A quanto pare anche l'odore del cibo può influire sul peso corporeo e sul metabolismo; o almeno questo è quanto ha scoperto di recente un team di ricercatori dell'Università della California, Berkley, coordinati dal professor Andrew Dillin, tramite uno studio pubblicato sulla rivista Cell Metabolism. In pratica si è trattata di una ricerca condotta su modello murino: gli scienziati hanno preso in esame alcuni topi privati dell'olfatto ed altri geneticamente modificati per avere un senso dell'olfatto potenziato, (un vero e proprio "super olfatto"), ed hanno osservato come rispetto al gruppo di controllo, (formato da topi completamente normali), ed a parità di cibi grassi consumati, i primi fossero dimagriti mentre i secondi risultavano essere ingrassati; il che suggerirebbe l'esistenza di uno stretto legame tra il metabolismo ed il senso dell'olfatto. In sostanza, secondo i ricercatori californiani, non poter sentire l'odore di ciò che si mangia aiuterebbe a bruciare i grassi piuttosto che a conservarli, sebbene per il momento i meccanismi che regolano tale processo siano del tutto sconosciuti. Al riguardo lo stesso Andrew Dillin ha spiegato: "I sistemi sensoriali giocano un ruolo importante nel metabolismo. L'aumento di peso non è puramente una misura delle calorie assunte. È anche legato al modo in cui le calorie vengono percepite. Poiché sia uomini che topi sono più suscettibili agli odori quando sono affamati piuttosto che dopo aver mangiato, probabilmente la mancanza di odore "suggerisce" al cervello che si è già consumato il pasto, spingendo l'organismo a bruciare le calorie in eccesso. Se saremo in grado di confermare questi risultati anche negli esseri umani, forse potremo effettivamente creare un farmaco che non interferisce con l'odore ma che è in grado di bloccare il circuito metabolico. Il che sarebbe incredibile". Ad ogni modo, come già anticipato, per arrivare a queste conclusioni gli scienziati hanno utilizzato una terapia genica in grado di eliminare i neuroni olfattivi nei topi: una procedura temporanea che, grazie alle cellule staminali, ha permesso agli animali di recuperarli nel giro di 3 settimane. Durante quest'arco di tempo i topi in questione hanno dimostrato una eccellente capacità di bruciare i grassi, anche grazie alla trasformazione delle cellule adipose in cellule di grasso bruno, le quali producono calore bruciando gli acidi grassi; mentre le cellule adipose di grasso bianco, (ossia quello che si deposita e che fa aumentare di peso), in questi animali sono andate incontro anche ad una riduzione di dimensioni. Tra l'altro, oltre a perdere peso, alcuni topi obesi privati dell'olfatto e che avevano sviluppato un'intolleranza al glucosio, (nota per essere collegata al diabete mellito di tipo 2), hanno mostrato dei miglioramenti anche in merito a questa condizione. Ma non è tutto: in un esperimento parallelo condotto con un virus benigno in grado di eliminare l'olfatto, (sempre per 3 settimane), i ricercatori californiani hanno osservato che alcuni dei topi che non erano in grado di sentire gli odori sono ingrassati al massimo del 10% del loro peso; mentre quelli sani sono diventati obesi aumentando il loro peso del 100%. Comunque sia, anche se, come già anticipato, i meccanismi metabolici che si nascondono dietro di questi processi non sono ancora ben chiari, gli scienziati sperano di poter giungere ad una terapia sicura che possa aiutare le persone con problemi di peso. Difatti in tal proposito Céline Riera, ricercatrice del Cedars-Sinai Medical Center, nonché co-autrice del suddetto studio, ha dichiarato: "Le persone con disturbi alimentari hanno spesso difficoltà a controllare quanto cibo mangiano ed hanno molte voglie. Pensiamo che i neuroni olfattivi siano molto importanti per controllare il piacere per il cibo e se avessimo un modo per modulare questo percorso, potremmo bloccare le voglie in queste persone ed aiutarle a gestire la loro assunzione di cibo". Tuttavia c'è da dire che durante tale studio è emersa anche una nota negativa: nei topi privati dell'olfatto i livelli di noradrenalina risultavano essere sensibilmente alti a causa dello stress, fino a raggiungere una concentrazione tale che in un essere umano potrebbe causare un attacco cardiaco; motivo per il quale bisognerà effettuare ulteriori studi prima di arrivare, infine, ai test sugli uomini.
