Che la malattia di Alzheimer e l'infezione da Herpes simplex potessero essere in qualche modo essere collegate, è un'ipotesi che circola nella comunità scientifica da diverso tempo, ma adesso un nuovo studio condotto da Ruth Itzhaki, dell'Università di Oxford, (che indaga da ben 25 anni su questo legame non condiviso da tutti), pubblicato in questi giorni sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience e che ha preso in analisi alcune precedenti ricerche sul tema ha dato credito a questa teoria, aggiungendo, come ulteriore prova, una serie di dati raccolti sulla popolazione di Taiwan. In pratica, come già noto, l'Herpes simplex virus 1, (noto anche con la sigla HSV1 e responsabile dell'herpes labiale), sopravvive per tutta la vita nel sistema nervoso periferico dell'organismo infettato, per ripresentarsi in condizioni di particolare stress o debolezza: motivo per il quale nelle persone che ne hanno sofferto una volta, l'herpes ricompare con maggiore facilità. Tuttavia studi passati hanno dimostrato che l'HSV1 è largamente presente nel cervello degli anziani e risulta essere connesso, appunto, ad un rischio maggiore di sviluppare l'Alzheimer nel caso in cui infetta persone con una specifica variante genetica, (chiamata APOE-ε4). Tra l'altro ulteriori ricerche su colture cerebrali hanno provato che il virus causa una proliferazione incontrollata di proteine beta-amiloide e Tau, (i cui accumuli sono caratteristici della malattia in questione). Insomma, una possibile ipotesi è che il virus dell'Herpes simplex possa farsi strada nell'organismo anziano meno protetto dal sistema immunitario e che, una volta nel cervello, provochi uno stato di infiammazione virale accentuata, con conseguente danno neuronale ed accumulo di sottoprodotti tossici per le cellule nervose; il che a sua volta porterebbe allo sviluppo della suddetta patologia. Ad ogni modo, come già anticipato, tra le varie ricerche prese in esame ci sono state anche tre recenti studi che hanno osservato l'associazione tra infezioni virali e demenze nella popolazione di Taiwan: gli abitanti di questa regione sono una miniera di informazioni preziose per gli scienziati, per via del National Health Insurance Research Database, che comprende dati sul 99,9% della popolazione taiwanese. In sostanza si tratta di ricerche condotte tra il 2017 ed il 2018 che hanno suggerito come le varie forme di demenza siano frequenti in chi ha avuto infezioni da Herpes simplex, e che il trattamento con antivirali può ridurre le probabilità che i pazienti con herpes sviluppino la malattia di Alzheimer più avanti negli anni. Entrando un po' più nei dettagli questi studi hanno preso in esame oltre 8.000 pazienti con più di 50 anni e con una recente diagnosi di infezione da Herpes simplex, ed hanno confrontato i loro dati con quelli di altri 25.000 pazienti della stessa età, ma senza l'infezione in questione, (i quali sono andati a formare il gruppo di controllo). Così facendo i ricercatori hanno scoperto che nei 10 anni successivi i soggetti del primo gruppo risultavano avere una probabilità di sviluppare demenze 2,5 volte più alta rispetto al gruppo di controllo, ma soprattutto che nei pazienti con herpes trattati con antivirali specifici il rischio di incorrere nell'Alzheimer diminuiva di 10 volte rispetto ai pazienti non trattati. Al riguardo la stessa Ruth Itzhaki ha spiegato: "I risultati sorprendenti includono la prova che il rischio di demenza senile è molto maggiore in coloro che sono infetti da HSV e che il trattamento antivirale anti-herpes provoca una drastica diminuzione del numero di soggetti gravemente affetti da HSV1 che sviluppano la demenza in un secondo momento. Il DNA virale si trova molto specificamente all'interno delle placche nel tessuto cerebrale postmortem dai malati di Alzheimer. Le principali proteine di placche e grovigli si accumulano anche nelle colture cellulari infette da HSV1 ed i farmaci antivirali possono prevenirlo". In ogni caso per il momento si tratta di studi osservativi ed insufficienti a provare con certezza assoluta un legame di causa-effetto tra infezione e neurodegenerazione: secondo gli studiosi, infatti, i dati dovrebbero spingerci a valutare i benefici di un vaccino contro l'herpes da somministrare su larga scala, nonché l'opportunità di cure antivirali in pazienti già affetti da demenze. A tal proposito la ricercatrice ha proseguito dichiarando: "Va sottolineato che i risultati di questi studi di Taiwan si applicano solo alle infezioni gravi da HSV1, (o VZV), che sono rare. Idealmente, dovremmo studiare i tassi di demenza tra le persone che hanno subito una lieve infezione da HSV1, incluso l'herpes labiale o lieve herpes genitale, ma è molto meno probabile che siano documentati. Considerando che oltre 150 pubblicazioni sostengono fortemente un ruolo HSV1 nell'Alzheimer, queste scoperte di Taiwan giustificano ampiamente l'uso di antivirali antierpesanti, (che sono sicuri e ben tollerati), per trattare la malattia di Alzheimer. Inoltre incentivano lo sviluppo di un vaccino HSV1, che probabilmente sarebbe il trattamento più efficace". Comunque sia giustamente non tutti gli scienziati si sono detti convinti della solidità dell'ipotesi: secondo alcuni l'infezione da Herpes simplex nei cervelli colpiti da Alzheimer potrebbe essere, infine, una conseguenza del fatto che la demenza indebolisce la barriera emato-encefalica, cioè una struttura che protegge il cervello da "aggressioni" esterne come infezioni, intossicazioni ed avvelenamenti.
