Tradizionalmente le neuroscienze considerano il cervello come composto da due tipi di tessuto di base: miliardi di neuroni costituiscono la materia grigia, i quali formano un sottile strato sulla superficie del cervello e sono collegati tra loro in una rete di centinaia di milioni di connessioni di materia bianca, che funzionano in fasci di fibre nervose più in profondità nel cervello. Inoltre, sebbene indagini precedenti avevano suggerito che fosse coinvolta in condizioni devastanti come il morbo di Alzheimer e l'autismo, fino a poco tempo fa non si sapeva molto sull'interfaccia tra la materia bianca e la materia grigia, (ovvero la cosiddetta materia bianca superficiale), perché mancavano i metodi per studiarla nei cervelli umani viventi. Tuttavia adesso un team internazionale è riuscito nell'intento, rendendo per la prima volta visibile tale materia nel corso di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science Advances. Al riguardo Evgeniya Kirilina, del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences, una delle principali autrici, ha affermato: "Abbiamo dimostrato che la materia bianca superficiale contiene molto ferro. È noto che il ferro è necessario per il processo di mielinizzazione". In pratica, come già risaputo, la mielina è ciò che rende bianca la materia bianca e rappresenta il rivestimento di grasso degli assoni che accelera la trasmissione delle informazioni attraverso il cervello: il processo di mielinizzazione può avvenire per tutta la durata della vita, ma è predominante durante lo sviluppo. Difatti la più grande concentrazione di ferro che i ricercatori hanno trovato era proprio nella materia bianca superficiale nelle regioni della corteccia frontale, che non a caso è la struttura a sviluppo più lento nel cervello umano, e che incredibilmente non risulta essere completamente mielinizzata fino al quarto decennio di vita. In sostanza gli scienziati hanno ottenuto un tale risultato grazie all'utilizzo dell'imaging a risonanza magnetica ad altissima intensità di campo: mentre i tipici scanner clinici a risonanza magnetica funzionano a 1,5 o 3 tesla, quello usato per le suddette analisi funziona addirittura a 7 tesla. Questo, in combinazione con un modello biofisico avanzato, ha permesso agli studiosi di creare mappe ad altissima risoluzione del confine tra materia bianca e grigia all'intero di un cervello vivente: si tratta, infatti, di mappe submillimetriche con un'accuratezza valutata rispetto ai metodi istologici classici ed avanzati che prevedono la dissezione fisica e l'analisi del cervello post mortem. A tal proposito la stessa Evgeniya Kirilina ha, infine, concluso dichiarando: "Il nostro metodo promette molti ulteriori approfondimenti sull'organizzazione dell'interfaccia tra materia bianca e grigia. Speriamo che possa essere usato per aumentare la nostra comprensione dello sviluppo del cervello e delle condizioni patologiche che coinvolgono la materia bianca superficiale".
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