Scoperto da dove nascono i sogni.


Come risaputo, la "materia" di cui sono fatti i sogni si trova in una zona del cervello poco esplorata e quando in passato alcuni esperimenti avevano, quasi per caso, provato a stimolarla, i volontari si erano descritti come "in un mondo parallelo", "disconnessi dalla realtà" o "in un fumetto". Tuttavia di recente, cercando di capire cosa vuol dire esattamente sognare, un'équipe di scienziati italiani ed americani dell'Ospedale Universitario di Losanna, dell'Università del Wisconsin e della Scuola IMT Alti Studi Lucca si è di nuovo imbattuta in lei: una zona un po' più estesa, ma sempre centrata attorno alla cosiddetta "area del fumetto". In pratica si tratta di un punto piuttosto superficiale, poco sopra alla nuca e che i ricercatori hanno ribattezzato come "posterior cortical hot zone", (o "zona calda corticale posteriore"). Al riguardo Francesca Siclari, fra i coordinatori della suddetta ricerca, pubblicata su Nature Neuroscience, ha spiegato: "È un'area che diventa molto attiva quando iniziamo a sognare. Nella "hot zone", prima che nel resto del cervello, le onde lente che caratterizzano il sonno profondo lasciano spazio a quelle rapide, caratteristiche della veglia. In un primo esperimento abbiamo notato questo fenomeno. Nel secondo invece abbiamo messo alla prova la scoperta: osservando il tracciato dell'elettroencefalogramma, abbiamo cercato di prevedere se i nostri volontari stavano sognando o meno. Poi li abbiamo svegliati. Così facendo siamo riusciti a vedere giusto nell'87% dei casi". In sostanza i test hanno coinvolto 46 partecipanti, i quali hanno accettato di indossare un casco per elettroencefalografia, (nota con la sigla EEG), mentre dormivano: la tecnica non invasiva, (che consiste nel posizionare 256 elettrodi sullo scalpo), ha permesso di monitorare numero ed ampiezza delle onde cerebrali, studiando l'attività elettrica del cervello. Inoltre per amor di scienza i volontari si sono prestati a essere svegliati più volte a notte, quando i monitor rivelavano sequenze interessanti, ed a raccontare se ed a cosa stessero sognando in quel momento: complessivamente, ci sono stati oltre 1.000 risvegli. Tra l'altro la correlazione tra sogni ed abbassamento delle onde a bassa frequenza è risultata essere così forte che, solo osservando i tracciati EEG, i ricercatori hanno capito se quella persona stava sognando nel 91% dei casi. Ma non solo; questa sorta di "firma" ha permesso di capire quanto effettivamente si sogna: dai test effettuati su 7 volontari, (che in precedenza erano state addestrati a ricordare l'ultima immagine vissuta prima del suono della sveglia, scrivendola o dettandola al registratore del telefonino), monitorati per 5-10 notti è emerso che questa attività occupa il 95% di tutta la fase REM ed il 71% di quella non-REM. Ad ogni modo le strade che si aprono da questa scoperta sono almeno tre: una un po' più fantasiosa, una più prettamente neurologica ed una che confina con la filosofia. Per farla breve la prima ammette che un giorno sarà possibile, forse, osservare un elettroencefalogramma ad alta densità, (ovvero quella che prevede l'applicazione di 256 elettrodi su cranio e viso), e capire cosa una persona sta sognando. In tal proposito la stessa Francesca Siclari ha affermato: "Non avverrà di certo domani, ma sono ottimista. Potremo suddividere i sogni in categorie piuttosto grossolane, sarà difficile definire la trama precisa, ma credo che siamo sulla buona strada". Difatti, come già anticipato, il passaggio dalle onde lente a quelle rapide ha origine nella "hot zone", ma coinvolge anche le zone corticali legate alla vista, (in un sogno pieno di immagini), al linguaggio, (in caso di conversazioni oniriche), e così via. Mentre la seconda strada riguarda la neurologia, e comprende un problema che restava irrisolto da decenni: inizialmente si credeva che i sogni avvenissero solo nella fase REM, poi però si è osservato con sorpresa che esiste anche un'attività onirica nella fase non-REM. Al riguardo la ricercatrice italiana ha proseguito dichiarando: "Ci si è subito chiesti il perché. Si tratta di due fasi in cui l'attività del cervello è completamente diversa. Come è possibile che il sogno si sviluppi in entrambe? La nostra risposta è che il meccanismo è indipendente dal sonno REM o non-REM, proprio perché il sogno ha una sua sorgente autonoma: la "hot zone"". Per di più un altro punto importante della ricerca riguarda il modo in cui il cervello si comporta durante il sogno: tanto nella fase REM, quanto in quella non-REM, è stato osservato un aumento di onde cerebrali ad alta frequenza nelle aree normalmente attive durante la veglia, come se quella persona stesse davvero vedendo facce, o orientandosi in un labirinto, e non solo sognando di farlo. In tal proposito la stessa Francesca Siclari ha affermato: "Ciò rappresenta la prova che il sogno è, per il cervello, un'esperienza reale e non solo qualcosa che inventiamo al momento del risveglio, come proposto in precedenza da alcuni ricercatori". Comunque sia i ricercatori hanno provato anche a rispondere alla questione più sfuggente di tutte: quella che riguarda la coscienza, (ovvero il tema da cui era nata la curiosità dei neuroscienziati). Infatti la capacità del cervello di avere esperienze resta sempre attiva durante la veglia, ma si dissolve con il sonno, il quale, da questo punto di vista, viene definito come un "terzo stato" dai caratteri indistinti. In pratica, secondo i ricercatori, il fatto che l'esperienza onirica abbia una base neurologica osservabile rafforza la teoria secondo cui anche i sogni possono essere definiti "esperienze in cui la coscienza è attiva". Quindi, se l'attività della "hot zone" è una spia della capacità del cervello di vivere esperienze nonostante sonno ed immobilità, lo studio pubblicato su Nature Neuroscience potrebbe avere anche applicazioni più prettamente mediche; non a caso in tal proposito la suddetta ricercatrice italiana ha, infine, concluso spiegando: "La nostra ricerca può portare a nuovi marker per valutare lo stato di coscienza nei casi di coma o durante un'anestesia".

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