Dimostrato che difficoltà nell'elaborazione audiovisiva contribuiscono alla dislessia.


Di recente alcuni psicologi dell'Università di Buffalo hanno pubblicato uno studio di neuroimaging sulla rivista PLOS One che potrebbe aiutare a sviluppare test per l'identificazione precoce della dislessia, (un disturbo che colpisce l'80% di quelli con diagnosi di difficoltà di lettura, scrittura ed ortografia). In pratica, secondo Chris McNorgan, uno dei principali responsabile del progetto per la ricerca, i compiti che richiedono l'elaborazione audiovisiva sono particolarmente impegnativi per i bambini affetti da dislessia. Motivo per il quale la progettazione di test sensibili al problema dell'integrazione audiovisiva potrebbe determinare la presenza di un disturbo che spesso non viene rilevato durante i primi anni dell'istruzione elementare poiché inizialmente molti bambini con dislessia vengono considerati come semplicemente appartenenti alla più bassa di un normale intervallo di livelli di lettura. Al riguardo lo stesso Chris McNorgan ha affermato: "Fino a quando questi ragazzi con dislessia rimangono indietro rispetto ai loro coetanei, non c'è modo di ritenere che non fanno parte di un continuum di abilità, ma piuttosto di un gruppo completamente separato". In sostanza i risultati del suddetto studio hanno suggerito che la difficoltà di lettura associata alla dislessia deriva da una mancanza di elaborazione coordinata nelle quattro aree del cervello conosciute come "la rete di lettura". In merito a ciò lo stesso scienziato ha proseguito spiegando: "Troviamo che l'organizzazione del cervello al di fuori della rete di lettura principale non sembra essere correlata al modo in cui i bambini dislessici leggono bene o male. Questo è notevole perché sarebbe coerente con la dislessia come un problema legato al cablaggio specifico delle aree del cervello associate all'integrazione di informazioni uditive e visive, e non con qualche altro disturbo cognitivo generale, come la memoria o l'attenzione". Ad ogni modo a differenza di molte ricerche precedenti sulla dislessia che si sono focalizzate sulla forza delle connessioni nella rete di lettura, gli studiosi americani non hanno guardato solo a quella forza, ma anche al modo in cui queste regioni sono collegate: un punto critico per capire meglio la dislessia. Difatti a tal proposito Chris McNorgan ha continuato dicendo: "Per pensare alla "maniera" delle connessioni, per analogia, come separato dalla "forza", un urbanista che cerca di ottimizzare il flusso del traffico probabilmente non avrà successo semplicemente piazzando un'autostrada a più corsie nel mezzo di una città se i quartieri e le altre strade cittadine non sono organizzate in modo da sfruttare la capacità di traffico extra. Mentre la forza di connessione è un fattore assolutamente importante, i nostri risultati indicano che è solo uno dei numerosi componenti della rete cerebrale che è ottimizzato per la lettura fluente attraverso la pratica". Inoltre, come già noto, nei casi di dislessia non vi è alcun problema con il modo in cui funzionano gli occhi o le orecchie di qualcuno; tuttavia leggere non riguarda solo ciò che è visto e/o sentito: si tratta di un compito multisensoriale che implica la decodifica delle lettere nei suoni vocali associati. Al riguardo il suddetto ricercatore ha, infatti, precisato: "Non bisogna immaginare qualcuno come chi vede le parole con lettere strapazzate o con lettere capovolte. La dislessia consiste nell'essere incapace di capire come una particolare sequenza di lettere combaci e quindi mappare quella sequenza su un particolare suono. È una lotta. Ed anche se pure i lettori fluenti incontrano occasionalmente questa difficoltà, lo sforzo richiesto per ottenere la parola è ciò che accade sempre per le persone con dislessia". In ogni caso, come già anticipato, è per questi motivi che, secondo questo nuovo studio, sarebbe necessaria una tecnologia che misuri e mappi l'attività cerebrale, in modo da osservare come le regioni della rete di lettura si connettono ed interagiscono tra loro. Entrando un po' più nei dettagli per arrivare a tali risultati gli scienziati hanno preso in esame 24 partecipanti, (di età compresa tra 8 e 13 anni), ai quali è stato chiesto di completare i compiti di rima in tre condizioni: vedere due parole; ascoltare due parole; e sentire le prime parole mentre si guardano le seconde; ciò ha richiesto ai partecipanti di mappare rappresentazioni visive ai suoni. Così facendo una volta che i partecipanti avevano completato i compiti, le analisi delle scansioni di risonanza magnetica hanno rivelato quali regioni del cervello erano attivate e come stavano comunicando. A tal proposito lo stesso Chris McNorgan ha, infine, concluso dichiarando: "Stiamo ottenendo una prospettiva della rete cerebrale. Vogliamo imparare, non solo ciò che stanno fanno queste aree cerebrali, ma in che modo si parlano tra loro. L'obiettivo è determinare se la configurazione della rete determina o meno il grado in cui i bambini dislessici incontrano difficoltà di lettura. Il modo in cui le cose sono cablate farà una grande differenza nel modo in cui avviene la comunicazione all'interno di questa rete. Ed il perché il cervello di alcuni bambini sembra essere resistente a diventare ottimamente cablato rimane una domanda eccezionale".

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