Di recente alcuni ricercatori del Walter and Eliza Hall Institute of Medical Research e del National Human Genome Research Institute, attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Nature, hanno annunciato di aver identificato la causa genetica di una malattia autoinfiammatoria che finora era sconosciuta. In pratica gli scienziati hanno determinato che la malattia autoinfiammatoria in questione, che hanno definito come sindrome CRIA, (acronimo di cleavage-resistant RIPK1-induced autoinflammatory), risulta essere causata da una mutazione in un componente critico della morte cellulare chiamato, appunto, RIPK1. Al riguardo Najoua Lalaoui, una delle principali autrici della ricerca, ha affermato: "I percorsi di morte cellulare hanno sviluppato una serie di meccanismi integrati che regolano i segnali infiammatori e la morte cellulare, perché l'alternativa è così potenzialmente pericolosa. Comunque in questa malattia, la mutazione nell'RIPK1 sta oltrepassando tutti i normali controlli ed equilibri esistenti, causando morte ed infiammazione incontrollata delle cellule". In sostanza, come già risaputo, le malattie autoinfiammatorie sono causate da un'attivazione anormale del sistema immunitario, che porta ad episodi ricorrenti di febbre ed infiammazione, i quali a loro volta possono danneggiare gli organi vitali. Ad ogni modo nel loro lavoro gli studiosi hanno descritto dei pazienti appartamenti a tre famiglie con una storia di febbre alta episodica e linfonodi ingrossati e dolorosi, i quali presentavano una serie di sintomi infiammatori che sono iniziati durante l'infanzia e sono proseguiti fino all'età adulta. In merito a ciò Steven Boyden, altro principale autore, ha spiegato: "Il primo indizio che la malattia era collegata alla morte cellulare è stato quando abbiamo approfondito gli esomi dei pazienti, (ovvero la parte del genoma che codifica per tutte le proteine del corpo). Abbiamo sequenziato l'intero esoma di ogni paziente e scoperto mutazioni uniche nello stesso amminoacido dell'RIPK1 in ciascuna delle tre famiglie. È notevole, come un fulmine che colpisce tre volte nello stesso posto. Ognuna delle tre mutazioni ha lo stesso risultato, (cioè quello di bloccare la scissione dell'RIPK1), che mostra quanto tale processo sia importante per mantenere la normale funzione della cellula". Mentre la stessa Najoua Lalaoui ha proseguito aggiungendo: "Abbiamo dimostrato che i topi con mutazioni dell'RIPK1 nella stessa posizione dei pazienti con sindrome CRIA avevano una simile esacerbazione dell'infiammazione". Comunque sia i ricercatori hanno trattato i pazienti con la suddetta nuova sindrome impiegando una serie di farmaci anti-infiammatori, (tra cui alte dosi di corticosteroidi e sostanze biologiche), ed hanno osservato che, sebbene alcuni dei pazienti siano notevolmente migliorati con un inibitore dell'interleuchina-6, altri avevano risposto meno bene oppure avevano avuto degli effetti collaterali significativi. A tal proposito Dan Kastner, altro principale responsabile dello studio in questione, ha commentato: "Comprendere il meccanismo molecolare con cui la sindrome CRIA provoca l'infiammazione offre l'opportunità di arrivare alla radice del problema. Gli inibitori dell'RIPK1, (già disponibili su base di ricerca), possono fornire un approccio mirato, una "medicina di precisione" al trattamento dei pazienti. La scoperta della sindrome CRIA suggerisce anche un possibile ruolo dell'RIPK1 in un ampio spettro di malattie umane, (come colite, artrite e psoriasi)". Invece John Silke, altro autore principale, ha, infine, concluso dichiarando: "L'RIPK1 è una molecola potente. La cellula ha sviluppato un modo di gestire i suoi effetti, che include la suddivisione dell'RIPK1 in due pezzi per "disarmare" la molecola e fermare la sua attività infiammatoria. In questa malattia autoinfiammatoria, le mutazioni impediscono che la molecola si divida in due parti, risultando nella morte e nell'infiammazione incontrollate delle cellule. RIPK1 è una proteina complessa, con un ruolo complicato nei percorsi di morte cellulare. Le mutazioni nell'RIPK1 possono guidare sia troppa infiammazione, (come nelle malattie autoinfiammatorie ed autoimmuni), sia una scarsa infiammazione, con conseguente immunodeficienza. Tuttavia c'è ancora molto da imparare sui vari ruoli dell'RIPK1 nella morte cellulare, e su come possiamo colpire efficacemente l'RIPK1 per curare la malattia".
Di seguito un breve video pubblicato dagli stessi scienziati:
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