Sebbene la presenza dei globuli bianchi nel cervello sia stata una questione controversa per lungo tempo ed ormai, (quasi), accertata, il loro ruolo all'intero di quest'organo rimane tuttora un mistero; anche se in uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista Cell, un team internazionale di ricercatori ha annunciato di aver scoperto per la prima volta una popolazione di cellule immunitarie specializzate residenti nel cervello sia dei topi che degli esseri umani, ed hanno mostrato, (per il momento solo su modello murino), che la loro presenza risulta essere essenziale per il normale sviluppo cerebrale. In pratica, come già noto, il cervello gode di una protezione speciale da ciò che circola nel resto del corpo grazie alla famosa barriera emato-encefalica, vale a dire una sorta di confine altamente selettivo che si assicura che il passaggio dal sangue al cervello sia strettamente regolato e che separa anche il cervello dal sistema immunitario del resto dell'organismo: non è un caso, infatti, che tale organo possieda le sue cellule immunitarie, (chiamate microglia), le quali si formano durante lo sviluppo embrionale e successivamente diventano auto-rinnovanti, e che innescano l'infiammazione e la riparazione dei tessuti. Tuttavia in passato è stato scoperto che i globuli bianchi, (che fanno parte del sistema immunitario), possono svolgere un ruolo più o meno rilevante in diverse malattie del cervello, (tra cui, ad esempio, la sclerosi multipla, la malattia di Alzheimer ed il morbo di Parkinson ed anche l'ictus). Inoltre, come già anticipato, se i globuli bianchi possono essere trovati anche nei cervelli sani e cosa potrebbero farci al loro interno, è stato oggetto di intensi dibattiti; motivo per il quale adesso il gruppo internazionale di scienziati ha deciso di iniziare a trovare delle risposte abbastanza concrete. Al riguardo Oliver Burton, del Babraham Institute, nonché uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha affermato: "Un malinteso sui globuli bianchi deriva dal loro nome. Queste "cellule immunitarie" non sono solo presenti nel sangue. Circolano costantemente attorno al nostro corpo ed entrano in tutti i nostri organi, incluso, (a quanto pare), il cervello. Stiamo solo iniziando a scoprire cosa fanno i globuli bianchi quando lasciano il sangue. Questa ricerca indica che agiscono da intermediario, trasferendo informazioni dal resto del corpo all'ambiente cerebrale". In sostanza per arrivare a tale conclusione gli studiosi hanno quantificato e caratterizzato una piccola ma distinta popolazione di cellule T helper residenti nel cervello presenti nel topo e nel tessuto cerebrale umani: le nuove tecnologie hanno permesso loro di analizzare queste cellule in modo molto dettagliato, compresi i processi attraverso i quali le cellule T circolanti sono entrate nel cervello ed hanno iniziato a sviluppare le loro caratteristiche. In merito a ciò Carlos Roca, anch'esso del Babraham Institute e principale responsabile delle analisi, ha spiegato: "La scienza sta diventando sempre più multidisciplinare. Qui non abbiamo solo apportato competenze in immunologia, neuroscienze e microbiologia, ma anche in informatica e matematica applicata. Nuovi approcci per l'analisi dei dati ci consentono di raggiungere un livello molto più profondo di comprensione della biologia dei globuli bianchi che abbiamo trovato nel cervello". Ad ogni modo entrando un po' più nei dettagli i ricercatori hanno scoperto che quando le cellule T helper sono assenti dal cervello di topo le microglia rimanevano sospese tra uno stato di sviluppo fetale ed adulto: a livello osservazionale gli esemplari privati delle cellule T cerebrali mostravano molteplici cambiamenti nel loro comportamento. Tra l'altro, come già detto, il nuovo lavoro in questione ha indicato anche un ruolo importante per le cellule T residenti nel cervello nello sviluppo cerebrale di questi animali; il che potrebbe valere pure per gli esseri umani. A tal proposito Adrian Liston, del Babraham Institute e del VIB-KU Leuven Cnter for Brain & Disease Research, nonché altro principale autore dello studio, ha dichiarato: "Nei topi l'ondata di ingresso delle cellule immunitarie alla nascita innesca un cambiamento nello sviluppo del cervello. Tuttavia gli esseri umani hanno una gestazione molto più lunga dei topi e non conosciamo i tempi di entrata delle cellule immunitarie nel cervello. Ciò si verifica prima della nascita? È ritardato fino a dopo la nascita? Un cambiamento nei tempi di entrata ha contribuito all'evoluzione della maggiore capacità cognitiva nell'uomo?". Mentre Emanuela Pasciuto, anch'essa del VIB-KU Leuven Center for Brain & Disease Reaserch e principale responsabile degli esami, ha poi aggiunto: "È stato davvero emozionante lavorare su questo progetto. Stiamo imparando così tanto su come il nostro sistema immunitario può alterare il nostro cervello e su come il nostro cervello modifica il nostro sistema immunitario. I due sono molto più interconnessi di quanto pensassimo in precedenza". Per di più successivamente lo stesso Adrian Liston ha concluso sostenendo: "Ora ci sono più collegamenti tra i batteri nel nostro intestino e diverse condizioni neurologiche, ma senza alcuna spiegazione convincente per ciò che li collega. Abbiamo osservato che i globuli bianchi vengono modificati dai batteri intestinali, e quindi portano queste informazioni con loro nel cervello. Questa potrebbe essere la via attraverso la quale il nostro microbioma intestinale influenza il cervello". Comunque sia nel loro complesso i risultati ottenuti contribuiscono al crescente riconoscimento del ruolo delle cellule immunitarie nel cervello e fanno luce, infine, sul loro coinvolgimento in una serie di malattie neurologiche.
Di seguito un breve video che riassume un po' il tutto:
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