Dimostrato che un ritardo nel taglio del cordone ombelicale può prevenire l'anemia nei neonati.


A quanto pare un breve ritardo di circa 3 minuti, (o anche più), nel taglio del cordone ombelicale dopo il parto può ridurre il rischio di anemia nei neonati; o almeno questo è quanto ha dimostrato un recente studio clinico, condotto da un team di ricercatori dell'Università di Uppsala e pubblicato online sulla rivista JAMA Pediatrics, il quale ha fornito una nuova prova dell'utilità per i bambini appena nati nel ricevere un po' più a lungo le ultime pulsazioni di sangue placentare. In pratica anemia e carenza di ferro durante le primissime fasi dell'infanzia possono provocare un'alterazione del neurosviluppo che colpisce abilità cognitive, motorie e comportamentali: cibi fortificati ed integratori di ferro sono attualmente l'unico trattamento. Tuttavia alcuni studi hanno mostrato che un bloccaggio in ritardo del cordone potrebbe essere un'alternativa a basso costo per ridurre il rischio delle suddette condizioni: il sangue trasfuso feto-placentare dopo il parto, infatti, aumenta i depositi di ferro nella prima infanzia. In sostanza fino a qualche tempo fa il taglio avveniva dopo pochi secondi dalla nascita, ma già negli ultimi anni l'indicazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, (nota anche con la sigla OMS), suggerire di aspettare da 1 a 3 minuti. Ad ogni modo entrando un po' più nei dettagli, durante il suddetto studio i ricercatori svedesi, guidati da Ola Andersson, hanno esaminato l'impatto di una recisione del cordone tardiva in Nepal, (un Paese a basso reddito con una elevata prevalenza di anemia): all'esperimento hanno preso parte 540 neonati, i quali sono stati poi divisi in 2 gruppi; il primo in cui il cosiddetto "clampaggio" è avvenuto intorno al primo minuto dopo la nascita, (o anche prima); ed il secondo a cui il taglio del cordone ombelicale è stato fatto 3 o più minuti dopo il parto. Insomma, dai risultati è emerso che ad 8 mesi di età, nel secondo gruppo il livello medio di emoglobina risultava essere maggiore e la prevalenza di anemia inferiore rispetto al primo gruppo: differenze che sono state rilevate anche a 12 mesi di età. Comunque sia al riguardo la stessa Ola Andersson ha, infine, concluso spiegando: "Lo studio dimostra che il ritardo di 180 secondi è un intervento efficace per ridurre l'anemia in una popolazione ad alto rischio, con un costo minimo e senza effetti collaterali. Se l'intervento fosse attuato su scala globale, potrebbe tradursi in 5 milioni in meno di bambini con anemia ad 8 mesi di età, con particolare importanza per la sanità pubblica in Paesi dove la prevalenza di anemia è più alta".

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