Osservato che le cellule immunitarie possono danneggiare l'integrità della barriera emato-encefalica.


Si sa, la barriera emato-encefalica è uno strato di cellule che copre i vasi sanguigni nel cervello e regola l'ingresso di molecole dal sangue nel cervello: degli aumenti della "permeabilità" di questa barriera o della misura in cui le molecole penetrano in essa, comportano diversi disturbi neurologici e psichiatrici; pertanto comprendere la regolazione della sua permeabilità è cruciale per sviluppare terapie migliori per tali disturbi. Ed in questo senso recentemente alcuni ricercatori della Nagoya University Graduate School of Medicine, durante uno studio pubblicato su Nature Communications,  hanno scoperto che le cellule della microglia, le cellule immunitarie residenti del cervello che inizialmente proteggono la barriera emato-encefalica dai danni dovuti alla cosiddetta "infiammazione sistemica", (una condizione di infiammazione cronica associata a fattori come il fumo, l'invecchiamento ed il diabete, la quale può portare ad un aumentato rischio di disturbi neurodegenerativi), possono cambiare il loro comportamento ed aumentare, appunto, la permeabilità della barriera in questione, andandola così a danneggiarla. Al riguardo Hiroaki Wake, uno dei principali autori della ricerca, ha affermato: "È noto da tempo che le cellule della microglia può attivarsi a causa di un'infiammazione sistemica. Quindi ci siamo interessati alla domanda se le cellule della microglia possono regolare la permeabilità della barriera emato-encefalica". In pratica gli scienziati hanno condotto alcuni esperimenti su dei topi da laboratorio geneticamente modificati per produrre proteine ​​fluorescenti nelle cellule in questione; il che ha permesso loro di utilizzare una tecnica chiamata "imaging a due fotoni" per studiare le interazioni proprio tra le cellule della microglia e la barriera emato-encefalica. Inoltre gli studiosi hanno anche iniettato in questi topi delle molecole fluorescenti in grado di passare attraverso tale barriera solamente se quest'ultima era sufficientemente danneggiata da essere abbastanza permeabile: osservando le posizioni di queste molecole fluorescenti e le interazioni delle cellule della microglia, i ricercatori hanno potuto studiare le interazioni microgliali con la barriera emato-encefalica e la permeabilità della stessa in varie condizioni. Tra l'altro, come già anticipato, un punto di interesse chiave per lo studio è stata l'infiammazione sistemica indotta iniettando nei topi una sostanza per indurla: si è trattato di iniezioni che hanno comportato il movimento delle cellule della microglia nei vasi sanguigni ed hanno, appunto, aumentato la permeabilità della barriera nel giro di pochi giorni. Così facendo gli scienziati sono arrivati alla conclusione che, come già detto, le suddette cellule immunitarie inizialmente hanno agito per proteggere la barriera emato-encefalica e limitare gli aumenti della permeabilità, ma che con il progredire dell'infiammazione hanno invertito il loro comportamento attaccando i componenti della barriera stessa, aumentandone la permeabilità: la successiva fuoriuscita di molecole nel cervello ha avuto il potenziale per causare un'infiammazione diffusa nel cervello ed il conseguente danno ai neuroni. Ad ogni modo questi risultati hanno mostrato chiaramente che le cellule della microglia svolge un duplice ruolo nel regolare la permeabilità della barriera emato-encefalica. In merito a ciò lo stesso Hiroaki Wake ha proseguito dichiarando: "Miriamo ad identificare obiettivi terapeutici basati sulle cellule della microglia per regolare la permeabilità della barriera emato-encefalica, perché i farmaci progettati per tali obiettivi possono essere utilizzati per trattare le malattie neurologiche e psichiatriche frenando le risposte infiammatorie nel cervello". Comunque sia, come hanno fatto sapere gli studiosi, le risposte infiammatorie incontrollate nel cervello possono causare una serie di disturbi cognitivi ed effetti neurologici avversi ed i farmaci che colpiscono le cellule della microglia possono aiutare i pazienti ad evitare tali problemi preservando l'integrità della barriera emato-encefalica. Per di più, anche se saranno necessari ulteriori studi per comprendere meglio i processi alla base dei comportamenti microgliali osservati in questo studio, i risultati ottenuti offrono una speranza per lo sviluppo di terapie che potrebbero "forzare" le cellule immunitarie in questione a promuovere l'integrità della barriera emato-encefalica ed impedire, infine, la loro transizione a comportamenti che danneggiano la barriera stessa.

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