Smentita l'associazione tra i livelli bassi di vitamina D ed un rischio più alto di diabete mellito di tipo 1.


A quanto pare i livelli di vitamina D geneticamente determinati non hanno un grande effetto sul rischio di diabete mellito di tipo 1 negli europei; o almeno questo è quanto hanno scoperto recentemente alcuni ricercatori dell'Università di Montreal, dell'Università della California, San Francisco, dell'Univerità di Bristol, della McMaster University e della McGill University durante uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista PLOS Medicine. In pratica è ormai cosa nota che il diabete è una malattia autoimmune relativamente comune che costringe gli individui che ne sono affetti ad una notevole condizione patologica per tutta la vita e ad un significativo onere economico: la sua incidenza è in continuo aumento in tutto il mondo ed al momento non ci sono interventi conosciuti che possano essere utilizzati per prevenirlo in modo efficace. Inoltre, nonostante nel corso degli anni diverse ricerche osservazionali abbiano associato la carenza di vitamina D al diabete mellito di tipo 1, finora nessuna analisi controllata randomizzata, (conosciuta anche con l'acronimo RCT), ha trovato le prove di un eventuale effetto causale. Per questo motivo nel suddetto nuovo lavoro gli scienziati hanno usato un disegno di randomizzazione mendeliana, (ossia un metodo che si serve della variazione misurata nei geni correlati alla malattia per esaminare l'effetto causale di un'esposizione su quella stessa malattia), in modo da verificare se livelli geneticamente ridotti di vitamina D possano effettivamente aumentare il rischio di sviluppare il diabete mellito di tipo 1. Tra l'altro gli studiosi hanno esaminato due studi di associazione genome-wide, (noti anche con la sigla GWAS): uno riguardante la vitamina D che includeva 443.734 europei; e l'altro relativo alla suddetta tipologia di diabete, il quale includeva 9.358 casi e 15.705 soggetti facenti parte di un gruppo di controllo. Insomma, così facendo si è visto che, sebbene non sia stato rilevato nessun grande effetto dei livelli di vitamina D sul rischio di diabete mellito di tipo 1, potrebbero esistere effetti collaterali meno significativi, (ma non per questo meno importanti), e gli esiti potrebbero non essere applicabili a popolazioni non europee. Per di più i risultati ottenuti dai ricercatori hanno anche suggerito che le precedenti associazioni epidemiologiche tra vitamina D ed tale tipo di diabete potrebbero essere dovute a fattori confondenti, (come, per esempi, la latitudine e l'esposizione alla luce solare). Al riguardo Despoina Manousaki, una delle principali autrici dell'indagine in questione, ha, infine, spiegato: "I nostri risultati non supportano un grande effetto dei livelli di vitamina D sul diabete mellito di tipo 1, ma ci possono essere effetti più piccoli che non abbiamo potuto rilevare. Fino ad ulteriori prove da grandi RCT, non possiamo suggerire l'uso di integratori di vitamina D come strategia per prevenire il diabete mellito di tipo 1 in individui a rischio, (tra cui, ad esempio, fratelli o figli di persone con lo stesso tipo di diabete)".

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