Scoperto che la sconfitta di Napoleone a Waterloo fu causata in parte anche dall'eruzione del vulcano Tambora.


Come viene spiegato nei libri di Storia, tra il 16 ed il 18 Giugno 1815, (alla fine dei cosiddetti "Cento Giorni"), ebbe luogo la famosa Battaglia di Waterloo, che vide la sconfitta definitiva di Napoleone Bonaparte e delle truppe francesi per mano della Settima coalizione, a seguito della quale venne esiliato nell'Isola di Sant'Elena per poi morire il 5 Maggio 1821. Tuttavia sembra proprio che a causare la disfatta dell'imperatore francese sia stata in parte anche la violenta eruzione del vulcano Tambora avvenuta nell'Aprile del 1815 nella lontana isola indonesiana di Sumbawa, che, come riportano le cronache, uccise tra 60.000 e 100.000 persone. Certo, detta così la cosa potrebbe non avere molto senso, ma se si considera che quell'eruzione seguì a quella di altri vulcani, (rispettivamente a quella nelle Filippine del 1811 ed a quella nei Caraibi del 1812), le cose cambiano: l'insieme delle ceneri lanciate nell'atmosfera durante quest'arco di tempo, infatti, causarono un drammatico cambiamento climatico, che gettò molte regioni della Terra in una serie di "anni senza estate", freddi e piovosi, (il 1815 ed 1816 furono due degli anni peggiori), e che contribuì, appunto, alla sconfitta di Napoleone e delle sue truppe nel corso della suddetta battaglia. In pratica per farla breve, nonostante l'imperatore francese fosse un formidabile stratega ed all'inizio del combattimento sembrò avere la meglio, nella notte tra il 17 ed il 18 Giugno, (ossia quella precedente allo scontro che si rivelò poi definitivo), si scatenarono fortissimi temporali, (a quanto pare per via del suddetto mutamento climatico), che trasformarono il terreno in un acquitrino ed in una trappola per l'artiglieria e la cavalleria di Napoleone, favorendone la sconfitta. O almeno questo è quanto ha fatto sapere di recente da Matthew Genge, dell'Imperial College London, durante un suo studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Geology, nel quale ha spiegato come la cenere vulcanica caricata elettricamente e proveniente dalle suddette eruzioni può aver creato una sorta di "cortocircuito" nella ionosfera, (vale a dire il livello superiore dell'atmosfera che è responsabile della formazione di nubi), ed aver avuto su di essa un'influenza tale da modificare profondamente anche la piovosità su vaste aree del pianeta. In sostanza nel corso di questa ricerca lo scienziato inglese ha osservato come in generale un'eruzione particolarmente violenta, (come, ed esempio, quella del Tambora), può lanciare cenere nell'atmosfera fino a 100 km di altezza: molto più in alto di quanto si pensava finora, (30-40 km). Al riguardo lo stesso Matthew Genge ha spiegato: "In precedenza, i geologi pensavano che la cenere vulcanica restasse intrappolata nella bassa atmosfera, perché i pennacchi vulcanici salgono in modo vivace. La mia ricerca, tuttavia, dimostra che le ceneri possono essere sparate nello strato superiore dell'atmosfera da forze elettriche". Inoltre durante i suoi esperimenti lo studioso ha creato un modello per calcolare quanto lontano potrebbero levitare le ceneri vulcaniche caricate elettricamente, ed ha scoperto che particelle con un diametro inferiore a 0,2 milionesimi di un metro possono raggiungere la ionosfera durante le grandi eruzioni. A tal proposito il ricercatore ha proseguito dichiarando: "Sia i pennacchi vulcanici che le ceneri possono avere cariche elettriche negative: in questo caso il pennacchio respinge la cenere, spingendola in alto nell'atmosfera. L'effetto funziona in modo molto simile a quello in cui due magneti vengono allontanati l'uno dall'altro, se i loro poli corrispondono". Ad ogni modo i risultati sperimentali si sono dimostrati essere coerenti con le documentazioni storiche: le registrazioni meteorologiche riguardanti il 1815 sono rare e mal raccolte, quindi per testare la sua teoria lo scienziato ha esaminato le registrazioni meteorologiche concernenti al periodo dell'eruzione del Krakatau, un altro vulcano indonesiano, avvenuta nel 1883. Così facendo ha potuto constatare che all'epoca vi erano state temperature medie più basse e precipitazioni ridotte quasi immediatamente dopo l'inizio dell'eruzione; mentre le precipitazioni globali risultavano essere più basse durante l'eruzione sia rispetto al periodo precedente che a quello successivo. Per di più Matthew Genge ha anche osservato rapporti di disturbo della ionosfera che potrebbero essere stati causati dalla cenere caricata elettricamente sparata nell'atmosfera durante l'eruzione del Monte Pinatubo, (nelle Filippine), avvenuta nel 1991. Ma non è tutto poiché dopo l'eruzione del Krakatau è stata registrata la comparsa sempre più frequente del solito di uno speciale tipo di nuvole: le cosiddette "nubi nottilucenti", le quali, secondo lo studioso inglese, potrebbero fornire prove per la levitazione elettrostatica delle ceneri provenienti da grandi eruzioni vulcaniche. Comunque sia in merito alla sua scoperta lo stesso Matthew Genge ha, infine, concluso affermando: "Victor Hugo nel romanzo Les Misérables ha detto della Battaglia di Waterloo: «un cielo insolitamente annebbiato è bastato a provocare il collasso di un Mondo». Ora siamo un passo avanti nel comprendere il ruolo del Tambora nella Battaglia avvenuta dall'altra parte del pianeta".

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