A quanto pare le piastrine non svolgono soltanto un ruolo chiave nella coagulazione del sangue, ma possono anche intensificare significativamente i processi infiammatori; o almeno questo è quanto hanno scoperto alcuni ricercatori dell'Institute of Innate Immunity, (in collaborazione con l'Instituto René Rachou, l'Universidade Federal de Mato Grosso, il Cedars-Sinai Medical Center, l'University of Massachusetts Medical School, il German Center for Neurodegenerative Diseases e la School of Medicine of Ribeirão Preto), nel corso di un recente studio pubblicato su Cell Reports ed i cui risultati potrebbero aprire la strada a nuovi modi per curare le malattie autoimmuni. In pratica per molto tempo il ruolo delle piastrine è apparso chiaro: in caso di lesione aderiscono alla ferita e si attaccano l'un l'altra per fermare l'emorragia, in un meccanismo che funziona in modo rapido ed efficiente. Tuttavia da alcuni anni questa immagine ha iniziato a cambiare considerevolmente: ricerche precedenti hanno ritenuto che queste minuscole cellule, (ciascuna delle dimensioni delle dimensioni di un batterio intestinale), svolgano importanti funzioni, appunto, anche per quanto riguarda il sistema immunitario. Ed in tal senso, come già anticipato, il suddetto nuovo lavoro è andato a supporto di quest'ultima teoria: i risultati ottenuti dagli scienziati hanno, infatti, mostrato che le piastrine fanno sì che i globuli bianchi secernano notevolmente più messaggeri infiammatori. Al riguardo Bernardo Franklin, uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha affermato: "È possibile che questo effetto contribuisca al decorso spesso grave delle malattie autoimmuni. Queste sono malattie in cui il sistema immunitario attacca e distrugge il tessuto del corpo stesso". In sostanza durante le loro analisi gli studiosi si sono concentrati maggiormente su un importante meccanismo immunitario, vale a dire l'attivazione dell'inflammasoma NLRP3: gli inflammasomi sono macchine molecolari costituite da un numero di diverse proteine e, tra le altre cose, sono in grado di convertire i messaggeri infiammatori inattivi nella loro forma attiva. Inoltre tra questi vi è l'interleuchina 1, (noto anche con la sigla IL-1): quando le cellule secernono questa citochina fanno appello ad altre cellule immunitarie per aiutare e quindi innescare una forte reazione infiammatoria, ma poiché ciò può anche diventare pericoloso per il corpo l'attività degli inflammasomi, (e quindi anche la formazione dell'IL-1), deve essere rigorosamente regolata. In merito a ciò Lucas Secchim Ribeiro, altro principale responsabile dello studio in questione, ha proseguito dichiarando: "Adesso siamo stati in grado di dimostrare che le piastrine interferiscono con questo regolamento. Inducono alcuni globuli bianchi, (i macrofagi ed i granulociti neutrofili), a formare inflammasomi più attivi". Per di più i ricercatori hanno osservato che per svolgere questo compito le piastrine rilasciano un intero cocktail di sostanze che si diffondono ai globuli bianchi ed, una volta lì, si assicurano anche che alcuni geni necessari per la costruzione degli inflammasomi siano espressi più frequentemente: si tratta di un effetto che non richiede alle piastrine di entrare in contatto diretto con i macrofagi o i granulociti, permettendo loro di rilasciare sostanze attive nell'ambiente, (come, ad esempio, nel sangue). A tal proposito lo stesso Lucas Secchim Ribeiro ha continuato spiegando: "Per dimostrarlo abbiamo incubato piastrine umane in laboratorio e poi le abbiamo filtrate, in modo che il fattore piastrinico potesse essere presente nel terreno di coltura. Quando abbiamo aggiunto questo mezzo piastrinico ai globuli bianchi umani, la formazione di inflammasomi e la produzione dell'IL-1 sono state notevolmente potenziate". Tuttavia, sebbene non è ancora noto quale delle sostanze rilasciate dalle piastrine siano responsabili di questo processo, l'effetto è stato supportato anche dalle successive osservazioni in alcuni pazienti affetti da malaria: si è scoperto che più piastrine hanno, maggiore è la concentrazione dell'IL-1 nel plasma di tali individui. Tra l'altro gli scienziati hanno anche ridotto sperimentalmente il numero di piastrine nei topi ed hanno notato che gli animali rilasciavano significativamente meno IL-1 dopo le iniezioni di composti infiammatori. Ad ogni modo considerando che l'IL-1 promuove l'infiammazione, la sostanza messaggera può peggiorare in modo considerevole il decorso delle malattie autoimmuni; anche se lo stesso Bernardo Franklin ha voluto precisare che in quest'ambito non bisognerebbe avere una visione unilaterale delle piastrine come "cattive": quest'ultime intervengono, infatti, anche in altri modi nella risposta immunitaria, (come, ad esempio, la prevenzione dello sviluppo di sepsi potenzialmente letale dopo un'infezione), e, come già anticipato, indipendentemente da ciò tali risultati potrebbero aprire la strada a nuove terapie per malattie, (come, ad esempio, i reumatismi o il diabete). Comunque sia, secondo gli studiosi, un messaggio importante delle recenti analisi sarebbe di natura più generale: i globuli isolati in coltura spesso si comportano in modo molto diverso rispetto al loro ambiente naturale, dove comunicano con numerose altre cellule. Difatti al riguardo Bernardo Franklin ha, infine, concluso sostenendo: "Gli esperimenti in provetta pertanto non forniscono una visione completa dei processi che avvengono nel corpo. Tuttavia la maggior parte della ricerca sugli inflammasomi si basa su di essi, il che è un dato di fatto che dovremmo ripensare. Dopotutto le piastrine possono rivelare le loro ulteriori funzioni immunitarie solo insieme ai globuli bianchi".
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