ed una serie di clisteri per "bonificare" l'intestino ed eliminare la maggior parte della flora intestinale esistente, dopodiché per 8 settimane hanno proceduto alla ricolonizzazione dell'organo con un trattamento noto come "trapianto fecale", (ad oggi in uso clinico per gravi ed incurabili infezioni intestinali come quella da Clostridium resistente ad antibiotici), garantendo così ai soggetti una flora intestinale del tutto nuova. Così facendo nel corso dei 2 mesi successivi i ricercatori hanno registrato miglioramenti sia nei sintomi di carattere intestinale, sia in quelli tipici dell'autismo. Al riguardo la stessa Ann Gregory ha affermato: "I dottori sanno che funziona. Solo che non sanno ancora come". Infatti, anche se l'impatto a lungo termine di questo trattamento non è noto, i ricercatori hanno osservato un miglioramento dell'80% nei sintomi gastrointestinali associati con disturbi dello spettro autistico, ed un miglioramento del 20-25% nei comportamenti legati all'autismo, tra cui il miglioramento delle abilità sociali e migliori abitudini riguardo al sonno. Ad ogni modo, sempre di recente, anche un team di scienziati del California Institute of Technology ha pubblicato sulla rivista Cell il resoconto di una sperimentazione effettuata su modello murino, il quale ha dimostra che alcuni cambiamenti a carico della flora intestinale possono determinare comportamenti simili a quelli rilevabili nei soggetti autistici. Difatti tra i topolini presi in esame, quelli che riproducevano un modello autistico soffrivano anche di permeabilità intestinale; motivo per il quale gli scienziati li hanno trattati con Bacteroides fragilis, un tipo di batterio utilizzato per terapie probiotiche in modelli animali di patologie gastrointestinali. In questo modo si è scoperto che, una volta risolto il problema intestinale, i topi mostravano cambiamenti a livello comportamentale: nello specifico, sembravano più propensi a comunicare con gli altri topi, mostravano un livello di ansia inferiore e dedicavano meno tempo ai comportamenti ripetitivi. Ma non è finita qui; un altro studio, condotto da alcuni ricercatori della Mailman School of Public Health presso la Columbia University, guidati da Brent Williams, e pubblicato sulla rivista mBio, ha analizzato la connessione esistente fra i disturbi dello spettro autistico e l'attività dell'intestino: secondo i dati emersi, i bambini autistici ospitano nel proprio intestino una varietà di batteri che non è invece presente negli altri bambini. Tra l'altro la ricerca in questione ha evidenziato l'esistenza di vari sintomi gastrointestinali nei bambini autistici, oltre che infiammazioni ed anomalie del tratto intestinale superiore ed inferiore. Tuttavia attualmente il rapporto di causa ed effetto è ancora misterioso: non si sa bene se la causa dei disturbi sia da ricercarsi in questi batteri o se la presenza di anomalie a livello gastrointestinale apra la porta alla proliferazione di questa classe di batteri sconosciuta nei soggetti non autistici. In tal proposito Christine A. Biron, docente di scienze mediche presso la Brown University, ha commentato: "Il rapporto tra microrganismi diversi, l'ospite e gli esiti per la malattia e lo sviluppo è un problema emozionante. Questo documento è importante perché inizia ad avanzare l'ipotesi di come i microbi residenti interagiscono con un disordine ancora poco conosciuto". In pratica i batteri di cui si parla appartengono al genere Sutterella e risultano essere presenti nei soggetti autistici soprattutto nel fegato; anche se tale batterio è presente soltanto nei bambini autistici che mostrano anche problemi gastrointestinali. In tal proposito Jorge Benach, presidente del Dipartimento di Microbiologia della Stony Brook University, ha fatto sapere: "I batteri Sutterella sono stati associati a malattie gastrointestinali sotto il diaframma, ma se si tratta di agenti patogeni o meno non è ancora chiaro. Non sono batteri molto noti". Ed ha poi concluso, spiegando: "La maggior parte del lavoro che è stato fatto collega il microbioma intestinale con l'autismo ed è stato fatto con i campioni di feci. Quello che può apparire in un campione di feci può essere però diverso da ciò che è direttamente collegato al tessuto". Comunque sia per quanto si tratti di piccoli studi, i risultati, a detta degli autori, sono così significativi da costituire la premessa per studi clinici più ampi che permettano, infine, di scoprire di più sull'autismo e soprattutto sui suoi rapporti con l'apparato gastrointestinale.
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