A quanto pare alla base dell'ippocampo sono presenti le cosiddette "cellule dell'ansia": si tratta di neuroni che si attivano quando si viene esposti a stimoli esterni in grado di scatenare comportamenti ansiogeni, (come, ad esempio, una passeggiata lungo una strada buia ed isolata), che, se trattati con appositi farmaci, potrebbero aiutare a "spegnere" definitivamente i vari sintomi legati a questa condizione così diffusa; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere alcuni ricercatori del Columbia University Herbert and Florence Irving Medical Center e dell'Università della California, San Francisco tramite uno studio pubblicato di recente sulla rivista Neuron. In pratica per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno impiantato nel cervello di alcuni topi dei microscopi in miniatura, in grado di evidenziare il comportamento delle cellule cerebrali quando sottoposte a determinati stimoli ed hanno hanno registrato l'attività di centinaia di cellule nella regione dell'ippocampo mentre gli animali si trovavano in situazioni ansiogene per loro, (come, per esempio, il rischio di essere predato, i luoghi aperti senza protezione per questi animali e l'essere posti su una piattaforma elevata dalla quale non si può scendere). Così facendo i ricercatori hanno, appunto, osservato l'attivazione di queste cellule alla base dell'ippocampo: maggiore era il pericolo sperimentato, superiore era il grado di attivazione delle cellule. Inoltre è emerso che a differenza di altri neuroni con ruoli analoghi rilevati in altri studi, queste "cellule dell'ansia" si attivano indipendentemente dal tipo di ambiente che provoca l'emozione; il che significa che sono come una sorta di "centralina" alla base della gestione dell'ansia. Tra l'altro è stato rilevato che queste cellule comunicano direttamente con l'ipotalamo: una parte del cervello già nota per controllare sia i comportamenti associati all'ansia, (come la fuga), sia le reazioni fisiologiche ad essa connesse, (come l'aumento della frequenza cardiaca e la secrezione di ormoni dello stress). Ma non è tutto: a conferma del fatto che le stesse cellule controllano i comportamenti ansiosi, gli scienziati hanno modificato geneticamente alcuni topi con tecniche di optogenetica, che permettono di accendere o spegnere i neuroni a comando con un semplice impulso luminoso. In questo modo hanno potuto verificare che quando le cellule venivano "silenziate", i topi smettevano di avere comportamenti ansiosi, dimostrando di non aver paura di cadere nel vuoto; viceversa, stimolando le "cellule dell'ansia", i topi mostravano di aver paura anche in contesti abbastanza sicuri. Ad ogni modo questo studio risulta essere al quanto importante perché queste cellule sono un "bersaglio" sconosciuto per la medicina; il che significa che, come già anticipato, potrebbero essere prodotti medicinali ad hoc in grado di gestire con maggior efficacia i sintomi legati all'ansia, (tra cui, ad esempio, gli attacchi di panico). Difatti nonostante per il momento la ricerca sia stata effettuata su modello murino, gli scienziati si sono detti fiduciosi del fatto che una struttura del tutto analoga possa esistere anche nel cervello degli esseri umani; il che potrebbe, appunto, aprire una nuova prospettiva di cura per molte persone affette da forti attacchi d'ansia. Al riguardo Mazen Kheirbek, uno dei principali autori della ricerca in questione, ha spiegato: "Si tratta di un risultato eccitante, perché abbiamo scoperto una via neuronale rapida e diretta che porta gli animali a rispondere ai luoghi che provocano ansia, senza la necessità di coinvolgere regioni del cervello di ordine superiore". Mentre Rene Hen, autore senior dello studio, ha, infine, spiegato: "Stiamo cercando di capire se questi neuroni sono diversi dagli altri a livello molecolare. Se fossero dotate di un recettore specifico, per esempio, si potrebbe studiare un farmaco diretto a questo recettore, riducendo lo stato d'ansia del soggetto".
