Sembra proprio che la causa della morte di Pico della Mirandola, (illustre umanista e filosofo scomparso a soli 31 anni in circostanze misteriose il 17 Novembre 1494 a Firenze), e quella di Agnolo Poliziano, (grande poeta, umanista e filologo anch'egli morto a Firenze all'età di 40 anni il 29 Settembre 1494), sia stata la stessa: l'arsenico. O almeno questo è quanto hanno dimostrato alcuni ricercatori dell'Università di Pisa, quella di Bologna e quella del Salento, in collaborazione con gli esperti del RIS di Parma e con l'Università di Valencia, quella di York ed il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, a seguito di uno studio pubblicato lo scorso Marzo sul Journal of Forensic and Legal Medicine. In pratica per arrivare a tale conclusione gli scienziati hanno preso in esame i resti di entrambi gli umanisti rinascimentali, (nello specifico ossa, unghie, tessuti molli mummificati, vestiti e perfino il legno delle loro bare, che sono stati trovati in un chiostro vicino alla Basilica di San Marco, cioè dove i due vennero sepolti), e li hanno sottoposti ad una serie di analisi di carattere biologico e chimico-fisico sia per confermare l'identificazione dei resti, sia per rilevare l'eventuale presenza del veleno in questione. Entrando un po' più nei dettagli gli studiosi hanno utilizzato un approccio multidisciplinare mettendo insieme analisi antropologiche e documentali, datazione al radiocarbonio ed analisi del DNA antico accanto a sofisticate tecniche di microscopia ottica ed elettronica. Non a caso l'immagine di un'unghia di Pico della Mirandola vista con il microscopio elettronico a scansione ha mostrato la classica traccia biancastra, spia dell'esposizione, appunto, all'arsenico; mentre, stando a quanto hanno fatto sapere gli stessi ricercatori, le concentrazioni di questa sostanza ottenute dall'analisi dei resti di Agnolo Poliziano sono probabilmente legate più ad una esposizione cronica oppure a processi diagenetici piuttosto che ad un avvelenamento. Ad ogni modo così facendo gli scienziati hanno risolto un mistero lungo oltre 520 anni ed avvalorato le diverse teorie avanzate nel corso dagli anni da alcuni storici d'arte ed esperti vari. Tra questi Silvano Vicenti, secondo cui, l'avvelenamento di Pico della Mirandola, (la cui morte finora si riteneva fosse stata causata dalla sifilide), sarebbe avvenuto ad opera della stessa mano che 2 mesi prima avrebbe ucciso Angelo Poliziano, legato al primo da una grande amicizia. Comunque sia in merito al suddetto studio Fulvio Bartoli, del dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa, nonché uno dei principali autori, ha spiegato: "Gli esami hanno dimostrato che nei resti dei filosofi erano presenti segni riconducibili ad intossicazione da arsenico e che i livelli del veleno erano potenzialmente letali, compatibili, (almeno in uno dei due casi), con la morte per avvelenamento acuto. Ovviamente è difficile dimostrare che sia stato un avvelenamento intenzionale, anche se questa ipotesi è sostenuta da varie fonti documentali e storiche". Ed infine, come già anticipato, ha concluso puntualizzando: "La nostra indagine ha coinvolto anche le spoglie di un altro grande umanista, Angelo Poliziano, anche lui scomparso prematuramente nel 1494 ed inumato in una tomba vicina a quella di Pico. In questo caso però non risulta confermata l'ipotesi dell'avvelenamento perché i livelli di arsenico trovati sono piuttosto attribuibili ad un'esposizione cronica al veleno, causata probabilmente da fattori ambientali o trattamenti medici".
Sembra proprio che la causa della morte di Pico della Mirandola, (illustre umanista e filosofo scomparso a soli 31 anni in circostanze misteriose il 17 Novembre 1494 a Firenze), e quella di Agnolo Poliziano, (grande poeta, umanista e filologo anch'egli morto a Firenze all'età di 40 anni il 29 Settembre 1494), sia stata la stessa: l'arsenico. O almeno questo è quanto hanno dimostrato alcuni ricercatori dell'Università di Pisa, quella di Bologna e quella del Salento, in collaborazione con gli esperti del RIS di Parma e con l'Università di Valencia, quella di York ed il Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, a seguito di uno studio pubblicato lo scorso Marzo sul Journal of Forensic and Legal Medicine. In pratica per arrivare a tale conclusione gli scienziati hanno preso in esame i resti di entrambi gli umanisti rinascimentali, (nello specifico ossa, unghie, tessuti molli mummificati, vestiti e perfino il legno delle loro bare, che sono stati trovati in un chiostro vicino alla Basilica di San Marco, cioè dove i due vennero sepolti), e li hanno sottoposti ad una serie di analisi di carattere biologico e chimico-fisico sia per confermare l'identificazione dei resti, sia per rilevare l'eventuale presenza del veleno in questione. Entrando un po' più nei dettagli gli studiosi hanno utilizzato un approccio multidisciplinare mettendo insieme analisi antropologiche e documentali, datazione al radiocarbonio ed analisi del DNA antico accanto a sofisticate tecniche di microscopia ottica ed elettronica. Non a caso l'immagine di un'unghia di Pico della Mirandola vista con il microscopio elettronico a scansione ha mostrato la classica traccia biancastra, spia dell'esposizione, appunto, all'arsenico; mentre, stando a quanto hanno fatto sapere gli stessi ricercatori, le concentrazioni di questa sostanza ottenute dall'analisi dei resti di Agnolo Poliziano sono probabilmente legate più ad una esposizione cronica oppure a processi diagenetici piuttosto che ad un avvelenamento. Ad ogni modo così facendo gli scienziati hanno risolto un mistero lungo oltre 520 anni ed avvalorato le diverse teorie avanzate nel corso dagli anni da alcuni storici d'arte ed esperti vari. Tra questi Silvano Vicenti, secondo cui, l'avvelenamento di Pico della Mirandola, (la cui morte finora si riteneva fosse stata causata dalla sifilide), sarebbe avvenuto ad opera della stessa mano che 2 mesi prima avrebbe ucciso Angelo Poliziano, legato al primo da una grande amicizia. Comunque sia in merito al suddetto studio Fulvio Bartoli, del dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa, nonché uno dei principali autori, ha spiegato: "Gli esami hanno dimostrato che nei resti dei filosofi erano presenti segni riconducibili ad intossicazione da arsenico e che i livelli del veleno erano potenzialmente letali, compatibili, (almeno in uno dei due casi), con la morte per avvelenamento acuto. Ovviamente è difficile dimostrare che sia stato un avvelenamento intenzionale, anche se questa ipotesi è sostenuta da varie fonti documentali e storiche". Ed infine, come già anticipato, ha concluso puntualizzando: "La nostra indagine ha coinvolto anche le spoglie di un altro grande umanista, Angelo Poliziano, anche lui scomparso prematuramente nel 1494 ed inumato in una tomba vicina a quella di Pico. In questo caso però non risulta confermata l'ipotesi dell'avvelenamento perché i livelli di arsenico trovati sono piuttosto attribuibili ad un'esposizione cronica al veleno, causata probabilmente da fattori ambientali o trattamenti medici".
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