A quanto pare vivere da soli potrebbe essere associato ad un rischio maggiore di sviluppare disturbi mentali, indipendentemente dall'età e dal sesso; o almeno questo è quanto hanno scoperto alcuni ricercatori dell'Università di Versailles Saint-Quentin-en-Yvelines e dell'Università di Barcellona tramite uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista PLOS ONE. In pratica negli ultimi anni la percentuale di persone che vivono da sole è aumentata a causa dell'invecchiamento della popolazione, della diminuzione dei tassi di matrimonio e della riduzione della fertilità. Inoltre sebbene precedenti studi hanno esaminato il legame tra il vivere da soli ed i disturbi mentali, questi sono stati generalmente condotti in popolazioni anziane e quindi non hanno fatto riferimento agli adulti più giovani. Motivo per il quale durante la suddetta ricerca gli scienziati hanno utilizzato dati di 20.500 individui di età compresa tra 16 e 64 anni residenti in Inghilterra i quali hanno preso parte ai National Psychiatric Morbidity Surveys del 1993, del 2000 o del 2007. Entrando un po' più nei dettagli per capire se una persona soffriva o aveva sofferto di un disturbo mentale comune, (noto anche con la sigla CMD), gli studiosi hanno sottoposto i partecipanti al Clinical Interview Schedule-Revised, (conosciuto anche con la sigla CIS-R): un questionario incentrato sui sintomi nevrotici. Tra l'altro oltre al numero di persone che vivono in una famiglia, i dati analizzati riguardavano diversi fattori quali peso e altezza, dipendenza dall'alcool, uso di droghe, sostegno sociale e solitudine. Così facendo i ricerca tori hanno osservato che la prevalenza di persone che vivono da sole nel 1993, nel 2000 e nel 2007 è stata rispettivamente dell'8,8%, del 9,8% e del 10,7%; mentre negli stessi anni i tassi di CMD erano del 14,1%, del 16,3% e del 16,4%. In sostanza, come già anticipato, (indipendentemente dall'età e dal sesso), dai risultati è emersa un'associazione positiva tra il vivere da soli ed i CMD, (per la precisione con un rapporto di probabilità dell'1,69 nel 1993; dell'1,63 nel 2000; e dell'1,88 nel 2007). Per di più i ricercatori hanno scoperto che in diversi sottogruppi di persone, vivere da soli aumentava il rischio di soffrire di un CMD da 1,39 a 2,43 volte; invece nel complesso, la solitudine risultava essere associata per l'84% allo sviluppo di un CMD nelle persone che vivevano da sole. Comunque sia gli autori dello studio in questione hanno, infine, suggerito che gli interventi che affrontano la solitudine potrebbero anche aiutare il benessere mentale degli individui che vivono soli.
A quanto pare vivere da soli potrebbe essere associato ad un rischio maggiore di sviluppare disturbi mentali, indipendentemente dall'età e dal sesso; o almeno questo è quanto hanno scoperto alcuni ricercatori dell'Università di Versailles Saint-Quentin-en-Yvelines e dell'Università di Barcellona tramite uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista PLOS ONE. In pratica negli ultimi anni la percentuale di persone che vivono da sole è aumentata a causa dell'invecchiamento della popolazione, della diminuzione dei tassi di matrimonio e della riduzione della fertilità. Inoltre sebbene precedenti studi hanno esaminato il legame tra il vivere da soli ed i disturbi mentali, questi sono stati generalmente condotti in popolazioni anziane e quindi non hanno fatto riferimento agli adulti più giovani. Motivo per il quale durante la suddetta ricerca gli scienziati hanno utilizzato dati di 20.500 individui di età compresa tra 16 e 64 anni residenti in Inghilterra i quali hanno preso parte ai National Psychiatric Morbidity Surveys del 1993, del 2000 o del 2007. Entrando un po' più nei dettagli per capire se una persona soffriva o aveva sofferto di un disturbo mentale comune, (noto anche con la sigla CMD), gli studiosi hanno sottoposto i partecipanti al Clinical Interview Schedule-Revised, (conosciuto anche con la sigla CIS-R): un questionario incentrato sui sintomi nevrotici. Tra l'altro oltre al numero di persone che vivono in una famiglia, i dati analizzati riguardavano diversi fattori quali peso e altezza, dipendenza dall'alcool, uso di droghe, sostegno sociale e solitudine. Così facendo i ricerca tori hanno osservato che la prevalenza di persone che vivono da sole nel 1993, nel 2000 e nel 2007 è stata rispettivamente dell'8,8%, del 9,8% e del 10,7%; mentre negli stessi anni i tassi di CMD erano del 14,1%, del 16,3% e del 16,4%. In sostanza, come già anticipato, (indipendentemente dall'età e dal sesso), dai risultati è emersa un'associazione positiva tra il vivere da soli ed i CMD, (per la precisione con un rapporto di probabilità dell'1,69 nel 1993; dell'1,63 nel 2000; e dell'1,88 nel 2007). Per di più i ricercatori hanno scoperto che in diversi sottogruppi di persone, vivere da soli aumentava il rischio di soffrire di un CMD da 1,39 a 2,43 volte; invece nel complesso, la solitudine risultava essere associata per l'84% allo sviluppo di un CMD nelle persone che vivevano da sole. Comunque sia gli autori dello studio in questione hanno, infine, suggerito che gli interventi che affrontano la solitudine potrebbero anche aiutare il benessere mentale degli individui che vivono soli.
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