A quanto pare alla base dell'ippocampo sono presenti le cosiddette "cellule dell'ansia": si tratta di neuroni che si attivano quando si viene esposti a stimoli esterni in grado di scatenare comportamenti ansiogeni, (come, ad esempio, una passeggiata lungo una strada buia ed isolata), che, se trattati con appositi farmaci, potrebbero aiutare a "spegnere" definitivamente i vari sintomi legati a questa condizione così diffusa; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere alcuni ricercatori del Columbia University Herbert and Florence Irving Medical Center e dell'Università della California, San Francisco tramite uno studio pubblicato di recente sulla rivista Neuron. In pratica per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno impiantato nel cervello di alcuni topi dei microscopi in miniatura, in grado di evidenziare il comportamento delle cellule cerebrali quando sottoposte a determinati stimoli ed hanno hanno registrato l'attività di centinaia di cellule nella regione dell'ippocampo mentre gli animali si trovavano in situazioni ansiogene per loro, (come, per esempio, il rischio di essere predato, i luoghi aperti senza protezione per questi animali e l'essere posti su una piattaforma elevata dalla quale non si può scendere). Così facendo i ricercatori hanno, appunto, osservato l'attivazione di queste cellule alla base dell'ippocampo: maggiore era il pericolo sperimentato, superiore era il grado di attivazione delle cellule. Inoltre è emerso che a differenza di altri neuroni con ruoli analoghi rilevati in altri studi, queste "cellule dell'ansia" si attivano indipendentemente dal tipo di ambiente che provoca l'emozione; il che significa che sono come una sorta di "centralina" alla base della gestione dell'ansia. Tra l'altro è stato rilevato che queste cellule comunicano direttamente con l'ipotalamo: una parte del cervello già nota per controllare sia i comportamenti associati all'ansia, (come la fuga), sia le reazioni fisiologiche ad essa connesse, (come l'aumento della frequenza cardiaca e la secrezione di ormoni dello stress). Ma non è tutto: a conferma del fatto che le stesse cellule controllano i comportamenti ansiosi, gli scienziati hanno modificato geneticamente alcuni topi con tecniche di optogenetica, che permettono di accendere o spegnere i neuroni a comando con un semplice impulso luminoso. In questo modo hanno potuto verificare che quando le cellule venivano "silenziate", i topi smettevano di avere comportamenti ansiosi, dimostrando di non aver paura di cadere nel vuoto; viceversa, stimolando le "cellule dell'ansia", i topi mostravano di aver paura anche in contesti abbastanza sicuri. Ad ogni modo questo studio risulta essere al quanto importante perché queste cellule sono un "bersaglio" sconosciuto per la medicina; il che significa che, come già anticipato, potrebbero essere prodotti medicinali ad hoc in grado di gestire con maggior efficacia i sintomi legati all'ansia, (tra cui, ad esempio, gli attacchi di panico). Difatti nonostante per il momento la ricerca sia stata effettuata su modello murino, gli scienziati si sono detti fiduciosi del fatto che una struttura del tutto analoga possa esistere anche nel cervello degli esseri umani; il che potrebbe, appunto, aprire una nuova prospettiva di cura per molte persone affette da forti attacchi d'ansia. Al riguardo Mazen Kheirbek, uno dei principali autori della ricerca in questione, ha spiegato: "Si tratta di un risultato eccitante, perché abbiamo scoperto una via neuronale rapida e diretta che porta gli animali a rispondere ai luoghi che provocano ansia, senza la necessità di coinvolgere regioni del cervello di ordine superiore". Mentre Rene Hen, autore senior dello studio, ha, infine, spiegato: "Stiamo cercando di capire se questi neuroni sono diversi dagli altri a livello molecolare. Se fossero dotate di un recettore specifico, per esempio, si potrebbe studiare un farmaco diretto a questo recettore, riducendo lo stato d'ansia del soggetto".
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