Dimostrato che il Parkinson è presente anche nel sangue.


A quanto pare il comportamento delle cellule immunitarie nel sangue è così diverso nei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson che potrebbe sostenere un nuovo tipo di medicina supplementare, che a sua volte potrebbe regolare il sistema immunitario e quindi inibire il deterioramento del cervello; o almeno questo è quanto hanno dimostrato di recente alcuni ricercatori dell'Università di Aarhus tramite uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Movement Disorders. Al riguardo Marina Romero-Ramos, una delle principali autrici della ricerca ha affermato: "Il progetto di ricerca conferma una teoria crescente secondo cui il morbo di Parkinson non è solo una malattia del cervello, ma è anche connessa al sistema immunitario. Sia nel cervello che nel resto del corpo"; mentre Sara Konstantin Nissen, altra principale autrice, ha aggiunto: "Questa scoperta può portare nel lungo termine allo sviluppo di un trattamento immunoregolatore supplementare combinato con l'attuale trattamento medico con il farmaco L-DOPA, che ha solo un effetto sul cervello e sui sintomi. Crediamo che un tale farmaco aggiuntivo potrebbe aiutare a rallentare la progressione della malattia". In pratica, come già risaputo, il Parkinson è caratterizzato dalla lenta degenerazione dei neuroni nel cervello a causa dell'accumulo anomalo di una proteina chiamata alfa-sinucleina: ciò comporta in chi ne è affetto tremore e successivamente ai movimenti lenti e rigidi che generalmente vengono associati alla patologia in questione. Ad ogni modo nel suddetto studio, (raccolto dall'Hertie Biobank), gli scienziati hanno sottoposto i campioni di sangue di 29 individui con la malattia di Parkinson e 20 soggetti sani che hanno composto il gruppo di controllo alla proteina alfa-sinucleina ed hanno osservato che le cellule immunitarie, (purificate e stimolate in coltura con fibrille della suddetta proteina), nel sangue dei primi erano significativamente peggiori nel regolare i marker immunitari sulla superficie cellulare, (misurati usando la citometria a flusso), ed anche meno efficienti nella secrezione di molecole antinfiammatorie rispetto alle cellule del secondo gruppo. In merito a ciò la stessa Sara Konstantin Nissen ha proseguito spiegando: "Il sistema immunitario funziona in un delicato equilibrio. Da un lato pulisce i microrganismi invasivi e gli accumuli di proteine ​​indesiderate, (come l'alfa-sinucleina), e lo fa creando una condizione infiammatoria. Ma d'altro canto, il sistema immunitario deve anche evitare di danneggiare le cellule del corpo con la troppa infiammazione, ed apparentemente questo equilibrio va storto nel caso del morbo di Parkinson. Negli ambienti di ricerca si ritiene che le cellule immunitarie nel sangue, che contengono o esprimono un determinato recettore chiamato CD163 sulla loro superficie, migrino nel cervello dei pazienti con il Parkinson. Si è sempre pensato che le cellule immunitarie aiutino a ripulire gli accumuli di alfa-sinucleina che danneggiano il cervello, ma con questo nuovo studio si suggerisce ora che le cellule in questione siano già regolate in modo errato nel flusso sanguigno, prima di raggiungere il cervello. Questo ci porta a credere che potrebbe essere possibile, almeno, rallentare la degenerazione dei neuroni nel cervello dei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson regolando il sistema immunitario con la medicina". Comunque sia la studiosa ha, infine, concluso sottolineando: "Oltre a spianare la strada a farmaci supplementari per i pazienti a cui è già stato diagnosticato il Parkinson, il nostro studio suggerisce nuovi modi per prevenire o ritardare lo sviluppo della patologia. Ciò può essere ottenuto tenendo d'occhio le persone che hanno un rischio maggiore di sviluppare il morbo di Parkinson come, ad esempio, quelle persone con diagnosi di disturbo del comportamento del sonno REM, (noto anche con la sigla RBD), vale a dire una malattia in cui i pazienti agiscono in modo vivido nei loro sogni. Fare uno screening a tutti per vedere i cambiamenti nelle cellule immunitarie del sangue sarebbe inutile. Tuttavia sappiamo che oltre la metà di coloro che soffrono di questo disturbo del sonno sviluppa anche la malattia di Parkinson anni dopo, quindi questo è un punto di partenza ovvio. Altri studi hanno mostrato che l'infiammazione nel corpo può essere ridotta usando l'esercizio fisico come una forma di trattamento, il quale potrebbe quindi ridurre il rischio di ammalarsi. Tuttavia ciò richiede un cambiamento di visione tra i medici ed i neurologi, perché dovranno trattare il morbo di Parkinson come più di un semplice disturbo cerebrale".

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