Scoperta una nuova origine alla base della psicosi.


Apparentemente la psicosi potrebbe essere causata da problemi con delle cellule nervose specializzate nel profondo del cervello, nonché da un certo tipo di comportamento di apprendimento; o almeno questa è la conclusione a cui sono arrivati alcuni ricercatori dell'International Research Center for Neurointelligence, (noto anche con la sigla IRCN), della Graduate School of Medicine dell'Università di Tokyo e della Graduate School of Informatics dell'Università di Kyoto a seguito di un loro recente studio condotto su modello murino e pubblicato sulla rivista Nature, il quale potrebbe fornire informazioni sull'emergere di delusioni nei pazienti con psicosi o schizofrenia con l'obiettivo di trovare modi per aiutarli. In pratica, come già risaputo, la psicosi è una condizione psicologica debilitante con una lunga storia: descritto negli scritti medici di Ippocrate già nel IV secolo a.C., lo stato psicotico di allucinazioni, delusioni e pensieri disordinati rappresenta una minaccia esistenziale per una mente umana afflitta. Tuttavia gli scienziati nipponici hanno ora proposto che la psicosi implichi una segnalazione neuronale difettosa in un'area cerebrale profonda, (chiamato striato ventrale), durante un comportamento denominato "apprendimento della discriminazione". In sostanza per arrivare a tale conclusione gli studiosi hanno osservato il modo in cui i topi predicevano le ricompense future nel loro ambiente, vale a dire un comportamento noto come "apprendimento della ricompensa" e che è condiviso anche dagli umani ed altri mammiferi: si tratta di un tipo di apprendimento che comporta il rilascio di un messaggero chimico, (ovvero la dopamina), in una proteina del recettore della dopamina D1, (noto anche con la sigla RDD1), per segnalare l'anticipazione di una ricompensa. Oltretutto, durante le loro analisi, i ricercatori hanno cercato un secondo segnale di dopamina che si verifica solo quando la ricompensa anticipata non si materializza in quella che viene denominata "omissione della ricompensa". Entrando un po' più nei dettagli gli scienziati sospettavano che questo segnale di "omissione della ricompensa" esistesse, appunto, nei neuroni dell'area dello striato ventrale che contengono una controparte del RDD1, (cioè il ricettore della dopamina D2 o RDD2), il quale risulta essere il principale recettore del cervello per quasi tutti i farmaci antipsicotici utilizzati fino ad oggi: difatti sono riusciti a dimostrare che l'omissione della ricompensa innesca un segnale in questi neuroni, (chiamato dopamine dip), che consiste in un calo dei livelli di dopamina che dura meno di un secondo. Insomma, per esplorare la connessione tra queste diminuzioni e l'apprendimento della discriminazione, gli studiosi hanno usato per la prima volta sofisticate tecnologie optogenetiche per aumentare o diminuire artificialmente i livelli di dopamina ed hanno misurato gli effetti su come i topi stimavano le ricompense. Al riguardo Sho Yagishita, uno dei principali autori dello studio sperimentale di revisione paritaria in questione, ha spiegato: "Inizialmente abbiamo osservato che gli abbassamenti hanno causato l'espansione di alcune strutture sinaptiche chiamate spine e l'invio di segnali all'interno dei neuroni RRD2. Abbiamo cercato per diversi anni prima di scoprire che l'apprendimento della discriminazione era il processo cognitivo che perfeziona l'apprendimento della ricompensa dopo i dopamine dip". Inoltre per stabilire un legame con la psicosi, i ricercatori hanno somministrato un noto farmaco che induce tale condizione psicologica, (ossia la metanfetamina), ed hanno constatato che sia l'apprendimento della discriminazione che i dopamine dip risultavano essere alterati: di conseguenza i topi mostravano risposte comportamentali e dopaminiche esagerate anche quando non veniva presentata alcuna ricompensa, (come accade nella psicosi umana). In merito a ciò lo stesso Sho Yagishita ha proseguito dichiarando: "Se la segnalazione RRD2 e l'apprendimento della discriminazione sono compromessi, i soggetti potrebbero non essere in grado di assegnare un significato appropriato agli oggetti o alle persone nel loro ambiente e le loro paure o insicurezze potrebbero colmare il vuoto. Ad esempio, le delusioni persecutorie derivano dalla sbagliata assegnazione di intenti malevoli ad estranei che non rappresentano una minaccia". Ad ogni modo gli scienziati hanno sostenuto che questi risultati potrebbero aprire una finestra precedentemente sconosciuta sulla psicosi: i loro dati hanno, infatti, mostrato che un farmaco antipsicotico che blocca l'attività dell'RRD2 potrebbe invertire gli effetti di uno che induce psicosi ripristinando specificamente i dopamine dip e l'apprendimento della discriminazione a livelli normali. Insomma, per farla breve la loro ipotesi è che una compromissione dell'apprendimento della discriminazione può comportare l'incapacità di prevedere con precisione l'ambiente, portando ad evidenti sintomi di psicosi o schizofrenia. A tal proposito Haruo Kasai, altro principale responsabile della suddetta ricerca, ha commentato: "Il cervello sembra avere una capacità intrinseca per la fantasia o il pensiero delirante, ma ci sono controlli integrati come l'apprendimento della discriminazione RRD2 che ci aiutano a correggere i nostri giudizi errati. Il nostro studio solleva la possibilità che quando questi controlli correttivi si rompono, possiamo rischiare di perdere il contatto con la realtà e di entrare in una spirale discendente di patologia". Ed ha, infine, concluso affermando: "Speriamo di costruire un modello di apprendimento generale per soddisfare i disturbi clinici della cognizione che può anche portare a nuovi principi per l'intelligenza artificiale di prossima generazione".

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