Scoperto un possibile legame genetico tra la "coda a vite" dei bulldog e la Sindrome di Robinow.


A quanto pare i bulldog, i bulldog francesi ed i boston terrier, (con le loro piccole dimensioni, le loro facce tozze e gli occhi spalancati), oltre ad essere tra le razze di cani più popolari potrebbero avere una base genetica, (proprio per via del loro aspetto), collegata a una sindrome ereditaria rara negli esseri umani, chiamata Sindrome di Robinow. O almeno questo è quanto hanno fatto sapere di recente alcuni i ricercatori dell'Università della California, Davis, School of Veterinary Medicine tramite uno studio pubblicato sulla rivista PLOS GeneticsAl riguardo Danika Bannasch una delle principali autrici della ricerca, ha affermato: "Questi cani non sono gli unici con teste corte e larghe, ma condividono un'altra caratteristica che non si trova nelle altre razze: una coda corta o "coda di vite". A queste tre razze mancano tutte le vertebre che formano l'osso della coda". In pratica per arrivare alla suddetta conclusione gli scienziati hanno sequenziato l'intero genoma di 100 cani, di cui 10 appartenenti a razze dalla "coda di vite" e tutti di proprietà privata visti presso l'UC Davis Veterinary Medical Teaching Hospital, i cui proprietari hanno accettato di partecipare. Inoltre gli studiosi hanno cercato attraverso le sequenze di DNA per trovare i cambiamenti associati alle razze dalla "coda di vite": osservando più di 12 milioni di differenze individuali sono stati in grado di identificare una particolare mutazione, (in un gene chiamato DISHEVELED 2 o DVL2), trovata nel 100% dei bulldog e dei bulldog francesi campionati, e molto comune nei boston terrier. In merito a ciò la stessa Danika Bannasch ha proseguito spiegando: "Questo tipo di confronto del genoma intero è relativamente nuovo. Normalmente, dovevamo prima identificare il DNA di una regione e lavorare da lì. Potevamo esaminare i tratti specifici della razza, ma non così bene come ora". Ad ogni modo, come già noto da tempo, negli esseri umani le mutazioni nei geni DVL1 e DVL3 sono la causa della Sindrome di Robinow, vale a dire un raro disordine ereditario caratterizzato da cambiamenti anatomici sorprendentemente simili a quelli visibili nelle suddette razze di cani: una corta ed ampia "babyface", gambe e braccia piccole e deformità spinali. Inoltre, i pazienti affetti dalla sindrome in questione ed i cani dalla "coda a vite" condividono anche altri tratti della malattia, (come, ad esempio, la palatoschisi). A tal proposito Peter Dickinson, professore di scienze chirurgiche e radiologiche presso l'UC Davis School of Veterinary Medicine, nonché uno degli autori dello studio in questione, ha commentato: "Sia nell'uomo che nei cani, i geni DVL fanno parte di un percorso di segnalazione chiamato WNT coinvolto tra le altre cose nello sviluppo dello scheletro e del sistema nervoso". Non a caso caratterizzando il prodotto proteico del gene DVL2 i ricercatori hanno individuato un passaggio biochimico chiave nel percorso WNT che viene interrotto dalla mutazione; il che ha suggerito inoltre che un difetto molecolare comune è responsabile sia della comparsa della Sindrome di Robinow che per le "code a vite" dei bulldog e dei boston terrier. Al riguardo lo stesso Peter Dickinson ha proseguito dichiarando: "La mutazione del gene DVL2 è così comune e così strettamente legata all'aspetto di queste razze, che sarebbe difficile rimuoverla tramite l'allevamento". Tra l'altro è anche noto che altri geni contribuiscono allo sviluppo delle testine brachicefali corte ed ampie, e probabilmente ci sono geni multipli che contribuiscono sia all'apparenza che ai problemi di salute cronici in queste razze. Comunque sia scoprire una comune mutazione nelle razze di cani popolari potrebbe dare più informazioni anche sulla rara Sindrome di Robinow negli esseri umani, identificata per la prima volta nel 1969 e di cui sono stati documentati solo poche centinaia di casi A tal proposito Danika Bannasch ha, infine, concluso spiegando: "È una malattia molto rara negli umani ma molto comune nei cani, quindi quella potrebbe essere un modello per conoscere meglio la sindrome umana".

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