A quanto pare l'obesità può causare danni nel cervello, soprattutto in quello degli adolescenti; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere alcuni ricercatori della Radiological Society of North America attraverso uno studio presentato in queste settimane in occasione dell'incontro annuale della stessa società. In pratica durante tale ricerca gli scienziati hanno usato l'imaging a risonanza magnetica su un gruppo di adolescenti affetti dalla patologia in questione ed hanno trovato segni di danni che potrebbero essere correlati all'infiammazione del cervello. In sostanza, come già ampiamente noto, l'obesità nei giovani è diventata un grave problema di salute pubblica e, secondo recenti dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il numero di neonati e bambini in sovrappeso o obesi di età pari o inferiore a 5 anni è aumentato a livello globale da 32 milioni nel 1990 a 41 milioni nel 2016. Ad ogni modo, sebbene risulta essere principalmente associata all'aumento di peso, recenti prove hanno suggerito che questa condizione può innescare un'infiammazione nel sistema nervoso che a sua volta potrebbe danneggiare importanti regioni del cervello. Inoltre gli attuali sviluppi nella risonanza magnetica, (come, ad esempio, l'imaging con tensore di diffusione o DTI, vale a dire una tecnica che tiene traccia della diffusione dell'acqua lungo i tratti di sostanza bianca che trasportano il segnale del cervello), hanno permesso alla comunità scientifica di studiare direttamente tali danni. Non a caso per il suddetto nuovo lavoro gli studiosi hanno confrontato i risultati DTI di 59 adolescenti obesi e 61 adolescenti sani di età compresa tra 12 e 16 anni ed hanno derivato una misura chiamata anisotropia frazionaria, (nota anche con la sigla FA), la quale risulta essere correlata alla condizione della sostanza bianca del cervello. Difatti i risultati emersi dalla ricerca in questione hanno mostrato che una riduzione della FA, (riscontrata negli adolescenti obesi in regioni situate nel corpo calloso, ossia un fascio di fibre nervose che collega gli emisferi sinistro e destro del cervello), indicava un aumento del danno nella sostanza bianca. Tra l'altro la riduzione della FA è stata rilevata anche nel giro orbitofrontale medio, cioè una regione del cervello correlata al controllo emotivo ed al circuito di ricompensa; mentre nessuna delle regioni cerebrali nei pazienti obesi aveva un aumento della FA. Al riguardo Pamela Bertolazzi, una delle principali autrici, ha affermato: "Abbiamo riscontrato cambiamenti cerebrali negli adolescenti obesi legati ad importanti regioni responsabili del controllo dell'appetito, delle emozioni e delle funzioni cognitive". Per di più i ricercatori hanno osservato che questo modello di danno era correlato ad alcuni marker infiammatori come la leptina, un ormone prodotto dalle cellule adipose che aiuta a regolare i livelli di energia e le riserve di grasso. Non è un caso che in alcune persone obese il cervello non risponde a tale ormone, facendoli continuare a mangiare nonostante le loro riserve di grasso siano adeguate o eccessive: si tratta di una condizione conosciuta come resistenza alla leptina che fa sì che le cellule adipose producano ancora più leptina. Comunque sia gli scienziati hanno anche scoperto che un peggioramento della condizione della sostanza bianca era anche associato ai livelli di insulina, un ben noto ormone prodotto nel pancreas che aiuta a regolare i livelli di zucchero nel sangue: spesso le persone obese soffrono, infatti, di insulinoresistenza, ovvero uno stato in cui il corpo è resistente agli effetti di tale ormone. A tal proposito la stessa Pamela Bertolazzi ha proseguito spiegando: "Le nostre mappe hanno mostrato una correlazione positiva tra i cambiamenti del cervello e gli ormoni come la leptina e l'insulina. Inoltre abbiamo trovato un'associazione positiva con i marker infiammatori, che ci porta a credere in un processo di neuroinfiammazione oltre all'insulinoresistenza ed alla resistenza alla leptina". Ed ha, infine, concluso dichiarando: "Sono necessari ulteriori studi per determinare se questa infiammazione nei giovani con obesità è una conseguenza dei cambiamenti strutturali nel cervello. In futuro vorremmo ripetere la risonanza magnetica cerebrale in questi adolescenti dopo un trattamento multiprofessionale per la perdita di peso per valutare se i cambiamenti del cervello sono reversibili oppure no".
