Si sa, l'alcool interferisce a livello molecolare con il processo di formazione della memoria e fa riemergere un forte desiderio di bere: come tutte le altre sostanze da cui si può diventare dipendenti, anche l'alcool riesce, infatti, a modulare l'espressione dei geni associati al cosiddetto sistema di ricompensa, (ovvero quel circuito cerebrale che porta a ripagare un'azione con il piacere), alterando il comportamento. Tuttavia cosa succede realmente all'interno del cervello durante l'assunzione e l'abuso di tale sostanza non è molto chiaro; motivo per il quale di recente alcuni ricercatori della Brown University hanno deciso di indagare un po' più a fondo sull'argomento in uno studio pubblicato alcune settimane fa sulla rivista Neuron, le cui evidenze scientifiche potrebbero essere utili per saperne di più sulla dipendenza e sul disturbo da abuso di sostanze alcoliche. In pratica si è trattata di una ricerca condotta condotta sui dei moscerini della frutta, i quali risultano avere, infatti, soltanto 100.000 neuroni, (nettamente inferiore rispetto ai 100 miliardi dell'uomo): questa ridotta disponibilità di cellule, unita alla possibilità di ricorrere a degli strumenti con cui manipolare l'attività neuronale a livello molecolare, rende questi insetti un buon modello per la ricerca. In sostanza gli scienziati sono ricorso proprio ad uno di questi strumenti per spegnere in modo selettivo diversi geni mentre i moscerini venivano "addestrati" a trovare l'alcool: in questo modo è stato possibile vedere quali proteine erano necessarie per portare avanti questo comportamento mediato dalla ricompensa. Per farla breve una di queste è la proteina Notch, vale a dire il primo tassello dei circuiti di segnalazione coinvolti nello sviluppo embrionale, del cervello e della funzione cerebrale sia negli uomini che negli altri animali. Tra l'altro, come già noto, i circuiti di segnalazione molecolare funzionano secondo una sorta di effetto domino e, secondo quanto hanno osservato gli studiosi, nel circuito neuronale influenzato dall'alcool una delle "tessere del domino" è un particolare gene, (ovvero il recettore della dopamina D2 o RDD2), che, come suggerisce lo stesso nome, codifica una proteina sui neuroni che riconoscono la dopamina, (il cosiddetto "neurotrasmettitore del benessere"). Al riguardo Emily Petruccelli, una delle principali autrici dello studio in questione, ha affermato: "Questo recettore è notoriamente coinvolto nella codificazione di un tipo di memoria piacevole o avversa". Ad ogni modo durante i loro esperimenti i ricercatori hanno osservato come nel caso del circuito di ricompensa associato al consumo di alcool, l'effetto domino indotto dalla segnalazione molecolare non accendeva o spegneva il gene dell'RDD2, né faceva aumentare o diminuire la quantità di proteina Notch prodotta; difatti si è scoperto che l'alcool innescava un effetto più subdolo: cambiava la versione di tale proteina. Insomma, questo è risultato essere il circuito mnemonico su cui agisce il consumo di alcool per risvegliare il desiderio di bere: quando si sta cercando di uscire da una dipendenza da sostanze, infatti, c'è un alto rischio di ricadere nel consumo; ragion per cui è importante osservare il modo in cui l'alcool agisce a livello cerebrale. In merito a ciò Karla Kaun, autrice leader, ha spiegato: "Ciò che vogliamo capire è perché le sostanze di abuso possono produrre un circuito mnemonico di ricompensa quando sono in realtà delle neurotossine. Tutte queste sostanze, (alcool, oppiacei, cocaina, metanfetamina ecc...), hanno una serie di effetti avversi, quindi perché le consideriamo appaganti? Perché ci ricordiamo degli aspetti positivi che riguardano il loro consumo e non di quelli negativi?". Comunque sia attualmente gli scienziati portando avanti degli studi su campioni di DNA di pazienti con disturbi da abuso di alcool per vedere se ci sono le stesse variazioni genetiche rilevate nei moscerini. A tal proposito la stessa Karla Kaun ha, infatti, concluso dichiarando: "Se così fosse, basterebbe un bicchiere di vino per attivare il circuito mnemonico che torna però al suo stato normale nel giro di un'ora. Con tre bicchieri, con una pausa di un'ora nel mezzo, il circuito non ritorna normale neanche dopo 24 ore. Pensiamo che questa persistenza sia probabilmente ciò che cambia l'espressione dei geni nei circuiti della memoria".
