Scovata una nuova classe di recettori del gusto.


A quanto pare le proteine ​​multiple dell'opsina, (note da decenni per essere necessarie per la vista), funzionano anche come recettori del gusto; o almeno questo è quanto hanno scoperto alcuni ricercatori dell'Università della California, Santa Barbara nel corso di uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology, sollevando degli interrogativi sullo scopo che queste proteine ​​servivano negli organismi antichi. Al riguardo Craig Montell, uno dei principali autori, ha affermato: "Questo è il primo esempio di ruolo delle opsine nel gusto o in qualsiasi forma di sensazione chimica". In pratica, come già noto ai più esperti, alla fine del 1800 gli scienziati scoprirono il ruolo fotosensibile della rodopsina, (che in parole semplici consiste in un'opsina legata alla retina, una forma di vitamina A), e da allora è diventata il recettore sensoriale più studiato. Inoltre fino a poco tempo fa si credeva che la famiglia delle proteine ​​della rodopsina fosse coinvolta solo nella ricezione della luce, ma nel 2011 lo stesso Craig Montell e i suoi colleghi hanno scoperto che un'opsina consente al Drosophila melanogaster, (comunemente noto come moscerino della frutta), di rilevare piccoli sbalzi di temperatura all'interno della sua "gamma confortevole". In sostanza, come già risaputo, gli animali hanno molti tipi di proteine ​​sensoriali che rispondono agli stimoli dell'ambiente: alcuni richiedono un forte stimolo, (come, ad esempio, il calore bollente), per attivarsi; mentre le rodopsine sono in grado di rispondere a cambiamenti molto sottili oppure a livelli molto bassi di stimoli, (come, per esempio, quelli in condizioni di luce molto fioca), e quindi possono avviare una cascata molecolare che amplifica il segnale, attivando una risposta sensoriale. Ad ogni modo nel corso della loro ricerca gli studiosi hanno usato l'acido aristolochico, (un composto tossico e amaro trovato in alcune piante), per esaminare i recettori del gusto nei moscerini ed hanno osservato che alte concentrazioni di questa sostanza chimica amara attivavano i neuroni del gusto degli insetti in questione aprendo direttamente una proteina di canale chiamata TRPA1, la quale consente al calcio ed al sodio di penetrare nelle cellule: questo porta ad un gusto amaro che gli animali tendono ad evitare. Tuttavia i moscerini della frutta evitano anche l'acido aristolochico altamente diluito, che non è un segnale abbastanza forte per aprire direttamente i canali. Inoltre i ricercatori sospettavano che le molecole di opsina potessero essere al lavoro anche per rilevare sottili segnali chimici, attraverso un processo di amplificazione del segnale, e perciò hanno messo i moscerini davanti ad una scelta tra zucchero da solo e zucchero arricchito con acido aristolochico diluito: non è stata una sorpresa vedere gli insetti respingere lo zucchero con la suddetta sostanza chimica amara e preferire lo zucchero puro. In ogni caso successivamente gli scienziati hanno deciso di allevare dei moscerini con mutazioni genetiche che impedivano loro di sintetizzare diverse proteine ​​di opsina: così facendo hanno rilevato che gli esemplari con difetti in uno dei tre tipi di opsine non erano in grado di rilevare le piccole concentrazioni di acido aristolochico e mangiavano quantità quasi uguali sia di zucchero arricchito con il composto amaro in questione che di zucchero puro. Nonostante ciò però gli animali "mutanti" erano ancora sensibili alle grandi quantità del composto amaro, che continuavano ad evitare: secondo quanto hanno fatto sapere gli esperti, questo avveniva perché le grandi quantità della sostanza amara attivavano direttamente il canale TRPA1, che era ancora presente nei suddetti moscerini privati delle opsine. Insomma, in questo modo gli studiosi hanno dimostrato che l'acido aristolochico è capace di attivare queste opsine legandosi allo stesso sito a cui normalmente si attacca il retinale nella rodopsina. Tra l'altro si è visto anche che, come già anticipato, proprio come le rodospine accese da una luce molto fioca, le opsine attivate chimicamente avviavano una cascata molecolare che a sua volta amplificava i piccoli segnali, il che ha consentito agli insetti presi in esame di rilevare concentrazioni del composto che altrimenti non sarebbero stati sufficienti da innescare una risposta nei loro neuroni sensoriali. In merito a ciò Craig Montell ha proseguito dichiarando: "I rodopsini sono stati scoperti nel lontano 1870, quindi scoprire che le opsine hanno un ruolo nel gusto dopo circa 150 anni è piuttosto eccitante". Ed ha poi aggiunto: "La chemorecezione potrebbe essere stata il ruolo originale delle proteine ​​dell'opsina. La ricezione chimica è un requisito di base più fondamentale per la vita rispetto alla ricezione della luce. Sapere cosa mangiare e quali sostanze chimiche pericolose evitare serve ad una funzione di sopravvivenza più antica della capacità di rilevare la luce. Forse un retinale si legò per caso ad una opsina conferendole sensibilità alla luce". Comunque sia dopo che nel 2011 gli stessi ricercatori avevano scoperto che le opsine funzionano nella percezione delle temperature, un altro gruppo di esperti aveva rilevato che, sempre nei moscerini della frutta, queste proteine svolgono un ruolo anche nell'udito; ed adesso con la dimostrazione che le opsine fungono da recettori del gusto, gli scienziati hanno ipotizzato che possano essere coinvolte anche in altri sensi. A tal proposito lo stesso Craig Montell ha, infine, concluso spiegando: "In ogni caso forniscono un meccanismo per rilevare bassi livelli di stimoli avviando una cascata di amplificazione. Questa nuova scoperta probabilmente si estende oltre le moscerini e le conseguenze sono che forse le opsine rappresentano una nuova classe di recettori del gusto nei mammiferi, compresi gli umani: ipotesi che attualmente stiamo studiando".

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