Scoperto che l'ansia potrebbe essere ereditaria.


A quanto pare gli attacchi d'ansia, (soprattutto in età precoce), sono collegati ad un'attività intensa delle regioni centrali dell'amigdala e potrebbero avere un'origine ereditaria; o almeno questo è quanto hanno scoperto alcuni ricercatori dell'Università del Wisconsin, dell'Università della California, Davis e dell'Università del Maryland durante un loro studio pubblicato qualche settimana fa sulla rivista Journal of Neuroscience. In pratica per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno condotto alcune analisi sul comportamento di una popolazione di 378 giovani macachi rhesus per un arco di tempo che è andato dal 2007 al 2011, identificando, appunto, le regioni del cervello coinvolte nell'ansia e dimostrando che le differenze osservabili nell'attività di queste aree sono ereditarie e quindi possono trasmettersi dai genitori ai figli. Entrando un po' più nei particolari, durante la suddetta ricerca gli studiosi hanno documentato la reazione di queste giovani scimmie quando incontrano un intruso ed hanno osservato che le più ansiose tendevano a restare immobili e ad emettere meno versi. Inoltre grazie all'utilizzo della risonanza magnetica è stato possibile vedere come nelle scimmie con livelli di ansia più elevati risultava essere presente anche una maggiore attività in due precise aree del cervello: il nucleo centrale dell'amigdala ed il nucleo del letto dello stria terminale. Tra l'altro, come già anticipato, dai risultati è emerso anche che l'attività intensa e comune tra queste regioni dell'amigdala è ereditaria e dà conto di alcune varianti del temperamento ansioso e del metabolismo dell'ipotalamo e della sostanza grigia periacqueduttale: entrambe regioni coinvolte nella regolazione dell'attività endocrina, nella modulazione del dolore, nelle reazioni di difesa e nello stato di coscienza. Comunque sia adesso la speranza dei ricercatori sarebbe quella di poter definire nuovi e più efficaci trattamenti, dal momento che le attuali cure intervengono sui sintomi e non sul meccanismo che scatena i disturbi. Difatti al riguardo gli stessi autori dello studio in questione hanno, infine, fatto sapere: "Capire come le estese regioni centrali dell'amigdala lavorino insieme nel determinare stati di ansia estrema potrebbe offrire un nuovo target neurale per intervenire in età precoce con l'obiettivo di prevenire il rischio di maggiori problemi in futuro".

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