Dimostrato che coloro che cercano la solitudine possono sapere cosa è meglio per loro.


A quanto pare le persone che scelgono di trascorrere del tempo da soli, (soprattutto gli adolescenti), potrebbero sapere cosa è meglio per loro; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere ricercatori dell'Università della California, Santa Cruz e del Wilmington College tramite uno studio pubblicato sul Journal of Adolescence ed il quale suggerisce che la solitudine non è sempre un campanello d'allarme per l'isolamento o la depressione. In pratica, secondo gli scienziati, il fattore chiave sarebbe la scelta: quando la solitudine viene imposta agli adolescenti ed ai giovani adulti, sia come punizione che come conseguenza dell'ansia sociale, può essere problematica; tuttavia se la solitudine viene scelta contribuisce alla crescita personale e all'accettazione di sé. Al riguardo Margarita Azmitia, una delle principali autrici della ricerca, ha spiegato: "La solitudine ha suscitato molta cattiva stampa, soprattutto per gli adolescenti che vengono etichettati come disadattati sociali o soli. A volte, la solitudine è buona: in via di sviluppo, imparare a stare da solo è un'abilità e può essere rinfrescante e rigenerante. La maggior parte degli studi precedenti ha confuso l'isolamento con la solitudine o la timidezza. C'è uno stigma per i bambini che trascorrono del tempo da soli: sono considerati privi di abilità sociali o vengono etichettati come"solitari". È utile sapere quando si ha bisogno di stare da solo e quando si deve stare con gli altri: questo studio quantifica i benefici della solitudine e la distingue dai costi dell'abbandono o dell'isolamento". Mentre Virginia Thomas, altra principale responsabile dello studio, ha dichiarato: "Quando gli adolescenti ed i giovani adulti scelgono di trascorrere del tempo da soli, la solitudine può offrire un'opportunità di auto-riflessione, espressione creativa o rinnovamento spirituale. Ma questo può essere una sfida quando viene loro imposto. Quando rinunciano all'impegno sociale perché non hanno amici o vengono puniti, si sentono a disagio e provano ansia sociale". Ad ogni modo per distinguere tra queste motivazioni i ricercatori hanno sviluppato un sondaggio di 14 elementi che chiedeva agli intervistati di valutare le loro motivazioni per la solitudine su una scala di 4 punti, ponendo domande come "Mi sento pieno di energia quando passo del tempo da solo?" e "Mi godo il ​​silenzio?", contro "Mi sento a disagio quando sono con gli altri?" e "Rimpiango le cose che dico o faccio quando sono con gli altri?". In merito a ciò la stessa Virginia Thomas ha affermato: "Abbiamo ottenuto risultati chiari che sono indicatori abbastanza affidabili di solitudine adattiva contro maladaptive". In sostanza da questa ricerca è emerso che coloro che cercano la solitudine perché si sentono rifiutati o vogliono ritirarsi in isolamento corrono un rischio maggiore di ansia sociale, solitudine e depressione e tendono ad avere livelli inferiori di sviluppo dell'identità, autonomia e relazioni positive con gli altri; mentre al contrario, coloro che cercano la solitudine per ragioni positive, come l'auto-riflessione o il desiderio di pace e tranquillità, non affrontano nessuno di questi rischi. Inoltre la cultura frenetica e guidata dai dispositivi di oggi sottolinea il fatto di essere in contatto con amici e collaboratori 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ed i giovani hanno poca esperienza nell'imparare a gestire il proprio tempo da soli in modo produttivo: la solitudine imposta è più problematica per gli adolescenti, che spesso si preoccupano di essere respinti dai loro coetanei o amici oppure temono che essere soli significhi essere impopolari. Tuttavia i ricercatori hanno scoperto che la capacità della solitudine sboccia nei giovani adulti; a tal proposito Virginia Thomas ha, infatti, proseguito spiegando: "Questi risultati aumentano la nostra consapevolezza che essere soli può essere rigenerante ed una cosa positiva. La domanda è come essere soli senza sentire che ci stiamo perdendo. Per molte persone, la solitudine è come esercitare un muscolo che non hanno mai usato. Lo si deve sviluppare, flettere e imparare ad usare il tempo da solo per il proprio beneficiare. La solitudine ha le stesse funzioni positive negli introversi e negli estroversi: i primi ne hanno solo bisogno". Ed ha poi continuato spiegando: "La nostra cultura è piuttosto incline all'estroversione. Quando vediamo qualche segno di timidezza o introversione nei bambini, temiamo che non saranno popolari, ma trascuriamo molti adolescenti e giovani ben adattati che sono perfettamente felici quando sono soli e beneficiano della loro solitudine". Comunque sia entrambi i ricercatori hanno incoraggiato i genitori ad apprezzare i benefici della solitudine per i loro figli; non a caso la stessa Margarita Azmitia ha, infine, concluso spiegando: "I genitori possono aiutare i loro figli a capire che stare da soli non è male, non significa che non piacciono a nessuno. La solitudine può migliorare il benessere dei bambini che sono eccessivamente stimolati e possono imparare a regolare il proprio comportamento, da soli, senza che gli venga detto niente. Abbiamo bisogno di costruire la nostra comprensione culturale capendo che non dobbiamo essere sempre sociali. A volte il tempo da soli è un buon momento".

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