Si sa, l'alcool interferisce a livello molecolare con il processo di formazione della memoria e fa riemergere un forte desiderio di bere: come tutte le altre sostanze da cui si può diventare dipendenti, anche l'alcool riesce, infatti, a modulare l'espressione dei geni associati al cosiddetto sistema di ricompensa, (ovvero quel circuito cerebrale che porta a ripagare un'azione con il piacere), alterando il comportamento. Tuttavia cosa succede realmente all'interno del cervello durante l'assunzione e l'abuso di tale sostanza non è molto chiaro; motivo per il quale di recente alcuni ricercatori della Brown University hanno deciso di indagare un po' più a fondo sull'argomento in uno studio pubblicato alcune settimane fa sulla rivista Neuron, le cui evidenze scientifiche potrebbero essere utili per saperne di più sulla dipendenza e sul disturbo da abuso di sostanze alcoliche. In pratica si è trattata di una ricerca condotta condotta sui dei moscerini della frutta, i quali risultano avere, infatti, soltanto 100.000 neuroni, (nettamente inferiore rispetto ai 100 miliardi dell'uomo): questa ridotta disponibilità di cellule, unita alla possibilità di ricorrere a degli strumenti con cui manipolare l'attività neuronale a livello molecolare, rende questi insetti un buon modello per la ricerca. In sostanza gli scienziati sono ricorso proprio ad uno di questi strumenti per spegnere in modo selettivo diversi geni mentre i moscerini venivano "addestrati" a trovare l'alcool: in questo modo è stato possibile vedere quali proteine erano necessarie per portare avanti questo comportamento mediato dalla ricompensa. Per farla breve una di queste è la proteina Notch, vale a dire il primo tassello dei circuiti di segnalazione coinvolti nello sviluppo embrionale, del cervello e della funzione cerebrale sia negli uomini che negli altri animali. Tra l'altro, come già noto, i circuiti di segnalazione molecolare funzionano secondo una sorta di effetto domino e, secondo quanto hanno osservato gli studiosi, nel circuito neuronale influenzato dall'alcool una delle "tessere del domino" è un particolare gene, (ovvero il recettore della dopamina D2 o RDD2), che, come suggerisce lo stesso nome, codifica una proteina sui neuroni che riconoscono la dopamina, (il cosiddetto "neurotrasmettitore del benessere"). Al riguardo Emily Petruccelli, una delle principali autrici dello studio in questione, ha affermato: "Questo recettore è notoriamente coinvolto nella codificazione di un tipo di memoria piacevole o avversa". Ad ogni modo durante i loro esperimenti i ricercatori hanno osservato come nel caso del circuito di ricompensa associato al consumo di alcool, l'effetto domino indotto dalla segnalazione molecolare non accendeva o spegneva il gene dell'RDD2, né faceva aumentare o diminuire la quantità di proteina Notch prodotta; difatti si è scoperto che l'alcool innescava un effetto più subdolo: cambiava la versione di tale proteina. Insomma, questo è risultato essere il circuito mnemonico su cui agisce il consumo di alcool per risvegliare il desiderio di bere: quando si sta cercando di uscire da una dipendenza da sostanze, infatti, c'è un alto rischio di ricadere nel consumo; ragion per cui è importante osservare il modo in cui l'alcool agisce a livello cerebrale. In merito a ciò Karla Kaun, autrice leader, ha spiegato: "Ciò che vogliamo capire è perché le sostanze di abuso possono produrre un circuito mnemonico di ricompensa quando sono in realtà delle neurotossine. Tutte queste sostanze, (alcool, oppiacei, cocaina, metanfetamina ecc...), hanno una serie di effetti avversi, quindi perché le consideriamo appaganti? Perché ci ricordiamo degli aspetti positivi che riguardano il loro consumo e non di quelli negativi?". Comunque sia attualmente gli scienziati portando avanti degli studi su campioni di DNA di pazienti con disturbi da abuso di alcool per vedere se ci sono le stesse variazioni genetiche rilevate nei moscerini. A tal proposito la stessa Karla Kaun ha, infatti, concluso dichiarando: "Se così fosse, basterebbe un bicchiere di vino per attivare il circuito mnemonico che torna però al suo stato normale nel giro di un'ora. Con tre bicchieri, con una pausa di un'ora nel mezzo, il circuito non ritorna normale neanche dopo 24 ore. Pensiamo che questa persistenza sia probabilmente ciò che cambia l'espressione dei geni nei circuiti della memoria".
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