In questi giorni alcuni ricercatori della Perelman School of Medicine, tramite uno studio pubblicato sulla rivista Neurology Genetics, hanno fatto sapere di aver scoperto per la prima volta che le mutazioni ereditarie in un particolare gene, (ovvero la distonina o DST), che mantiene intatte le cellule nervose sono anche il motore di una neuropatia chiamata Malattia di Charcot-Marie-Tooth, (nota anche con la sigla CMT e caratterizzata dalla perdita delle fibre nervose, o assoni, nelle cellule nervose periferiche): tali risultati, (ottenuti grazie ai dati raccolti da diversi gruppi di fratelli trattati dalla fine degli anni '80), presentano un quadro più chiaro delle basi genetiche di questa patologia che potrebbero aiutare nello sviluppo di terapie geniche per correggerla. Inoltre gli scienziati hanno anche rilevato che le suddette mutazioni possono influenzare due isoforme proteiche chiave, (ossia la BPAG1-a2 e la BPAG1-b2), le quali sono coinvolte nella funzione delle fibre nervose: precedentemente le mutazioni in altre isoforme della stessa proteina sono state correlate ad una malattia della pelle con vesciche. In pratica, come già noto, le neuropatie sono comuni e si verificano in quasi la metà di tutti i pazienti diabetici; mentre quelle ereditarie colpiscono quasi una persona su 2.000: tra queste c'è, appunto, la CMT, vale a dire una malattia neurodegenerativa debilitante che di solito colpisce nella seconda o terza decade di vita e lascia i pazienti con intorpidimento e debolezza delle mani e dei piedi, ed altre condizioni neurologiche. Ad ogni modo nel corso del tempo sono state trovate più di 100 mutazioni associate a tale neuropatia, e probabilmente ne esistono molte che ancora non sono state scovate. Al riguardo Steven Scherer, uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha dichiarato: "Siamo determinati a riempire gli spazi vuoti di questo gigantesco puzzle. Quest'ultimo documento è solo uno dei tanti esempi di come sono avvenuti progressi tra i pazienti ed i medici della Penn ed il sostegno di diverse organizzazioni ed istituzioni per mettere tutto insieme". In sostanza per entrare un po' più nei particolari gli studiosi hanno applicato il sequenziamento dell'intero esoma per analizzare le oltre 30 milioni coppie di basi di DNA che codificano per 20.000 proteine nell'uomo: esaminando tre fratelli, (due affetti dalla malattia in questione ed uno no), sono stati in grado di dedurre la base genetica delle mutazioni che hanno portato i due fratelli ad ammalarsi. Tra l'altro, basandosi sui dati raccolti da un modello murino nel corso di studi precedenti che hanno mostrato un ruolo della distonina nelle neuropatie, i ricercatori hanno identificato come colpevoli due mutazioni recessive sul gene DST, (che normalmente dà origine a proteine che regolano
l'organizzazione e la stabilità della rete di microtubuli dei neuroni
sensoriali per consentire il trasporto di diverso materiale cellulare
lungo le fibre nervose), ciascuna ricevuta da un genitore biologico: si è visto che insieme queste due mutazioni nei fratelli colpiti interrompevano le isoforme BPAG1-a2 e BPAG1-b2; il che indeboliva la loro salute assonale. In merito a ciò lo stesso Steven Scherer ha proseguito affermando: "Abbiamo collaborato con questa famiglia per 30 anni, ed ora abbiamo finalmente una risposta. E la risposta è stata una nuova causa genetica della neuropatia". Comunque sia adesso, come già anticipato, tali risultati potrebbero portare allo sviluppo di nuove terapie mirate e terapie geniche CMT progettate per sostituire i geni mancanti o correggere le mutazioni alla base di questa malattia: secondo gli scienziati, infatti, gli studi clinici per indagare su queste ultime mutazioni ed altre non sarebbero così tanto lontani nel futuro, in particolare in un'istituzione come l'Università della Pennsylvania, che ospita la seconda più grande clinica nel Paese per pazienti CMT, ben nota per il suo programma di terapia genica. A tal proposito Steven Scherer ha, infine, concluso spiegando: "Siamo nell'era in cui sono possibili trattamenti per le malattie genetiche. Fratelli e sorelle colpiti da CMT trarranno beneficio da questo approccio perché conosciamo il gene che manca e, se potessimo sostituirlo, ciò dovrebbe almeno impedire la progressione della loro malattia".
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