Confermata l'età e la velocità di espansione dell'Universo.


In questi giorni un gruppo internazionale di astronomi si è servito dell'Osservatorio ALMA, nel deserto cileno di Atacama, per effettuare nuove osservazioni riguardanti la più antica luce dell'Universo e, grazie anche ad un po' di geometria cosmica, sono arrivati alla conclusione che il cosmo ha 13,77 miliardi di anni, con un'incertezza di circa 40 milioni di anni; il che ha aggiunto una nuova conferma al dibattito relativo all'età dell'Universo ancora in corso nella comunità dell'astrofisica. In pratica questa nuova stima, pubblicata sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics e che ha utilizzato i dati raccolti dall'Atacama Cosmology Telescope, (noto anche con la sigla ACT), della National Science Foundation, corrisponde a quella fornita dal modello standard dell'Universo, così come alle misurazioni della stessa luce effettuate dal Planck Surveyor dell'Agenzia Spaziale Europea, che ha misurato i residui del Big Bang dal 2009 al 2013. Ad ogni modo nel 2019 un altro team di ricerca che stava misurando i movimenti delle galassie aveva calcolato che il cosmo è centinaia di milioni di anni più giovane di quanto era stato precedentemente previsto dal team del satellite Planck: questa discrepanza aveva suggerito che potrebbe essere necessario un nuovo modello per l'universo ed aveva suscitato preoccupazioni sul fatto che una delle serie di misurazioni potrebbe essere errata. Al riguardo Simone Aiola, ricercatore del Flatiron Institute's Center for Computational Astrophysics, nonché uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha affermato: "Ora abbiamo trovato una risposta in cui il Planck e l'ACT si trovano d'accordo. Ciò dimostra che queste difficili misurazioni sono affidabili". Tra l'altro la conferma dell'età dell'Universo ha rivelato anche la velocità di espansione del cosmo, (ovvero un numero quantificato dalla costante di Hubble): le misurazioni dell'ACT hanno, infatti, suggerito una costante di Hubble di 67,6 km/s per megaparsec; il che significa che un oggetto ad 1 megaparsec, (ovvero circa 3,26 milioni di anni luce), dalla Terra si sta allontanando a 67,6 km/s a causa dell'espansione dell'Universo. In sostanza si tratta di un risultato che ha concordato quasi esattamente con la precedente stima di 67,4 km/s per megaparsec calcolata dal team del satellite Planck, ma che si è dimostrato essere più lento dei 74 km/s per megaparsec dedotti dalle passate misurazioni delle galassie. In merito a ciò Steve Choi, scienziato della Cornell University ed altro principale responsabile dalle analisi, ha dichiarato: "Non avevo una particolare preferenza per un valore specifico: sarebbe stato interessante in un modo o nell'altro. Abbiamo trovato un tasso di espansione che è proprio sulla stima del team del satellite Planck. Questo ci dà più fiducia nelle misurazioni della luce più antica dell'Universo". Mentre Michael Niemack, anche lui della Cornell University ed uno dei principali autori dell'indagine in questione, ha poi aggiunto: "La discrepanza tra le misurazioni suggerisce che o manca qualcosa nel nostro modello cosmologico oppure che c'è qualcosa di sbagliato nelle misurazioni". Comunque sia sebbene diverse misurazioni dell'Universo locale abbiano trovato una costante di Hubble notevolmente più alta, questa è la prima volta che due misurazioni indipendenti della radiazione cosmica di fondo, (conosciuta anche con l'acronimo CMB e che segna un tempo di 380.000 anni dopo la nascita dell'Universo, quando protoni ed elettroni si sono uniti per formare i primi atomi: prima di quel tempo il cosmo era opaco alla luce), hanno trovato costanti di Hubble consistentemente più basse. A tal proposito lo stesso Michael Niemack ha, infine, concluso spiegando: "La crescente tensione tra queste misurazioni della costante di Hubble, lontane rispetto a quelle locali, suggerisce che potremmo essere sul punto di una nuova scoperta nella cosmologia che potrebbe cambiare la nostra comprensione di come funziona l'Universo. Inoltre ciò evidenzia anche l'importanza di migliorare le nostre misurazioni della CMB con l'ACT, così come i futuri progetti del Simons Observatory e del CCAT-prime che attualmente stiamo costruendo".

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