A quanto pare l'obesità può causare danni nel cervello, soprattutto in quello degli adolescenti; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere alcuni ricercatori della Radiological Society of North America attraverso uno studio presentato in queste settimane in occasione dell'incontro annuale della stessa società. In pratica durante tale ricerca gli scienziati hanno usato l'imaging a risonanza magnetica su un gruppo di adolescenti affetti dalla patologia in questione ed hanno trovato segni di danni che potrebbero essere correlati all'infiammazione del cervello. In sostanza, come già ampiamente noto, l'obesità nei giovani è diventata un grave problema di salute pubblica e, secondo recenti dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il numero di neonati e bambini in sovrappeso o obesi di età pari o inferiore a 5 anni è aumentato a livello globale da 32 milioni nel 1990 a 41 milioni nel 2016. Ad ogni modo, sebbene risulta essere principalmente associata all'aumento di peso, recenti prove hanno suggerito che questa condizione può innescare un'infiammazione nel sistema nervoso che a sua volta potrebbe danneggiare importanti regioni del cervello. Inoltre gli attuali sviluppi nella risonanza magnetica, (come, ad esempio, l'imaging con tensore di diffusione o DTI, vale a dire una tecnica che tiene traccia della diffusione dell'acqua lungo i tratti di sostanza bianca che trasportano il segnale del cervello), hanno permesso alla comunità scientifica di studiare direttamente tali danni. Non a caso per il suddetto nuovo lavoro gli studiosi hanno confrontato i risultati DTI di 59 adolescenti obesi e 61 adolescenti sani di età compresa tra 12 e 16 anni ed hanno derivato una misura chiamata anisotropia frazionaria, (nota anche con la sigla FA), la quale risulta essere correlata alla condizione della sostanza bianca del cervello. Difatti i risultati emersi dalla ricerca in questione hanno mostrato che una riduzione della FA, (riscontrata negli adolescenti obesi in regioni situate nel corpo calloso, ossia un fascio di fibre nervose che collega gli emisferi sinistro e destro del cervello), indicava un aumento del danno nella sostanza bianca. Tra l'altro la riduzione della FA è stata rilevata anche nel giro orbitofrontale medio, cioè una regione del cervello correlata al controllo emotivo ed al circuito di ricompensa; mentre nessuna delle regioni cerebrali nei pazienti obesi aveva un aumento della FA. Al riguardo Pamela Bertolazzi, una delle principali autrici, ha affermato: "Abbiamo riscontrato cambiamenti cerebrali negli adolescenti obesi legati ad importanti regioni responsabili del controllo dell'appetito, delle emozioni e delle funzioni cognitive". Per di più i ricercatori hanno osservato che questo modello di danno era correlato ad alcuni marker infiammatori come la leptina, un ormone prodotto dalle cellule adipose che aiuta a regolare i livelli di energia e le riserve di grasso. Non è un caso che in alcune persone obese il cervello non risponde a tale ormone, facendoli continuare a mangiare nonostante le loro riserve di grasso siano adeguate o eccessive: si tratta di una condizione conosciuta come resistenza alla leptina che fa sì che le cellule adipose producano ancora più leptina. Comunque sia gli scienziati hanno anche scoperto che un peggioramento della condizione della sostanza bianca era anche associato ai livelli di insulina, un ben noto ormone prodotto nel pancreas che aiuta a regolare i livelli di zucchero nel sangue: spesso le persone obese soffrono, infatti, di insulinoresistenza, ovvero uno stato in cui il corpo è resistente agli effetti di tale ormone. A tal proposito la stessa Pamela Bertolazzi ha proseguito spiegando: "Le nostre mappe hanno mostrato una correlazione positiva tra i cambiamenti del cervello e gli ormoni come la leptina e l'insulina. Inoltre abbiamo trovato un'associazione positiva con i marker infiammatori, che ci porta a credere in un processo di neuroinfiammazione oltre all'insulinoresistenza ed alla resistenza alla leptina". Ed ha, infine, concluso dichiarando: "Sono necessari ulteriori studi per determinare se questa infiammazione nei giovani con obesità è una conseguenza dei cambiamenti strutturali nel cervello. In futuro vorremmo ripetere la risonanza magnetica cerebrale in questi adolescenti dopo un trattamento multiprofessionale per la perdita di peso per valutare se i cambiamenti del cervello sono reversibili oppure no".
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