Come noto, quando una sostanza che non dovrebbe esercitare un particolare beneficio sull'organismo risulta essere efficace come un farmaco, si ha a che fare con il cosiddetto "effetto placebo". Tuttavia finora nessuno è mai riuscito a scoprire con precisione come il tutto sia possibile; o almeno così è stato finora in quanto un recente studio condotto da alcuni ricercatori della Northwestern University e pubblicato sulla rivista PLOS Biology è andato ad aggiungere una tessera importante al mosaico delle informazioni attualmente disponibili sull'argomento: l'effetto placebo influenza l'attività di una specifica regione del cervello localizzata all'interno del cosiddetto "giro frontale medio". In pratica per arrivare a tale conclusione gli scienziati hanno combinato alcuni studi clinici su pazienti con dolore cronico associato ad artrosi del ginocchio con delle analisi di risonanza magnetica funzionale: le informazioni raccolte hanno permesso di scoprire che l'effetto placebo può avere un forte effetto analgesico in oltre il 50% dei pazienti, di identificare la regione cerebrale responsabile di questo effetto e di confermare il suo coinvolgimento nel fenomeno. Ad ogni modo in passato gli studi sull'effetto in questione avevano coinvolto principalmente partecipanti sani ed in condizioni sperimentali controllate: i risultati ottenuti non potevano quindi essere immediatamente trasferiti nella pratica clinica. Al riguardo A. Vania Apkarian, responsabile del nuovo studio, ha spiegato: "Il nostro approccio potrebbe cambiare la situazione in quanto permetterà di vedere quale parte del cervello è attivata durante il dolore provato da un singolo individuo e scegliere il farmaco specifico per bersagliare questo punto". Se così dovesse essere, si potrebbe ridurre sia l'uso di terapie inefficaci che quello di oppioidi; tra 'altro anche la durata e l'intensità delle sofferenze provate da chi convive con il dolore potrebbero diminuire significativamente. In tal proposito Marwan Baliki, altro responsabile della ricerca, ha, infine, concluso sottolineando: "Dato l'enorme pedaggio che la società deve pagare per il dolore cronico, essere in grado di predire chi risponderà al placebo in una popolazione affetta da dolore cronico potrebbe aiutare sia a mettere a punto una medicina personalizzata che ad aumentare il successo degli studi clinici".
Come noto, quando una sostanza che non dovrebbe esercitare un particolare beneficio sull'organismo risulta essere efficace come un farmaco, si ha a che fare con il cosiddetto "effetto placebo". Tuttavia finora nessuno è mai riuscito a scoprire con precisione come il tutto sia possibile; o almeno così è stato finora in quanto un recente studio condotto da alcuni ricercatori della Northwestern University e pubblicato sulla rivista PLOS Biology è andato ad aggiungere una tessera importante al mosaico delle informazioni attualmente disponibili sull'argomento: l'effetto placebo influenza l'attività di una specifica regione del cervello localizzata all'interno del cosiddetto "giro frontale medio". In pratica per arrivare a tale conclusione gli scienziati hanno combinato alcuni studi clinici su pazienti con dolore cronico associato ad artrosi del ginocchio con delle analisi di risonanza magnetica funzionale: le informazioni raccolte hanno permesso di scoprire che l'effetto placebo può avere un forte effetto analgesico in oltre il 50% dei pazienti, di identificare la regione cerebrale responsabile di questo effetto e di confermare il suo coinvolgimento nel fenomeno. Ad ogni modo in passato gli studi sull'effetto in questione avevano coinvolto principalmente partecipanti sani ed in condizioni sperimentali controllate: i risultati ottenuti non potevano quindi essere immediatamente trasferiti nella pratica clinica. Al riguardo A. Vania Apkarian, responsabile del nuovo studio, ha spiegato: "Il nostro approccio potrebbe cambiare la situazione in quanto permetterà di vedere quale parte del cervello è attivata durante il dolore provato da un singolo individuo e scegliere il farmaco specifico per bersagliare questo punto". Se così dovesse essere, si potrebbe ridurre sia l'uso di terapie inefficaci che quello di oppioidi; tra 'altro anche la durata e l'intensità delle sofferenze provate da chi convive con il dolore potrebbero diminuire significativamente. In tal proposito Marwan Baliki, altro responsabile della ricerca, ha, infine, concluso sottolineando: "Dato l'enorme pedaggio che la società deve pagare per il dolore cronico, essere in grado di predire chi risponderà al placebo in una popolazione affetta da dolore cronico potrebbe aiutare sia a mettere a punto una medicina personalizzata che ad aumentare il successo degli studi clinici".
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