Mostrato che l'apatia può aiutare a prevedere la demenza.


Sembra proprio che l'apatia possa offre un importante segnale di allarme precoce riguardante la demenza nei soggetti affetti da malattie cerebrovascolari, mentre la depressione no; o almeno questo è quanto hanno fatto sapere alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge, del King's College London, del Radboud University Medical Center e dell'Università di Oxford per mezzo di un loro nuovo studio pubblicato di recente sul Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry, il quale ha rappresentato il primo lavoro ad esaminare le relazioni, appunto, tra apatia, depressione e demenza in soggetti colpiti dalla malattia dei piccoli vasi cerebrali, (ovvero una patologia nota anche con la sigla SVD, che può verificarsi in un individuo anziano su tre, e che è la causa più comune di demenza vascolare nonché di circa un quarto di tutti gli ictus). In pratica per arrivare a tali conclusioni gli scienziati hanno analizzato i dati raccolti da due studi di coorte indipendenti di pazienti affetti da SVD, (uno dal Regno Unito e l'altro dai Paesi Bassi), ed in entrambi hanno scoperto che sia gli individui con apatia basale più elevata sia quelli con apatia crescente nel tempo, avevano un rischio maggiore di sviluppare la demenza; mentre, al contrario, né la depressione basale né i cambiamenti nella depressione non hanno avuto alcuna influenza rilevabile sul rischio di demenza. Al riguardo gli stessi autori della suddetta ricerca hanno affermato: "La depressione è spesso considerata un fattore di rischio per la demenza, ma ciò può essere dovuto al fatto che alcune scale di depressione utilizzate da clinici e ricercatori valutano parzialmente l'apatia". Tra l'altro tali risultati sono risultati essere coerenti nonostante la variazione della gravità dei sintomi dei partecipanti, suggerendo che potrebbero essere generalizzati in un ampio spettro di casi di SVD: la relazione tra apatia e demenza è, infatti, rimasta anche dopo il controllo di altri fattori di rischio ben consolidati per questo disturbo, (tra cui, ad esempio, l'età, il livello di istruzione e la cognizione). In merito a ciò Jonathan Tay, uno dei principali responsabili del nuovo lavoro, ha dichiarato: "Sono state condotte molte ricerche contrastanti sull'associazione tra la depressione tardiva e la demenza. Il nostro studio suggerisce che potrebbe essere parzialmente dovuto a scale cliniche comuni della depressione che non fanno distinzione tra depressione ed apatia". In sostanza, come già noto, l'apatia, (definita come una riduzione del "comportamento diretto all'obiettivo"), è un sintomo neuropsichiatrico comune nell'SVD ed è distinta dalla depressione, la quale a sua volta è un altro sintomo della suddetta malattia: sebbene vi sia una certa sovrapposizione sintomatica tra queste due condizioni, gli studiosi hanno osservato che i dati ottenuti tramite l'imaging a risonanza magnetica collegavano l'apatia, (ma non la depressione), con i danni alla rete della sostanza bianca che si manifestano proprio nel corso dell'SVD. A tal proposito lo stesso Jonathan Tay ha proseguito spiegando: "Il monitoraggio continuo dell'apatia può essere utilizzato per valutare i cambiamenti nel rischio di demenza ed informare sulla diagnosi. Gli individui identificati come affetti da apatia elevata o da apatia che aumenta nel tempo, potrebbero essere inviati per esami clinici più dettagliati oppure essere raccomandati per il trattamento". Ad ogni modo entrando un po' più nei particolari durante i suddetti studi di coorte sono stati reclutati oltre 450 partecipanti, (tutti affetti da SVD), i quali sono stati valutati per apatia, depressione e demenza in un arco temporale durato diversi anni: da ciò emerso che nella coorte del Regno Unito quasi il 20% dei partecipanti aveva sviluppato la demenza; mentre in quella olandese questa percentuale è stata pari all'11%. Tuttavia in entrambi i lavori i pazienti che in seguito avevano sviluppato la demenza mostravano anche una maggiore apatia, ma livelli simili di depressione basale. Comunque sia è abbastanza chiaro come il nuovo studio in questione abbia gettato le basi per ulteriori ricerche, inclusi i meccanismi che collegano l'apatia, il deterioramento cognitivo vascolare e la demenza: un altro recente lavoro di risonanza magnetica ha, infatti, suggerito che simili reti di materia bianca sono alla base della motivazione e della funzione cognitiva nell'SVD. Per di più si è visto come la malattia cerebrovascolare, (che può essere causata da ipertensione e diabete), può portare a danni a tale rete, con conseguente forma precoce di demenza, che a sua volta presenta apatia e deficit cognitivi: con il passare del tempo la patologia correlata all'SVD, (che oltretutto va di pari passo con l'aumento del deficit cognitivo e motivazionale), può aumentare diventando abbastanza grave da soddisfare i criteri per un vero e proprio stato di demenza. Al riguardo Jonathan Tay ha, infine, concluso dichiarando: "Ciò implica che l'apatia non è un fattore di rischio per la demenza in sé, ma piuttosto un sintomo precoce del danno alla rete di sostanza bianca. Comprendere meglio queste relazioni potrebbe avere importanti implicazioni per la diagnosi ed il futuro trattamento dei pazienti".

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