In questi giorni un gruppo internazionale di antropologi hanno scoperto che i resti del cranio di un antico primate sono risultati essere quelli di un antenato comune dell'uomo e delle scimmie antropomorfe che ancora popolano la Terra. In pratica ribattezzato Alesi, (il suo nome scientifico è Nyanzapithecus Alesi), risale a circa 13 milioni di anni fa, (ovvero nel Miocene, un periodo in cui le specie degli ominidi non si erano ancora differenziate per dare origine al genere homo), ed si tratta del più antico e meglio conservato fossile di una scimmia antropomorfa mai ritrovato finora: secondo gli scienziati assomigliava ad un gibbone ma senza le sue ben note capacità acrobatiche. In pratica, sepolto dalle ceneri di un vulcano ad ovest del Lago Turkana, (come in una sorta di Pompei preistorica; un evento fortunato, per gli scienziati in quanto i fossili di questo tipo sono molto rari e ben poco si sa dell'evoluzione dell'epoca), a riportarlo alla luce nel 2014 era stato John Ekusi, un cacciatore di fossili keniano del Turkana Basin Institute. Tuttavia, come già anticipato, soltanto un recente studio pubblicato sulla rivista Nature e condotto da un team internazionale di antropologi coordinato da Isaiah Nengo, della Stony Brook University, e da Fred Spoor, dell'University College London, ha permesso di aggiungere un nuovo tassello alla storia dell'evoluzione dei primati. In sostanza, grazie ad alcune immagini a raggi X e 3D ottenute presso l'European Synchrotron Radiation Facility e che hanno evidenziato le linee di accrescimento in alcuni denti da adulto che dovevano ancora spuntare, i ricercatori hanno stabilito che Alesi quando è morto era ancora un cucciolo, (anche se non è stato possibile scoprire se si trattasse di un esemplare maschio o femmina), di appena un anno e quattro mesi e che, se fosse diventato adulto avrebbe raggiunto un peso di circa 11 chili. Tra l'altro sono stati proprio i denti ad indicare agli studiosi che si trovavano di fronte a una specie non ancora classificata; difatti al riguardo nel loro studio hanno scritto: «Appartiene al genere dei Nyanzapithecus, (un gruppo molto vicino agli ominoidi), ma i suoi molari erano molto più larghi, il che fa supporre che si trattasse di una specie più grande delle altre». Per di più solamente dal suo piccolo teschio, delle dimensioni di un pugno, (il suo cervello era grosso più o meno come un limone), gli scienziati hanno saputo ricavare molti indizi, a cominciare dalla sue scarse doti di acrobata: l'organo dell'equilibrio nell'orecchio interno, infatti, ha mostrato una forma associata a movimenti lenti e prudenti piuttosto che ai rapidi volteggi da un ramo all'altro che si possono ammirare, appunto, nei gibboni. In tal proposito nello studio in questione si può leggere: «I gibboni sono noti per i loro movimenti acrobatici sugli alberi, ma le orecchie interne mostrano che Alesi non avrebbe potuto avere la stessa abilità». Mentre lo stesso Isaiah Nengo ha affermato: "La scoperta di Alesi dimostra che questo gruppo era vicino alle origini delle attuali scimmie antropomorfe e degli umani, e che questa origine era africana". Comunque sia Giorgio Manzi, antropologo e paleoantropologo dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ha, infine, commentato tale ricerca affermando: "La scoperta aggiunge un tassello alla storia dell'evoluzione umana e contribuisce a chiarirne le origini che ha in comune con le scimmie antropomorfe africane, di cui fanno parte scimpanzé e gorilla. Alcuni studi collocavano l'antenato comune a Nord del Mediterraneo, ma questa scoperta ha messo le cose a posto".
Di seguito alcune immagini:
...le immagine 3D del piccolo cranio:
...ed un video che riassume il tutto:
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