Dimostrato che gli occhi hanno una "visone notturna naturale".


Sembra proprio che per permettere di vedere di notte la retina sia in grado di cambiare sia "il software" che "l'hardware" delle proprie cellule sensibili alla luce per creare una sorta di "visione notturna naturale": ciò significa che i circuiti della retina, che finora si pensava fossero immutabili e programmati esclusivamente per compiti specifici, sono in realtà adattabili a diverse condizioni di luce. O almeno questo è quanto hanno dimostrato di recente alcuni ricercatori della Duke University nel corso di un loro studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Neuron, il quale ha permesso di identificare, appunto, il modo in cui la retina si riprogramma per via di una scarsa luminosità. In pratica gli scienziati hanno osservato come la suddetta riprogrammazione avviene principalmente nelle cellule retiniche sensibili al movimento: anche nella migliore illuminazione, infatti, identificare la presenza e la direzione di un oggetto in movimento è la chiave per sopravvivere per la maggior parte degli animali, tuttavia rilevare il movimento con un singolo punto di riferimento non funziona molto bene; motivo per il quale le retine dei vertebrati, (uomo compreso), possiedono 4 tipi di cellule sensibili al movimento, ognuna specificatamente sensibile ad una direzione, (su, giù, destra o sinistra). Al riguardo Greg Field, autore senior della ricerca, ha spiegato: "Per vedere sotto la luce delle stelle, la biologia ha dovuto raggiungere il limite di vedere una particella elementare dell'Universo: un singolo fotone. È straordinario quanto pochi fotoni ci siano di notte". Ed ha poi proseguito aggiungendo: "Per compiti complessi, il cervello utilizza grandi popolazioni di neuroni, perché c'è un limite a ciò che un singolo neurone può raggiungere. Quando un oggetto si muove esattamente in una delle quattro direzioni principali, quella popolazione di neuroni si attiverà in modo forte. Ma se il movimento è, ad esempio, a metà strada tra l'alto e la sinistra, entrambe le popolazioni di cellule si accenderanno, ma in modo non altrettanto forte. Il cervello interpreta quel tipo di segnale come un movimento che va sia verso l'alto che verso a sinistra". Ad ogni modo per arrivare alle suddette conclusioni gli studiosi, (guidati dalla studentessa Xiaoyang Yao), hanno condotto alcuni esperimenti proprio sulle retine di alcuni topi e grazie all'utilizzo di un microscopio dotato di oculari per la visione notturna e di una stanza molto buia hanno scoperto che le cellule retiniche sensibili al movimento ascendente cambiavano il loro comportamento in condizioni di scarsa illuminazione: i neuroni sensibili ai movimenti verso l'alto risultavano accendersi non appena rilevano qualsiasi tipo di movimento, e non solo quelli verso l'alto. Entrando un po' più nei dettagli un piccolo campione di retina di topo è stato posto su un array di elettrodi in grado di misurare l'attivazione individuale di centinaia di neuroni contemporaneamente. A tal proposito lo stesso Greg Field ha continuato affermando: "Nell'uomo questi neuroni direzionali rappresentano circa il 4% delle cellule che inviano segnali dalla retina al cervello. Nei roditori, è più simile al 20-30% perché il rilevamento del movimento è di vitale importanza per un animale che gli altri animali amano davvero mangiare. Molti animali scelgono di foraggiare di notte, presumibilmente perché è più difficile per i predatori vederli. Ma naturalmente, la natura è una corsa agli armamenti: gufi e gatti hanno sviluppato occhi altamente specializzati per vedere di notte. Le prede hanno dovuto alterato ciò che possedevano per sopravvivere. L'intuizione di Xiaoyang è stata quella di andare a vedere cosa fanno queste cellule sia di giorno che notte. Ha notato una differenza e si è chiesto il perché". Tuttavia per motivi non ancora ben chiari sono solo le celle predisposte ai movimenti verso l'alto che diventano generalisti del movimento in condizioni di scarsa illuminazione: secondo i ricercatori, il motivo di ciò potrebbe stare nel fatto che questa direzione è quella più importante per un animale per individuare un predatore mentre si avvicina; anche se per adesso non ci sono dati sufficienti per stabilirlo con assoluta certezza. Insomma, l'unica cosa sicura è che in condizioni di scarsa illuminazione gli occhi ed il cervello sono in grado di alterare il loro calcolo del movimento; difatti al riguardo lo stesso Greg Field ha proseguito affermando: "Abbiamo appreso che vaste popolazioni di neuroni della retina possono adattare la loro funzione per compensare le diverse condizioni". Mentre Jeffrey Diamond, ricercatore del National Institute of Neurological Disorders and Stroke e non coinvolto nello studio in questione, ha commentato: "La retina è composta da molti circuiti che lavorano in parallelo. Stiamo imparando che questi circuiti fanno cose diverse in momenti diversi della giornata. Ora che Field ha trovato questo adattamento alla luce scarsa, guidato da cambiamenti sia nei circuiti che nei segnali chimici tra le cellule, sorge spontaneo chiedersi quanti altri adattamenti saranno trovati. Ci sono 50 tipi di cellule amacrine, (i cosiddetti "armadi della droga" della retina), e molti di loro probabilmente rilasciano più neurotrasmettitori che possono influenzare il circuito retinico. Sappiamo qualcosa solo sul 20% di quelle celle". Comunque sia in merito ad eventuali altri studi Greg Field ha, infine, concluso spiegando: "La perdita della percezione del movimento è una lamentela comune nei pazienti umani con grave perdita della vista. Questa scoperta sull'adattabilità dei neuroni retinici in futuro potrebbe aiutare la progettazione di protesi retiniche impiantabili".

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