Scoperto che assistere ad atti di bullismo a scuola è tanto dannoso quanto essere bullizzati.


A quanto pare assistere ad atti di violenza e bullismo, (soprattutto a scuola e ad un'età adolescenziale), può avere ha un impatto pari a quello che si riscontra nei soggetti bullizzati: gli studenti di 13 anni che loro malgrado sono spettatori di scene di questo tipo, infatti, hanno un rischio maggiore di andare incontro ad una compromissione psico-sociale e scolastica all'età di 15 anni. O almeno questo è quanto hanno fatto sapere di recente alcuni ricercatori dell'Università di Montréal, (in collaborazione con l'Istituto di ricerca delle scienze psicologiche dell'Université catholique de Louvain, il Ministero dell'Educazione Nazionale francese, quello dell'Istruzione superiore e della Ricerca e dell'Innovazione, e l'Université du Québec à Chicoutimi), tramite un loro studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Journal of Epidemiology and Community Health. In pratica per arrivare a tale conclusione gli scienziati hanno preso in esame una coorte di quasi 4.000 studenti di diverse scuole superiori del Québec ed hanno statisticamente testato la relazione tra l'assistere ad atti di violenza durante l'ottavo grado di scuola, (equivalente in Italia al terzo anno delle scuole medie), ed il conseguente comportamento antisociale, (uso di droghe, delinquenza ecc..), il disagio emotivo, (ansia sociale, sintomi depressivi ecc..), e l'adeguamento accademico, (rendimento scolastico, coinvolgimento ecc..), nel corso del decimo grado di scuola, (equivalente al secondo anno delle superiori). Inoltre, come già anticipato, gli studiosi hanno esaminato anche il contributo relativo delle diverse forme di testimonianza alla violenza nelle scuole e l'hanno poi confrontato con quello riguardante l'esperienza diretta della violenza nel lungo periodo. Al riguardo Michel Janosz, principale autore della ricerca, ha spiegato: "Studi precedenti sospettavano che gli adolescenti che assistono alla violenza potrebbero essere a rischio di sperimentare problemi psicologici post-traumatici, ma non hanno potuto escludere la possibilità che gli studenti che mostrano questi comportamenti non avessero problemi già da prima. La coorte del Québec è stata l'ideale perché avevamo informazioni psicologiche sugli studenti prima che assistessero ad atti di violenza e ciò ha fatto davvero una grande differenza, scientificamente parlando. C'erano meno interferenze da fattori che potevano confondere ed altre spiegazioni plausibili. Inoltre siamo stati in grado di seguire gli studenti per un paio di anni: un enorme vantaggio". Mentre Linda Pagani, co-autrice dello studio in questione, ha aggiunto: "C'erano diversi messaggi da portare a casa. In primo luogo, assistere alla violenza scolastica nel ottavo grado prevedeva un successivo deterioramento al decimo grado. In secondo luogo, gli effetti spettatori erano molto simili a quelli dell'essere vittime dirette di violenza". Ad ogni modo, come già spiegato, i ricercatori canadesi hanno esaminato diverse forme di violenza e così facendo hanno osservato che le testimonianze ad atti di violenza gravi, (aggressioni fisiche, il trasporto di armi ecc...), risultavano essere associate ad un successivo uso di droghe ed a comportamenti delinquenziali: lo stesso risultato è stato riscontrato per la cosiddetta violenza velata, (furto, vandalismo ecc...). Invece la testimonianza a violenza minore, (minacce, insulti ecc...), prevedeva aumenti nell'uso di droghe, negli stati di ansia sociale e nei sintomi depressivi, ed una diminuzione dell'impegno e della partecipazione scolastica. A tal proposito lo stesso Michel Janosz ha proseguito dichiarando: "La maggior parte degli studenti ha riferito di essere stato testimone di violenza. È chiaro che gli approcci alla prevenzione ed all'intervento dovrebbero includere sia testimoni che vittime e colpire tutte le forme di violenza scolastica. Naturalmente le relazioni familiari e di comunità che sostengano attivamente rappresentano risorse importanti per facilitare le strategie di coping dopo essere stati esposti ad eventi associati che causano danni psicologici o fisici. Questi impediscono anche la desensibilizzazione emotiva alla violenza, che contribuisce anche al comportamento aggressivo nei giovani". Ed ha, infine, concluso affermando: "Riteniamo che i programmi di intervento post-violenza trarrebbero beneficio da un approccio basato sulla popolazione che incoraggi e normalizzi la preoccupazione per gli altri e l'intolleranza alla mancanza di rispetto. Ancora più importante, le scuole dovrebbero cercare di potenziare gli studenti che non sono direttamente coinvolti in atti di violenza scolastica, piuttosto che dare loro messaggi per non rimanere coinvolti. Le scuole devono capire che il coinvolgimento scoraggiante degli studenti può essere interpretato dai giovani come promuovendo l'egocentrismo a spese del benessere della comunità. Nessuno dovrebbe sentirsi impotente".

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