Osservato in che modo la solitudine modifica il cervello e la percezione delle relazioni.


Che la solitudine potesse avere effetti collaterali sulla salute fisica e mentale non è di certo una novità assoluta, tuttavia di recente alcuni ricercatori dell'Università di Stanford e del Dartmouth College, grazie ad un nuovo studio pubblicato sulla rivista JNeurosci, hanno rilevato che questa condizione può alterare il modo in cui il cervello interpreta le relazioni. In pratica, come già mostrato da ricerche precedenti, una regione del cervello chiamata corteccia prefrontale mediale, (nota anche con la sigla mPFC), mantiene una mappa strutturata dei circoli sociali di una persona, basata sulla vicinanza. Ad ogni modo nel corso delle loro analisi gli scienziati hanno rilevato che le persone che soffrono di solitudine spesso percepiscono un divario tra loro e gli altri, il quale si riflette proprio sui modelli di attività dell'mPFC. In sostanza per arrivare a tale conclusione sono serviti della risonanza magnetica funzionale per esaminare l'attività cerebrale dei partecipanti mentre pensavano a sé stessi, agli amici intimi, ai conoscenti ed alle celebrità, ed hanno visto che ad ogni categoria di pensiero corrispondeva un diverso modello di attività nell'mPFC: uno per sé stessi, uno per le proprie reti sociali, (ovvero sia per gli amici più stretti che per i conoscenti), ed uno per le persone famose. Insomma, per farla breve, gli studiosi hanno scoperto che più la relazione risultava essere "vicina", più il modello assomiglia a quello registrato quando i partecipanti pensavano a sé stessi. Tuttavia, come già anticipato, questi schemi cerebrali differivano per gli individui più soli: l'attività legata al pensiero di sé stessi era abbastanza diversa di quella relativa al pensiero degli altri, la quale però era più simile tra le suddette categorie sociali; in altre parole, i ricercatori hanno osservato che le persone più solitarie hanno una rappresentazione neurale "più solitaria" delle proprie relazioni. Comunque sia al riguardo Andrea Leigh Courtney e Meghan Meyer, le autrici dello studio in questione, hanno, infine, spiegato: "La connessione sociale è fondamentale per il benessere, ma non è chiaro come il cervello rifletta il nostro attaccamento alle persone. Abbiamo scoperto che il cervello sociale stratifica le rappresentazioni neurali delle persone in base alla nostra connessione soggettiva con esse, raggruppando separatamente le persone che fanno parte oppure no della nostra rete sociale. Inoltre le persone a cui ci sentiamo più vicini sono rappresentate più vicine a noi stessi. Infine gli individui più solitari sembravano avere un'autorappresentazione neurale "più solitaria" nell'mPFC, poiché la solitudine attenuava la vicinanza tra sé stessi e le altre rappresentazioni neurali in questa regione. Il cervello sociale sembra mappare i nostri legami interpersonali e le alterazioni in questa mappa possono aiutare a spiegare perché gli individui solitari approvano dichiarazioni come «le persone sono intorno a me, ma non con me»".

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