A quanto pare la perdita dell'udito potrebbe essere collegata ad un aumento del rischio di mortalità prima dei 75 anni a causa di malattie cardiovascolari; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere di recente alcuni ricercatori del Robert N. Butler Columbia Aging Center at Columbia University Mailman School of Public Health tramite uno studio pubblicato sulla rivista Social Science and Medicine durante il quale, come già anticipato, hanno rilevato come la mortalità risultava essere elevata tra gli individui affetti da perdita uditiva, ed in particolar modo tra gli uomini e le donne di età, appunto, inferiore ai 75 anni ed in coloro che erano divorziati o separati; mentre questo rischio risultava essere diminuito negli adulti con problemi di udito ma con un partner ben udente. Al riguardo Vegard Skirbekk, uno dei principali autori della ricerca, ha spiegato: "La vecchiaia aumenta notevolmente il rischio di perdita dell'udito. Pertanto, con l'invecchiamento della popolazione, stiamo assistendo ad un crescente numero di persone affette da ipoacusia, ma allo stesso tempo c'è un maggior numero di adulti che vivono senza un partner; esponendo le persone con perdita dell'udito ad un aumentato rischio di morte". Inoltre i decessi correlati a tumori e lesioni o come conseguenza di lesioni non sono risultati essere influenzati dalla perdita dell'udito, sebbene la mortalità correlata ad un incidente sia risultata essere più elevata tra i non udenti senza un partner o bambini. In merito Bo Engdahl, primo autore dello studio in questione, ha affermato: "Questo potrebbe essere dovuto ad una maggiore fatalità da incidenti legati al traffico, ad esempio, poiché i membri della famiglia potrebbero aver contribuito a prevenire molte di queste morti attraverso avvertimenti o azioni preventive". Ad ogni modo per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno analizzato i dati di 50.462 adulti raccolti nell'ambito del Nord-Trøndelag Hearing Loss Study dal 1996 al 1998 ed hanno utilizzato il Norwegian Cause of Death Registry per identificare le morti fino al 2016. Tra l'altro hanno ottenuto i dati sullo stato civile e sul numero di bambini tramite il National Population Registry ed hanno preso in considerazione la frequenza del fumo, l'uso di alcool e l'attività fisica di ogni partecipante. In sostanza, secondo gli studiosi, ci sono diverse spiegazioni per l'associazione tra la perdita dell'udito e l'aumentato rischio di mortalità: le famiglie possono essere più propense ad essere di supporto e presenti anche durante periodi di cattiva salute rispetto agli amici o persone con legami più deboli, e questo potrebbe ridurre parte del rischio di mortalità associato a menomazioni funzionali. Per di più avere un partner potrebbe consentire ad una persona con problemi di udito di essere socialmente attiva in misura maggiore, in quanto il coniuge potrebbe fornire supporto, prendere iniziativa ed aiutarli a superare le soglie per socializzare con gli altri. Ma non è tutto: un coniuge potrebbe anche incoraggiare l'uso del supporto tecnico, (come, ad esempio, gli apparecchi acustici), e assistere nella consulenza dei servizi sanitari quando necessario; senza contare che essere in una relazione può anche servire da cuscinetto contro le conseguenze economiche dannose della perdita dell'udito. A tal proposito lo stesso Vegard Skirbekk ha, infine, concluso dichiarando: "È risaputo che un rapido invecchiamento della popolazione può comportare una maggiore prevalenza di problemi all'udito e che una perdita dell'udito può aumentare i rischi di mortalità, ma non è stato ancora dato grande rilievo al modo in cui questi effetti si riferiscono ai cambiamenti in atto nelle dinamiche familiari. I nostri risultati confermano che l'eccesso di mortalità tra i non udenti può essere particolarmente elevato tra gli individui con determinate costellazioni familiari, come uomini divorziati o donne che non hanno figli. Quando i governi sviluppano piani per ridurre l'incidenza di problemi di udito, potrebbero prendere in considerazione la dimensione familiare nella progettazione di interventi e sistemi di assistenza sociale e sanitaria".
