A quanto pare i futuri pannelli solari potrebbero trarre ispirazione dalla famosa Piramide di Cheope, in quanto, (al di là dei svariati miti e leggende), questa piramide, (nota anche come Grande Piramide di Giza o Piramide di Khufu), sarebbe in grado di concentrare l'energia elettromagnetica, (e precisamente le onde radio), sia nelle camere al suo interno sia nella base: si potrebbero quindi progettare nanoparticelle ispirate alla struttura di questo edificio che siano in grado di riprodurre un effetto analogo nel campo dell'ottica, da utilizzare, appunto, per ottenere celle solari più efficienti. O almeno questo è quanto hanno spiegato di recente alcuni fisici della ITMO University e del Laser Zentrum Hannover in uno studio pubblicato qualche mese fa sul Journal of Applied Physics. In pratica per arrivare a tali conclusioni i ricercatori, guidati da Andrey Evlyukhin, hanno condotto alcune analisi perché interessati alla struttura della più antica e meglio conservata fra le 7 meraviglie del mondo, (definita più volte come "di origine aliena"), dal punto di vista fisico ed in particolare hanno voluto vedere come le onde radio si distribuiscono nella sua complessa anatomia. Tuttavia hanno ipotizzato che all'interno della Grande Piramide non ci siano cavità sconosciute e che il materiale calcareo da costruzione sia uniformemente distribuito: sulla base di queste ipotesi hanno poi messo a punto dei modelli di ricostruzione matematica, hanno, appunto, simulato la reazione della struttura alle onde elettromagnetiche di lunghezza proporzionale, (compresa tra 200 e 600 metri), ed hanno raccolto il tutto in un'analisi multipolare, (metodo utilizzato proprio per studiare l'interazione tra un oggetto complesso ed un campo elettromagnetico). Così facendo gli scienziati hanno scoperto che, come già anticipato, questa piramide può concentrare l'energia elettromagnetica nelle sue camere interne e sotto la base, un po' come una sorta di parabola. Al riguardo Tullio Scopigno, fisico dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ha commentato: "Questo avviene perché la lunghezza delle onde radio, compresa 200 e 600 metri, è in un certo rapporto rispetto alle dimensioni della piramide. Ciò significa che per avere lo stesso effetto con altri tipi di radiazioni che hanno lunghezze d'onda diverse, (come, ad esempio, la luce), sono necessarie strutture di dimensioni diverse, e precisamente occorrono dispositivi in miniatura". Motivo per il quale, come già anticipato, gli studiosi prevedono di progettare nanoparticelle, (ossia delle dimensioni di qualche milionesimo di millimetro), a forma di piramide, in grado di riprodurre effetti simili nel campo ottico, da impiegare proprio nelle celle solari. A tal proposito lo stesso Andrey Evlyukhin ha spiegato: "Le piramidi egiziane hanno sempre attirato grande attenzione. Anche noi, come scienziati, eravamo interessati a loro, così abbiamo deciso di considerare la Grande Piramide come una particella che dissipa le onde radio in modo risonante. A causa della mancanza di informazioni sulle proprietà fisiche della piramide, abbiamo dovuto utilizzare alcune ipotesi. Ad esempio, abbiamo assunto che non ci siano cavità sconosciute all'interno e che il materiale da costruzione con le proprietà di un calcare ordinario sia uniformemente distribuito dentro e fuori la piramide. Con queste ipotesi fatte, abbiamo ottenuto risultati interessanti che possono trovare importanti applicazioni pratiche". Mentre Polina Kapitanova, coautrice della ricerca in questione ha aggiunto: "Scegliendo un materiale con proprietà elettromagnetiche adeguate, possiamo ottenere nanoparticelle piramidali per l'applicazione pratica in nanosensori e cellule solari efficaci". Comunque sia Tullio Scopigno ha, infine, concluso precisando: "L'applicazione prospettata dai ricercatori è interessante, ma questo studio va preso con cautela, in quanto si basa su modelli matematici non ancora supportati da evidenze sperimentali".
Di seguito alcune immagini dell'analisi:
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