A quanto pare anche l'odore del cibo può influire sul peso corporeo e sul metabolismo; o almeno questo è quanto ha scoperto di recente un team di ricercatori dell'Università della California, Berkley, coordinati dal professor Andrew Dillin, tramite uno studio pubblicato sulla rivista Cell Metabolism. In pratica si è trattata di una ricerca condotta su modello murino: gli scienziati hanno preso in esame alcuni topi privati dell'olfatto ed altri geneticamente modificati per avere un senso dell'olfatto potenziato, (un vero e proprio "super olfatto"), ed hanno osservato come rispetto al gruppo di controllo, (formato da topi completamente normali), ed a parità di cibi grassi consumati, i primi fossero dimagriti mentre i secondi risultavano essere ingrassati; il che suggerirebbe l'esistenza di uno stretto legame tra il metabolismo ed il senso dell'olfatto. In sostanza, secondo i ricercatori californiani, non poter sentire l'odore di ciò che si mangia aiuterebbe a bruciare i grassi piuttosto che a conservarli, sebbene per il momento i meccanismi che regolano tale processo siano del tutto sconosciuti. Al riguardo lo stesso Andrew Dillin ha spiegato: "I sistemi sensoriali giocano un ruolo importante nel metabolismo. L'aumento di peso non è puramente una misura delle calorie assunte. È anche legato al modo in cui le calorie vengono percepite. Poiché sia uomini che topi sono più suscettibili agli odori quando sono affamati piuttosto che dopo aver mangiato, probabilmente la mancanza di odore "suggerisce" al cervello che si è già consumato il pasto, spingendo l'organismo a bruciare le calorie in eccesso. Se saremo in grado di confermare questi risultati anche negli esseri umani, forse potremo effettivamente creare un farmaco che non interferisce con l'odore ma che è in grado di bloccare il circuito metabolico. Il che sarebbe incredibile". Ad ogni modo, come già anticipato, per arrivare a queste conclusioni gli scienziati hanno utilizzato una terapia genica in grado di eliminare i neuroni olfattivi nei topi: una procedura temporanea che, grazie alle cellule staminali, ha permesso agli animali di recuperarli nel giro di 3 settimane. Durante quest'arco di tempo i topi in questione hanno dimostrato una eccellente capacità di bruciare i grassi, anche grazie alla trasformazione delle cellule adipose in cellule di grasso bruno, le quali producono calore bruciando gli acidi grassi; mentre le cellule adipose di grasso bianco, (ossia quello che si deposita e che fa aumentare di peso), in questi animali sono andate incontro anche ad una riduzione di dimensioni. Tra l'altro, oltre a perdere peso, alcuni topi obesi privati dell'olfatto e che avevano sviluppato un'intolleranza al glucosio, (nota per essere collegata al diabete mellito di tipo 2), hanno mostrato dei miglioramenti anche in merito a questa condizione. Ma non è tutto: in un esperimento parallelo condotto con un virus benigno in grado di eliminare l'olfatto, (sempre per 3 settimane), i ricercatori californiani hanno osservato che alcuni dei topi che non erano in grado di sentire gli odori sono ingrassati al massimo del 10% del loro peso; mentre quelli sani sono diventati obesi aumentando il loro peso del 100%. Comunque sia, anche se, come già anticipato, i meccanismi metabolici che si nascondono dietro di questi processi non sono ancora ben chiari, gli scienziati sperano di poter giungere ad una terapia sicura che possa aiutare le persone con problemi di peso. Difatti in tal proposito Céline Riera, ricercatrice del Cedars-Sinai Medical Center, nonché co-autrice del suddetto studio, ha dichiarato: "Le persone con disturbi alimentari hanno spesso difficoltà a controllare quanto cibo mangiano ed hanno molte voglie. Pensiamo che i neuroni olfattivi siano molto importanti per controllare il piacere per il cibo e se avessimo un modo per modulare questo percorso, potremmo bloccare le voglie in queste persone ed aiutarle a gestire la loro assunzione di cibo". Tuttavia c'è da dire che durante tale studio è emersa anche una nota negativa: nei topi privati dell'olfatto i livelli di noradrenalina risultavano essere sensibilmente alti a causa dello stress, fino a raggiungere una concentrazione tale che in un essere umano potrebbe causare un attacco cardiaco; motivo per il quale bisognerà effettuare ulteriori studi prima di arrivare, infine, ai test sugli uomini.
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