Recentemente un team di astronomi dell'European Southern Observatory, (noto anche con la sigla ESO), dell'Astronomical Institute of Academy of Sciences of the Czech Republic e del CHARA Array of Georgia State University, attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics, ha annunciato di aver scoperto un buco nero a soli, (si fa per dire), 1.000 anni luce dalla Terra: si tratta del buco nero più vicino al Sistema Solare di qualsiasi altro trovato fino ad oggi e fa parte di un sistema triplo che può essere visto anche ad occhio nudo. In pratica per trovare le prove dell'esistenza di tale corpo astronomico invisibile i ricercatori hanno rintracciato le sue due stelle compagne usando il telescopio MPG/ESO: secondo quanto hanno spiegato, questo sistema triplo potrebbe essere soltanto la punta dell'iceberg, dato che in futuro potrebbero essere trovati molti altri buchi neri simili. Al rigurdo Petr Hadrava, uno dei principali autri della suddetta ricerca, ha affermato: "Siamo rimasti totalmente sorpresi quando ci siamo resi conto che questo è il primo sistema stellare con un buco nero che può essere visto ad occhio nudo". In sostanza, come già anticipato, il sistema di cui fa parte l'oggetto celeste appena trovato si trova nella costellazione del Telescopio ed è così vicino la pianeta Terra che le sue stelle possono essere, infatti, viste dall'emisfero sud in una notte buia e chiara senza l'utilizzo di binocoli o telescopi. In merito a ciò Thomas Rivinius, altro principale reponsabile del lavoro in questione, ha detto: "Questo sistema contiene il buco nero più vicino alla Terra che conosciamo". Ad ogni modo entrando un po' più nei dettagli gli scienziati hanno inizialmente osservato il suddetto sistema triplo, (chiamato HR 6819), nel corso di un altro studio sui sistemi a doppia stella; ma, durante le analisi delle loro osservazioni, hanno rilevato un terzo corpo precedentemente non scoperto, (ossia un buco nero): gli esami con lo spettrografo FEROS montato sul telescopio MPG/ESO hanno mostrato che una delle due stelle visibili orbita attorno ad un oggetto invisibile ogni 40 giorni; mentre la seconda stella si trova ad una grande distanza da questa coppia interna. A tal proposito Dietrich Baade, altro principale autore della ricerca, ha spiegato: "Le osservazioni necessarie per determinare il periodo di 40 giorni dovevano essere distribuite su diversi mesi. Ciò era possibile solo grazie al pionieristico sistema di osservazione dei servizi dell'ESO in base al quale vengono formulate osservazioni da parte del personale dell'ESO per conto degli scienziati che ne hanno bisogno". Tra l'altro, anche se questo buco nero nascosto in HR 6819 è uno dei primissimi buchi neri a massa stellare che non interagiscono violentemente con il loro ambiente e, quindi, appaiono davvero neri, gli studiosi potrebbero individuare la sua presenza e calcolare la sua massa analizzando l'orbita della stella nella coppia interna. Al riguardo lo stesso Thomas Rivinius ha sostenuto: "Un oggetto invisibile con una massa almeno 4 volte quella del Sole non può che essere un buco nero". Insomma, ad oggi gli astronomi hanno individuato solo un paio di dozzine di buchi neri nella Via Lattea e quasi tutti interagiscono fortemente con il loro ambiente e fanno conoscere la loro presenza rilasciando potenti raggi X in questa interazione. Tuttavia i ricercatori stimano che durante la vita della galassia molte altre stelle sono crollate in buchi neri una volta raggiunto il termine della loro vita: come già anticipato, la scoperta di un buco nero silenzioso ed invisibile nel sistema HR 6819 ha, infatti, fornito indizi su dove potrebbero essere i molti buchi neri nascosti nella Via Lattea. In merito a ciò Thomas Rivinius ha proseguito spiegando: "Ci devono essere centinaia di milioni di buchi neri là fuori, ma ne conosciamo solo pochissimi. Sapere cosa cercare dovrebbe metterci in una posizione migliore per trovarli"; mentre lo stesso Dietrich Baade ha aggiunto: "Trovare un buco nero in un sistema triplo così vicino indica che stiamo vedendo solo "la punta di un emozionante iceberg"". Per di più gli studiosi credono che la loro scoperta potrebbe far luce su un secondo sistema; difatti a tal proposito Marianne Heida, altra responsabile del lavoro in questione, ha dichiarato: "Ci siamo resi conto che un altro sistema, (chiamato LB-1), potrebbe essere anch'esso triplo, anche se avremmo bisogno di più osservazioni per dirlo con certezza. LB-1 è un po' più lontano dalla Terra ma ancora abbastanza vicino in termini astronomici, quindi ciò significa che probabilmente esistono molti più di questi sistemi. Trovandoli e studiandoli possiamo imparare molto sulla formazione e l'evoluzione di quelle rare stelle che iniziano la loro vita con oltre 8 volte la massa del Sole e la terminano in un'esplosione di supernova che lascia un buco nero". In ogni caso, secondo quanto hanno fatto sapere gli esperti, le scoperte di questi sistemi tripli con una coppia interna ed una stella distante potrebbero fornire anche indizi sulle violente fusioni cosmiche che rilasciano onde gravitazionali abbastanza potenti da poter essere rilevate sulla Terra: alcuni astronomi ritengono, infatti, che tali fusioni possano avvenire in sistemi con una configurazione simile ad HR 6819 o LB-1, ma nei quali la coppia interna è costituita da due buchi neri o da un buco nero ed una stella di neutroni ed in cui l'oggetto esterno distante può avere un impatto sulla coppia interna in modo tale da innescare una fusione ed il rilascio di onde gravitazionali. Comunque sia sebbene HR 6819 e LB-1 abbiano solo un buco nero e nessuna stella di neutroni, questi sistemi potrebbero, infine, aiutare a capire come possono verificarsi collisioni stellari nei sistemi a tre stelle.
Di seguito una breve animazione del sistema triplo HR 6819:
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