Risolto il mistero di come fanno le cellule a riconoscere le loro dimensioni.


Per diversi anni la comunità scientifica mondiale ha cercato di capire come le cellule siano in grado di misurare e conoscere le loro dimensioni; cosa fondamentale poiché è ciò che regola la divisione cellulare in un organismo in crescita: secondo le varie supposizioni, quando le strutture microscopiche raddoppiano le loro dimensioni iniziano a dividersi, (una cellula si trasforma in due, due diventano quattro e così via), ed il processo si ripete finché un organismo non ha abbastanza cellule e poi si ferma. Tuttavia è stata proprio la catena di eventi che porta la divisione cellulare a stopparsi al momento giusto quello che finora ha confuso gli esperti di tutto il mondo: oltre ad essere un problema da manuale, la questione si riferisce ad una serie sfide mediche perché, come noto, le cellule che smettono di dividersi troppo presto possono causare difetti negli organismi in via di sviluppo; mentre la crescita cellulare incontrollata può portare a tumori o altri disturbi. Ad ogni modo adesso alcuni ricercatori del Lewis-Sigler Institute for Integrative Genomics e del Dartmouth College, attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology, hanno fornito una nuova risposta alla suddetta questione affrontando il problema al contrario: si sono, infatti, concentrati su quelle grandi cellule che riducono le loro dimensioni tramite la divisione fino a quando non si formano abbastanza cellule per passare ad altre fasi di sviluppo. Al riguardo Amanda Amodeo, una delle principali autrici, ha affermato: "L'embrione precoce è un luogo ideale per studiare il controllo delle dimensioni delle cellule. Le cellule con cui lavoriamo sono uova visibili all'occhio. Non hanno bisogno di crescere prima di dividersi, quindi ci permette di guardare le connessioni che sono oscurate nelle cellule adulte". In pratica, stando a quanto emerso dalle analisi, una quantità stabilita dell'istone H3 è caricata in un embrione prima della fecondazione e si consuma quando l'embrione si divide in più cellule: man mano che gli istoni vengono consumati per ospitare il crescente numero di nuclei, rilasciano l'enzima CHEK1 per legarsi con un'altra proteina, (chiamata CDC25), per fermare la moltiplicazione delle cellule; con l'istone fuori gioco l'enzima trova e disabilita la proteina che innesca la progressione del ciclo cellulare. In merito a ciò Yuki Shindo, altro principale responsabile della suddetta ricerca, ha spiegato: "La chiave del risultato della nostra ricerca è stata la possibilità che quantità insolitamente grandi dell'istone H3 possano alimentare l'enzima di stop. Una volta notato questo siamo stati in grado di testare questa idea in provetta, utilizzando delle uova di moscerino della frutta". In sostanza questo nuovo lavoro si è basato su vari studi precedenti, i quali avevano scoperto che esiste una costante biologica tra la dimensione di un genoma e la dimensione di una cellula: gli scienziati sapevano già che una volta raggiunto un punto di equilibrio le cellule avrebbero smesso di duplicarsi, ma, come già anticipato, fino ad ora non avevano compreso come le cellule potessero determinare tale rapporto. Insomma, per trovare la risposta a questo annoso dilemma, gli studiosi hanno, appunto, preso in esame alcune uova del moscerino della frutta: per via delle loro grandi dimensioni rispetto alle altre cellule, sono stati capaci di ottenere una prospettiva diversa sul ciclo cellulare. A tal proposito la stessa Amanda Amodei ha proseguito dichiarando: "Abbiamo avuto tutti i pezzi del puzzle per anni, ma non riuscivamo a metterli insieme. Una volta riconosciuto che l'H3 interagisce direttamente sia con il DNA che con il CHEK1, il lavoro è andato molto veloce. Tutto ha funzionato al primo tentativo, il che è un buon segno che l'ipotesi è giusta". Comunque sia considerando che le medesime molecole che controllano la divisione cellulare, (ossia l'istone H3, il CHEK1 e la CDC25), vengono tutte identificate nel cancro ed in altri disturbi, tale scoperta può aiutare a trovare risposte a domande concernenti sia lo sviluppo che la malattia. Al riguardo la stessa Yuki Shindo ha, infine, concluso sostenendo: "Originariamente eravamo curiosi di una domanda biologica di base su come le cellule in un uovo in crescita prendono la decisione di fermarsi al momento giusto. Ora siamo entusiasti del fatto che le nostre scoperte possono anche avere un'importante implicazione per un contesto più ampio come la malattia".

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