Individuato un possibile legame tra la sonnolenza diurna ed un rischio maggiore di sviluppare l'Alzheimer.


Sembra proprio che avvertire sonnolenza diurna potrebbe essere associato ad un rischio più alto di ammalarsi di Alzheimer: chi di giorno si sente assonnato, infatti, nel corso degli anni risulta avere una probabilità tripla di sviluppare nel proprio cervello depositi di proteine tossiche, (in particolare la beta-amiloide), che a loro volta andranno a formare le placche amiloidi, (o senili), tipiche della patologia in questione. O almeno questo è quanto ha fatto sapere di recente un gruppo di ricercatori del National Institute on Aging, (in collaborazione con la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health ed la Johns Hopkins University School of Medicine), tramite uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Sleep. In pratica per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno effettuato un'indagine epidemiologica su migliaia di volontari seguiti per parecchi anni nel corso del Baltimore Longitudinal Study of Aging Neuroimaging Study, (noto anche con la sigla BLSA-NI), iniziato nel lontano 1958. Ad ogni modo inizialmente, tra il 1991 ed il 2000, ai partecipanti è stato chiesto di compilare dei questionari riguardanti la qualità del sonno e la sonnolenza diurna, (comprese informazioni sull'abitudine di fare un riposino durante il giorno). Successivamente, a partire dal 2005, una parte di questo gruppo di volontari è stata sottoposta ad una serie di esami di imaging, (come ad esempio, la PET), per visualizzare l'eventuale presenza della proteina tossica beta-amiloide nel cervello. Così facendo gli studiosi hanno osservato che, prima di adattare i fattori demografici che potrebbero influenzare la sonnolenza diurna, (tra cui l'età, il sesso, l'istruzione e l'indice di massa corporea), chi nei questionari aveva dichiarato di soffrire di sonnolenza diurna aveva, come già anticipato, un rischio triplo di presentare depositi di beta-amiloide nel cervello; mentre, dopo aver preso in considerazione i suddetti fattori demografici, questo rischio risultava essere 2,75 volte superiore. Tuttavia per il momento restano da capire le dinamiche di questa connessione: secondo gli esperti, questo legame tra sonnolenza diurna e rischio di sviluppare il Morbo di Alzheimer potrebbe essere il risultato di due possibilità. Difatti la prima consiste nel fatto che gli accumuli di beta-amiloide possano favorire in qualche modo i disturbi del sonno e/o la sonnolenza diurna; invece, sulla base di alcune ricerche precedenti, una spiegazione più plausibile potrebbe essere che, al contrario, un sonno disturbato, (magari a causa dell'apnea ostruttiva del sonno), oppure un sonno insufficiente, (per via di altri fattori), possano portare ad un'eccessiva sonnolenza diurna e causare la formazione di placche amiloidi attraverso un meccanismo attualmente sconosciuto. Non a caso precedenti studi sugli animali hanno dimostrato che limitare il sonno notturno può portare ad un livello più alto di proteina beta-amiloide nel cervello e nel liquido spinale; mentre una manciata di studi effettuati sull'uomo ha collegato la mancanza di sonno ad una maggiore presenza di beta-amiloide nel tessuto neuronale. Comunque sia al riguardo Adam Spira, principale autore dello studio in questione, ha, infine, spiegato: "Fattori come la dieta, l'esercizio fisico e l'attività cognitiva sono stati ampiamente riconosciuti come importanti obiettivi potenziali per la prevenzione dell'Alzheimer, ma il sonno non è ancora salito a tale status; anche se ciò potrebbe presto cambiare. Se il sonno disturbato contribuisce alla Malattia di Alzheimer, potremmo essere in grado di trattare i pazienti con problemi di sonno per evitare questi esiti negativi. Non esiste ancora una cura per l'Alzheimer, quindi dobbiamo fare del nostro meglio per prevenirlo. Dare priorità al sonno può essere un modo per evitare o forse rallentare questa condizione".

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