Individuate le prime varianti genetiche che potrebbero aumentare il rischio di sviluppare l'ADHD.


Di recente un gruppo internazionale di ricercatori del progetto danese iPSYCH, del Broad Institute, del Massachusetts General Hospital, del SUNY Upstate Medical University e del consorzio Psychiatric Genomics, attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Nature Genetics, ha annunciato di aver individuato per la prima volta alcune varianti genetiche che potrebbe aumentare il rischio di sviluppare il disturbo da deficit di attenzione ed iperattività, (noto anche con la sigla ADHD), fornendo una visione completamente nuova della biologia alla base di questo disordine. In pratica, come risaputo, i geni sono molto importanti per lo sviluppo di disturbi mentali, tra cui anche l'ADHD, nel quale i fattori genetici possono incidere fino al 75% sul rischio. Tuttavia, anche se fino ad ora, la ricerca di geni specifici che dura da decenni non ha ancora prodotto risultati molto chiari, gli scienziati sono riusciti a trovare 12 sedi in cui le persone con una particolare variante genetica risultavano avere un rischio maggiore di sviluppare l'ADHD rispetto a quelle che non avevano questa variante, confrontato l'intero genoma di oltre 20.000 persone affette dal disturbo e di circa 35.000 che non ne soffrivano e che sono servite come gruppo di controllo. Al riguardo Ditte Demontis, una delle principali autrici della ricerca, ha spiegato: "La grande quantità di dati ci ha permesso di trovare, per la prima volta, le posizioni nel genoma in cui le persone con l'ADHD si distinguono da quelle che sono in salute. La ricerca di tali varianti di rischio genetico per l'ADHD ha attraversato decenni ma senza ottenere risultati robusti. Questa volta abbiamo davvero aumentato il numero di soggetti di studio in modo sostanziale, aumentando il potere di ottenere risultati conclusivi in ​​modo significativo. In particolare abbiamo incluso un gran numero della coorte dell'iPSYCH che ha rappresentato più dei 2/3 del campione di studio internazionale totale". In sostanza, come già anticipato, si tratta di scoperte genetiche che forniscono nuove conoscenze sulla biologia alla base dello sviluppo del disturbo da deficit di attenzione ed iperattività: ad esempio, alcuni dei geni hanno un significato per il modo in cui le cellule cerebrali comunicano tra loro, mentre altri sono importanti per le funzioni cognitive, (come la lingua e l'apprendimento). In merito a ciò la stessa studiosa ha proseguito affermando: "Nel complesso i risultati mostrano che tipicamente le varianti di rischio regolano in quali quantità un gene viene espresso e che i geni coinvolti sono espressi principalmente nel cervello". Ad ogni modo durante il suddetto studio i ricercatori hanno anche confrontato i nuovi risultati con quelli di un precedente studio genetico sulle continue misure dei comportamenti legati all'ADHD nella popolazione generale ed hanno scoperto che le stesse varianti genetiche che danno origine ad una diagnosi di ADHD influenzano anche la disattenzione e l'impulsività. A tal proposito Anders Børglum, altro autore della ricerca in questione, ha commentato: "Le varianti di rischio sono talmente diffuse nella popolazione. Più varianti di rischio sono presenti, maggiore è la tendenza ad avere caratteristiche simili a quelle dell'ADHD, così come il rischio di sviluppare l'ADHD". Mentre Ditte Demontis ha aggiunto: "Abbiamo anche studiato la sovrapposizione genetica con altre malattie e caratteristiche ed abbiamo trovato una forte correlazione genetica negativa tra l'ADHD e l'educazione. Questo significa che in media le varianti genetiche che aumentano il rischio di ADHD influenzano negativamente le prestazioni nel sistema educativo per le persone nella popolazione generale che portano queste varianti senza avere l'ADHD". Tra l'altro, contrariamente a ciò, gli scienziati hanno trovato una correlazione positiva tra l'ADHD e l'obesità, l'aumento del indice di massa corporea ed il diabete mellito di tipo 2: in altre parole le varianti che aumentano il rischio di ADHD possono aumentano anche il rischio delle suddette condizioni. Al riguardo Benjamin Neale, uno dei principali autori dello studio, ha dichiarato: "Questi risultati sottolineano anche l'importanza della collaborazione per far progredire gli sforzi di scoperta. È solo attraverso la condivisione dei dati ed il lavoro comune che siamo riusciti a trovare queste regioni del genoma". Inoltre lo stesso Anders Børglum ha proseguito spiegando: "Le nuove scoperte significano che ora, (dopo molti anni di ricerca), abbiamo finalmente solide scoperte genetiche che possono informare sulla biologia sottostante e su quale ruolo la genetica gioca nelle malattie e nei tratti che spesso si associano all'ADHD. Lo studio è una base importante per ulteriori ricerche sull'ADHD ed adesso possiamo indirizzare i nostri studi in modo da ottenere una più profonda comprensione di come i geni di rischio influenzano lo sviluppo dell'ADHD, con l'obiettivo di fornire un aiuto migliore per le persone con affette dall'ADHD". Invece Stephen Faraone, altro principale autore, ha, infine, concluso dicendo: "Abbiamo gettato le basi per il lavoro futuro che chiarirà in che modo i rischi genetici si combinano con i rischi ambientali che causano l'ADHD. Quando i pezzi di questo puzzle saranno al loro posto, i ricercatori saranno in grado di migliorare la diagnosi ed il trattamento dell'ADHD".

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