Osservato il "Big Bang" dell'Alzheimer.


Di recente alcuni ricercatori dell'University of Texas Southwestern Medical Center, dell'Università del Delaware e della Washington University in St. Louis, guidati da Mark Diamond, hanno fatto sapere tramite uno studio pubblicato sulla rivista eLife di aver osservato il "Big Bang"dell'Alzheimer. In pratica si tratta del momento preciso in cui la famosa proteina Tau comincia a mutare, diventando pericolosa, ma non ha ancora iniziato a congiungersi con altre proteine Tau nel processo che determina la formazione all'interno del cervello di quei grovigli nocivi tipici della malattia in questione, (scientificamente noti come ammassi neurofibrillari o ANF). Insomma, se confermata, questa scoperta, secondo quanto hanno spiegato gli stessi autori della ricerca, andrebbe a contraddire la precedente convinzione che da sole le proteine Tau non siano dannose, e che lo diventino solo dopo aver iniziato a riunirsi con le altre per formare, appunto, gli ANF. Ad ogni modo durante il loro esperimento gli scienziati hanno osservato il comportamento di queste proteine dopo averle estratte dal cervello umano ed averle tenute isolate ed hanno scoperto che la versione dannosa della proteina Tau espone verso l'esterno una parte che normalmente è ripiegata verso l'interno: si tratta di un'area che la spinge ad aderire alle altre proteine Tau, consentendo, come già anticipato, la formazione dei suddetti grovigli che uccidono i neuroni. Al riguardo lo stesso Mark Diamond ha spiegato: "Questo cambia significativamente il modo in cui pensiamo al problema. Pensiamo a questo momento come al "Big Bang" della patologia. Questo è un modo per osservare l'inizio del processo patologico poiché ci porta indietro fino ad un punto riservato in cui è possibile vedere l'apparizione del primo cambiamento molecolare che determina la neurodegenerazione nell'Alzheimer. Forse questa è la più grande scoperta che abbiamo compiuto fino ad oggi, anche se probabilmente ci vorrà un po' di tempo prima di applicarne i benefici nella clinica". Difatti, sempre secondo gli studiosi, questa scoperta potrebbe offrire una nuova strategia per individuare la malattia nella sua fase iniziale, prima che i sintomi della perdita della memoria e del declino cognitivo diventino evidenti. Motivo per il quale intendono lavorare alla realizzazione di un test clinico che analizzi il sangue o il liquido spinale del paziente, in modo da rilevare i primi segni biologici delle anomalie delle proteine Tau. Tra l'altro gli stessi ricercatori hanno, infine, affermato che i risultati del loro studio potrebbero favorire lo sviluppo di trattamenti capaci di stabilizzare le proteine Tau prima che cambino forma e comincino ad aderire alle altre, in modo da impedire la progressione del Morbo di Alzheimer.

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