Che la malattia di Alzheimer e l'infezione da Herpes simplex potessero essere in qualche modo essere collegate, è un'ipotesi che circola nella comunità scientifica da diverso tempo, ma adesso un nuovo studio condotto da Ruth Itzhaki, dell'Università di Oxford, (che indaga da ben 25 anni su questo legame non condiviso da tutti), pubblicato in questi giorni sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience e che ha preso in analisi alcune precedenti ricerche sul tema ha dato credito a questa teoria, aggiungendo, come ulteriore prova, una serie di dati raccolti sulla popolazione di Taiwan. In pratica, come già noto, l'Herpes simplex virus 1, (noto anche con la sigla HSV1 e responsabile dell'herpes labiale), sopravvive per tutta la vita nel sistema nervoso periferico dell'organismo infettato, per ripresentarsi in condizioni di particolare stress o debolezza: motivo per il quale nelle persone che ne hanno sofferto una volta, l'herpes ricompare con maggiore facilità. Tuttavia studi passati hanno dimostrato che l'HSV1 è largamente presente nel cervello degli anziani e risulta essere connesso, appunto, ad un rischio maggiore di sviluppare l'Alzheimer nel caso in cui infetta persone con una specifica variante genetica, (chiamata APOE-ε4). Tra l'altro ulteriori ricerche su colture cerebrali hanno provato che il virus causa una proliferazione incontrollata di proteine beta-amiloide e Tau, (i cui accumuli sono caratteristici della malattia in questione). Insomma, una possibile ipotesi è che il virus dell'Herpes simplex possa farsi strada nell'organismo anziano meno protetto dal sistema immunitario e che, una volta nel cervello, provochi uno stato di infiammazione virale accentuata, con conseguente danno neuronale ed accumulo di sottoprodotti tossici per le cellule nervose; il che a sua volta porterebbe allo sviluppo della suddetta patologia. Ad ogni modo, come già anticipato, tra le varie ricerche prese in esame ci sono state anche tre recenti studi che hanno osservato l'associazione tra infezioni virali e demenze nella popolazione di Taiwan: gli abitanti di questa regione sono una miniera di informazioni preziose per gli scienziati, per via del National Health Insurance Research Database, che comprende dati sul 99,9% della popolazione taiwanese. In sostanza si tratta di ricerche condotte tra il 2017 ed il 2018 che hanno suggerito come le varie forme di demenza siano frequenti in chi ha avuto infezioni da Herpes simplex, e che il trattamento con antivirali può ridurre le probabilità che i pazienti con herpes sviluppino la malattia di Alzheimer più avanti negli anni. Entrando un po' più nei dettagli questi studi hanno preso in esame oltre 8.000 pazienti con più di 50 anni e con una recente diagnosi di infezione da Herpes simplex, ed hanno confrontato i loro dati con quelli di altri 25.000 pazienti della stessa età, ma senza l'infezione in questione, (i quali sono andati a formare il gruppo di controllo). Così facendo i ricercatori hanno scoperto che nei 10 anni successivi i soggetti del primo gruppo risultavano avere una probabilità di sviluppare demenze 2,5 volte più alta rispetto al gruppo di controllo, ma soprattutto che nei pazienti con herpes trattati con antivirali specifici il rischio di incorrere nell'Alzheimer diminuiva di 10 volte rispetto ai pazienti non trattati. Al riguardo la stessa Ruth Itzhaki ha spiegato: "I risultati sorprendenti includono la prova che il rischio di demenza senile è molto maggiore in coloro che sono infetti da HSV e che il trattamento antivirale anti-herpes provoca una drastica diminuzione del numero di soggetti gravemente affetti da HSV1 che sviluppano la demenza in un secondo momento. Il DNA virale si trova molto specificamente all'interno delle placche nel tessuto cerebrale postmortem dai malati di Alzheimer. Le principali proteine di placche e grovigli si accumulano anche nelle colture cellulari infette da HSV1 ed i farmaci antivirali possono prevenirlo". In ogni caso per il momento si tratta di studi osservativi ed insufficienti a provare con certezza assoluta un legame di causa-effetto tra infezione e neurodegenerazione: secondo gli studiosi, infatti, i dati dovrebbero spingerci a valutare i benefici di un vaccino contro l'herpes da somministrare su larga scala, nonché l'opportunità di cure antivirali in pazienti già affetti da demenze. A tal proposito la ricercatrice ha proseguito dichiarando: "Va sottolineato che i risultati di questi studi di Taiwan si applicano solo alle infezioni gravi da HSV1, (o VZV), che sono rare. Idealmente, dovremmo studiare i tassi di demenza tra le persone che hanno subito una lieve infezione da HSV1, incluso l'herpes labiale o lieve herpes genitale, ma è molto meno probabile che siano documentati. Considerando che oltre 150 pubblicazioni sostengono fortemente un ruolo HSV1 nell'Alzheimer, queste scoperte di Taiwan giustificano ampiamente l'uso di antivirali antierpesanti, (che sono sicuri e ben tollerati), per trattare la malattia di Alzheimer. Inoltre incentivano lo sviluppo di un vaccino HSV1, che probabilmente sarebbe il trattamento più efficace". Comunque sia giustamente non tutti gli scienziati si sono detti convinti della solidità dell'ipotesi: secondo alcuni l'infezione da Herpes simplex nei cervelli colpiti da Alzheimer potrebbe essere, infine, una conseguenza del fatto che la demenza indebolisce la barriera emato-encefalica, cioè una struttura che protegge il cervello da "aggressioni" esterne come infezioni, intossicazioni ed avvelenamenti.
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