Si sa, la malaria è una malattia causata principalmente dai parassiti Plasmodium falciparum e Plasmodium vivax, (noti anche con la sigla P. vivax), e, secondo varie stime, risulta essere associata ad oltre 400.000 morti ogni anno in tutto il mondo. Tuttavia, sebbene in passato la milza sia stata ritenuta svolgere un ruolo principale nella distruzione di tali parassiti, (in quanto li elimina dopo il trattamento antimalarico), recentemente uno studio pubblicato sulla rivista PLOS Medicine da parte di un ampio gruppo internazionale di ricercatori ha suggerito che nel caso delle infezioni croniche da P. vivax gli organismi unicellulari responsabili della suddetta patologia riescono a sopravvivere e si replicano attraverso un ciclo di vita mai rilevato finora proprio all'interno di questo organo. In pratica nel corso dei loro esami gli scienziati hanno osservato che una grande biomassa di parassiti della malaria intatti ed allo stadio asessuato risultava essere accumulato nella milza di soggetti umani asintomatici infettati da P. vivax e, (nonostante i meccanismi alla base di questa intensa reazione sono tuttora sconosciuti), per comprendere meglio tale accumulo hanno esaminato il tessuto dell'organo in questione proveniente da 22 individui che erano stati esposti naturalmente al P. vivax ed al P. falciparum e che si erano sottoposti a splenectomia tra il 2015-2017: gli studiosi hanno successivamente analizzato anche la densità dell'infezione, quella dei parassiti e quella dei globuli rossi immaturi; nonché la loro distribuzione nella milza. Ad ogni modo così facendo i ricercatori hanno scoperto che il sopracitato organo umano rappesenta un serbatoio per i globuli rossi immaturi che vengono presi di mira dal P. vivax per l'invasione, e che il tessuto esaminato conteneva, appunto, una sostanziale biomassa nascosta di parassiti della malaria, con una densità che variava da centinaia a migliaia di volte superiori rispetto a quelle del sangue periferico circolante; il che ha messo in evidenza un ciclo di vita endosplenico non rilevabile nelle infezioni asintomatiche di P. vivax. Comunque sia ci sarebbe anche da dire però che questa nuova ricerca ha avuto diverse limitazioni, (tra cui, ad esempio, la piccola dimensione del campione e lo stato asintomatico di tutti gli individui reclutati); motivo per il quale i lavori futuri dovrebbero includere pure casi di malaria acuta e sintomatica. Al riguardo gli stessi autori dell'indagine in questione hanno, infine, spiegato: "I nostri risultati forniscono un importante contributo alla comprensione della biologia e della patologia della malaria e forniscono informazioni sugli adattamenti specifici dei P. vivax che si sono evoluti per massimizzare la sopravvivenza e la replicazione nella milza".
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