Negli ultimi anni gli scienziati di tutto il mondo hanno condotto più di 100 studi clinici nella speranza di trovare nuovi indicatori in grado di diagnosticare il morbo di Alzheimer prima della manifestazione di sintomi clinici, (come la caratteristica perdita di memoria), e sebbene il deterioramento comportamentale lieve, (noto anche con la sigla MBI e caratterizzato da cambiamenti nei normali schemi di comportamento negli anziani), fosse già stato suggerito come un possibile indicatore, finora il suo ruolo non era ancora stato validato. Tuttavia nel corso di uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Alzheimer's and Dementia, alcuni ricercatori del McGill University Research Center for Studies in Aging, guidati da Firoza Lussier, hanno scoperto che l'MBI potrebbe benissimo fornire importanti indizi sulle prime fasi della demenza. In pratica al fine di verificare l'associazione tra il deterioramento comportamentale lieve e le prime fasi della malattia di Alzheimer, gli scienziati hanno utilizzato tecniche di imaging per misurare i depositi di placche amiloidi, (ossia composti da una proteina al centro della patologia in questione), nel cervello di quasi 100 anziani cognitivamente sani con diversi gradi di MBI, i quali avevano preso parte alla coorte Translational Biomarkers in Aging and Dementia, (conosciuto anche con l'acronimo TRIAD). Al riguardo Pedro Rosa-Neto, uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha affermato: "Il design unico della coorte TRIAD della McGill consente a giovani scienziati come Firoza di scoprire l'impatto delle malattie in cui specifiche proteine sono diventate anormali sul comportamento umano". Ad ogni modo questa è stata la prima volta che un gruppo di ricerca ha indagato sul legame tra l'MBI ed i biomarcatori del morbo di Alzheimer negli individui anziani. In merito a ciò la stessa Firoza Lussier ha, infatti, spiegato: "Abbiamo scoperto che la presenza e la gravità dell'MBI in questi individui cognitivamente sani erano fortemente associati alla presenza di placche amiloidi nel cervello, che è uno dei primi cambiamenti patologici nelle prime fasi dell'Alzheimer". Tra l'altro gli studiosi hanno anche notato che il deterioramento comportamentale lieve potrebbe potenzialmente fungere come un "proxy" interessante per i medici nella diagnosi del morbo di Alzheimer prima dell'inizio dei sintomi: ciò potrebbe essere fatto con l'aiuto del Mild Behavioural Impairment Checklist, (noto anche con la sigla MBI-C), vale a dire uno strumento utilizzato per codificare i sintomi dei disturbi mentali attribuibili alle malattie del sistema nervoso nelle popolazioni pre-demenza. A tal proposito Serge Gauthier, altro principale autore dello studio in questione ha concluso dichiarando: "Questo è uno studio importante perché può aiutare ad identificare le persone che hanno un rischio maggiore di progressione della malattia di Alzheimer impiegando una scala clinica di facile utilizzo sviluppata in Canada dal dott. Zahinoor Ismail e già disponibile in tutto il mondo". Comunque sia adesso i ricercatori si sono detti speranzosi nel poter condurre ulteriori studi di imaging longitudinale per verificare, infine, se l'MBI è predittivo dei cambiamenti nei biomarcatori dell'Alzheimer.
Negli ultimi anni gli scienziati di tutto il mondo hanno condotto più di 100 studi clinici nella speranza di trovare nuovi indicatori in grado di diagnosticare il morbo di Alzheimer prima della manifestazione di sintomi clinici, (come la caratteristica perdita di memoria), e sebbene il deterioramento comportamentale lieve, (noto anche con la sigla MBI e caratterizzato da cambiamenti nei normali schemi di comportamento negli anziani), fosse già stato suggerito come un possibile indicatore, finora il suo ruolo non era ancora stato validato. Tuttavia nel corso di uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Alzheimer's and Dementia, alcuni ricercatori del McGill University Research Center for Studies in Aging, guidati da Firoza Lussier, hanno scoperto che l'MBI potrebbe benissimo fornire importanti indizi sulle prime fasi della demenza. In pratica al fine di verificare l'associazione tra il deterioramento comportamentale lieve e le prime fasi della malattia di Alzheimer, gli scienziati hanno utilizzato tecniche di imaging per misurare i depositi di placche amiloidi, (ossia composti da una proteina al centro della patologia in questione), nel cervello di quasi 100 anziani cognitivamente sani con diversi gradi di MBI, i quali avevano preso parte alla coorte Translational Biomarkers in Aging and Dementia, (conosciuto anche con l'acronimo TRIAD). Al riguardo Pedro Rosa-Neto, uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha affermato: "Il design unico della coorte TRIAD della McGill consente a giovani scienziati come Firoza di scoprire l'impatto delle malattie in cui specifiche proteine sono diventate anormali sul comportamento umano". Ad ogni modo questa è stata la prima volta che un gruppo di ricerca ha indagato sul legame tra l'MBI ed i biomarcatori del morbo di Alzheimer negli individui anziani. In merito a ciò la stessa Firoza Lussier ha, infatti, spiegato: "Abbiamo scoperto che la presenza e la gravità dell'MBI in questi individui cognitivamente sani erano fortemente associati alla presenza di placche amiloidi nel cervello, che è uno dei primi cambiamenti patologici nelle prime fasi dell'Alzheimer". Tra l'altro gli studiosi hanno anche notato che il deterioramento comportamentale lieve potrebbe potenzialmente fungere come un "proxy" interessante per i medici nella diagnosi del morbo di Alzheimer prima dell'inizio dei sintomi: ciò potrebbe essere fatto con l'aiuto del Mild Behavioural Impairment Checklist, (noto anche con la sigla MBI-C), vale a dire uno strumento utilizzato per codificare i sintomi dei disturbi mentali attribuibili alle malattie del sistema nervoso nelle popolazioni pre-demenza. A tal proposito Serge Gauthier, altro principale autore dello studio in questione ha concluso dichiarando: "Questo è uno studio importante perché può aiutare ad identificare le persone che hanno un rischio maggiore di progressione della malattia di Alzheimer impiegando una scala clinica di facile utilizzo sviluppata in Canada dal dott. Zahinoor Ismail e già disponibile in tutto il mondo". Comunque sia adesso i ricercatori si sono detti speranzosi nel poter condurre ulteriori studi di imaging longitudinale per verificare, infine, se l'MBI è predittivo dei cambiamenti nei biomarcatori dell'Alzheimer.
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