A quanto pare la perdita dell'udito potrebbe essere collegata ad un aumento del rischio di mortalità prima dei 75 anni a causa di malattie cardiovascolari; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere di recente alcuni ricercatori del Robert N. Butler Columbia Aging Center at Columbia University Mailman School of Public Health tramite uno studio pubblicato sulla rivista Social Science and Medicine durante il quale, come già anticipato, hanno rilevato come la mortalità risultava essere elevata tra gli individui affetti da perdita uditiva, ed in particolar modo tra gli uomini e le donne di età, appunto, inferiore ai 75 anni ed in coloro che erano divorziati o separati; mentre questo rischio risultava essere diminuito negli adulti con problemi di udito ma con un partner ben udente. Al riguardo Vegard Skirbekk, uno dei principali autori della ricerca, ha spiegato: "La vecchiaia aumenta notevolmente il rischio di perdita dell'udito. Pertanto, con l'invecchiamento della popolazione, stiamo assistendo ad un crescente numero di persone affette da ipoacusia, ma allo stesso tempo c'è un maggior numero di adulti che vivono senza un partner; esponendo le persone con perdita dell'udito ad un aumentato rischio di morte". Inoltre i decessi correlati a tumori e lesioni o come conseguenza di lesioni non sono risultati essere influenzati dalla perdita dell'udito, sebbene la mortalità correlata ad un incidente sia risultata essere più elevata tra i non udenti senza un partner o bambini. In merito Bo Engdahl, primo autore dello studio in questione, ha affermato: "Questo potrebbe essere dovuto ad una maggiore fatalità da incidenti legati al traffico, ad esempio, poiché i membri della famiglia potrebbero aver contribuito a prevenire molte di queste morti attraverso avvertimenti o azioni preventive". Ad ogni modo per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno analizzato i dati di 50.462 adulti raccolti nell'ambito del Nord-Trøndelag Hearing Loss Study dal 1996 al 1998 ed hanno utilizzato il Norwegian Cause of Death Registry per identificare le morti fino al 2016. Tra l'altro hanno ottenuto i dati sullo stato civile e sul numero di bambini tramite il National Population Registry ed hanno preso in considerazione la frequenza del fumo, l'uso di alcool e l'attività fisica di ogni partecipante. In sostanza, secondo gli studiosi, ci sono diverse spiegazioni per l'associazione tra la perdita dell'udito e l'aumentato rischio di mortalità: le famiglie possono essere più propense ad essere di supporto e presenti anche durante periodi di cattiva salute rispetto agli amici o persone con legami più deboli, e questo potrebbe ridurre parte del rischio di mortalità associato a menomazioni funzionali. Per di più avere un partner potrebbe consentire ad una persona con problemi di udito di essere socialmente attiva in misura maggiore, in quanto il coniuge potrebbe fornire supporto, prendere iniziativa ed aiutarli a superare le soglie per socializzare con gli altri. Ma non è tutto: un coniuge potrebbe anche incoraggiare l'uso del supporto tecnico, (come, ad esempio, gli apparecchi acustici), e assistere nella consulenza dei servizi sanitari quando necessario; senza contare che essere in una relazione può anche servire da cuscinetto contro le conseguenze economiche dannose della perdita dell'udito. A tal proposito lo stesso Vegard Skirbekk ha, infine, concluso dichiarando: "È risaputo che un rapido invecchiamento della popolazione può comportare una maggiore prevalenza di problemi all'udito e che una perdita dell'udito può aumentare i rischi di mortalità, ma non è stato ancora dato grande rilievo al modo in cui questi effetti si riferiscono ai cambiamenti in atto nelle dinamiche familiari. I nostri risultati confermano che l'eccesso di mortalità tra i non udenti può essere particolarmente elevato tra gli individui con determinate costellazioni familiari, come uomini divorziati o donne che non hanno figli. Quando i governi sviluppano piani per ridurre l'incidenza di problemi di udito, potrebbero prendere in considerazione la dimensione familiare nella progettazione di interventi e sistemi di assistenza sociale e sanitaria".
Commenti
Posta un commento