È ufficiale il Sistema Solare è diventato un po' più grande, acquistando un nuovo piccolo, (si fa per dire), corpo celeste: si chiama Ippocampo e si tratta di una "nuova" luna appartenente a Nettuno, il più distante dei pianeti, il quale adesso arriva a quota 14. In realtà la scoperta di questo satellite naturale era già avvenuta nel Luglio 2013 per opera di alcuni astronomi del SETI Institute, guidati da Mark Showalter, (instancabile cacciatore di satelliti naturali attorno ai corpi più remoti del Sistema Solare), i quali avevano passato al setaccio i dati raccolti dal telescopio spaziale Hubble: all'epoca, però, lo avevano provvisoriamente denominato S/2004 N 1 e non si conosceva molto sul suo conto. Difatti adesso grazie ad un nuovo studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Nature, gli stessi astronomi, in collaborazione con l'Università della California, Berkeley, sono riusciti a confermare la sua esistenza, analizzando anche le sue caratteristiche fisiche, e gli hanno assegnato anche un nome più consono per quella che è a tutti gli effetti la 14ª luna del pianeta blu. Al riguardo Maurizio Pajola, dell'Osservatorio di Padova dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, ha commentato tale scoperta dicendo: "È un risultato molto importante, se si considera la difficoltà di scoprire oggetti così piccoli ad una distanza così grande come quella di Nettuno dal Sole, pari a circa 30 volte la distanza tra la Terra e la nostra stella". Ad ogni modo Ippocampo, (nome scelto non a caso poiché richiama l'omonima creatura marina della mitologia greca), ha un diametro medio di 34 km, quindi la più piccola delle lune interne di Nettuno, nonché 7ª, rispetto all'orbita di Tritone, cioè quella che è di gran lunga la più grande luna dell'intero sistema; possiede un raggio dell'orbita, (o per meglio dire un semiasse maggiore, trattandosi di un'ellisse), poco più di 105.000 km, dunque la prima che si incontra all'interno dell'orbita di Proteo, la seconda luna più grande del pianeta; ed il suo periodo orbitale è di poco meno di un giorno. Tuttavia a differenza di molte lune remote del Sistema Solare, la scoperta di Ippocampo non è avvenuta per caso, (o per serendipity, come si usa dire in gergo): si è trattato dell'esito di una caccia serrata, appunto, nei dati di Hubble da parte del suddetto team guidato da Mark Showalter, il quale una volta individuata la potenziale preda per caratterizzarla al meglio, (cosa che con un oggetto da 34 km a miliardi di km di distanza non è un compito tanto semplice), ha dovuto far ricorso allo stratagemma del cosiddetto "stacking". In altre parole gli studiosi hanno sovrapposto più immagini spostandole l'una rispetto all'altra in base all'orbita calcolata per la luna, come per "inseguirla" a posteriori. Così facendo da fotografie con poche centinaia di secondi d'esposizione ciascuna hanno ottenuto un'unica immagine con un tempo d'esposizione virtuale assai maggiore, (fino a 37 minuti). Comunque sia l'aspetto che sembra aver catturato maggiormente l'interesse degli astronomi è quello che riguarda il meccanismo di formazione di questo nuovo satellite naturale: La relativa vicinanza a Proteo, (le due orbite distano 12.000 km l'una dall'altra), e la presenza su quest'ultimo di un grande cratere da impatto, (ovvero quello che è stato chiamato Cratere Pharos), suggeriscono la possibilità che Ippocampo, (il cui volume è appena il 2% di quello del suddetto cratere), abbia preso forma proprio dai detriti seguiti a quell'impatto. Non a caso a tal proposito gli stessi scienziati hanno, infine, affermato: "Anche Ippocampo è più giovane del suo pianeta. Si è probabilmente formata dai frammenti della vicina luna Proteus, quando questa è stata colpita da una cometa".
Di seguito alcune immagini di Ippocampo:
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