Ultimamente un team internazionale di ricercatori, tramite uno studio condotto su 11 pazienti in condizioni mediche misteriose e pubblicato sulla rivista Nature Medicine, ha annunciato di aver scoperto una nuova ed unica forma di Sclerosi Laterale Amiotrofica, (nota anche con la sigla SLA). In pratica a differenza della maggior parte dei casi riguardanti tale patologia, la forma appena rilevata ha iniziato ad attaccare i suddetti individui durante l'infanzia, è peggiorata più lentamente del solito ed è stata collegata ad un particolare gene, (chiamato SPTLC1), che fa parte del sistema di produzione di grasso del corpo: i risultati preliminari hanno suggerito che il silenziamento genetico dell'attività dell'SPTLC1 sarebbe una strategia efficace per combattere questo nuovo tipo di SLA. Al riguardo Carsten Bönnemann, esperto del National Institute of Neurological Disorders and Stroke, (o NINDS), nonché uno dei principali autori di questa ricerca, ha spiegato: "La SLA è una malattia paralizzante e spesso fatale che di solito colpisce persone di mezza età. Abbiamo scoperto che una forma genetica della malattia può anche minacciare i bambini. I nostri risultati mostrano per la prima volta che la SLA può essere causata da cambiamenti nel modo in cui il corpo metabolizza i lipidi. Speriamo che questi risultati aiutino i medici a riconoscere questa nuova forma di SLA e portino allo sviluppo di trattamenti che migliorino la vita di questi bambini e giovani adulti. Speriamo anche che i nostri risultati possano fornire nuovi indizi per comprendere e trattare altre forme della malattia". In sostanza da diversi anni gli scienziati stanno utilizzando tecniche genetiche avanzate per risolvere alcuni dei più misteriosi disturbi neurologici infantili in tutto il mondo e nel corso del suddetto nuovo lavoro hanno osservato scoperto che 11 di questi casi erano affetti da una forma di SLA legata a variazioni nella sequenza del DNA dell'SPLTC1, vale a dire un gene responsabile, appunto, della produzione di una diversa classe di grassi chiamati sfingolipidi. Inoltre gli studiosi non solo hanno trovato indizi su come le variazioni nel gene SPLTC1 portano alla SLA, ma hanno anche sviluppato una strategia per contrastare questi problemi. Insomma, entrando un po' più nei dettagli, le analisi sono iniziate con Claudia Digregorio, una giovane ragazza della regione Puglia il cui caso è risultato essere così grave che addirittura Papa Francesco le ha impartito una benedizione di persona al Vaticano prima che partisse per gli Stati Uniti per prendere parte alle indagini: come molti altri pazienti, Claudia aveva bisogno di una sedia a rotelle per muoversi e di un tubo di tracheostomia impiantato chirurgicamente per aiutare la respirazione. Ad ogni modo i vari test neurologici hanno rivelato che lei e gli altri pazienti avevano molte delle caratteristiche della SLA, compresi i muscoli gravemente indeboliti o paralizzati: quelli di alcuni pazienti hanno mostrato persino segni di atrofia, quando esaminati al microscopio o con scanner non invasivi. Tuttavia la sopracitata nuova forma di SLA sembrava essere diversa: sebbene la maggior parte dei soggetti riceva una diagnosi di tale condizione intorno ai 50-60 anni di età e successivamente la malattia peggiori così rapidamente che in genere i pazienti muoiono entro 3-5 anni dalla diagnosi, al contrario nel caso della SLA legata al gene SPLTC1 i sintomi iniziali, (come, ad esempio, la deambulazione e la spasticità), sono apparsi intorno ai 4 anni di età ed alla fine dello studio i pazienti colpiti avevano vissuto da 5 a 20 anni in più. In merito a ciò Payam Mohassel, anch'egli del NINDS ed altro principale responsabile delle analisi, ha affermato: "Questi giovani pazienti avevano molti dei problemi del motoneurone superiore ed inferiore che sono indicativi della SLA. Ciò che ha reso unici questi casi è stata l'età precoce di insorgenza e la progressione più lenta dei sintomi. Questo ci ha fatto chiedere che cosa c'era alla base di questa distinta forma di SLA". In concerto per provare a dare una risposta a questo dilemma i ricercatori hanno usato strumenti genetici di nuova generazione per leggere gli esomi, (ossia le sequenze di DNA che contengono le istruzioni per la produzione delle proteine), dei partecipanti ed hanno visto che, come già anticipato, essi presentavano cambiamenti cospicui nella stessa porzione stretta del gene SPLTC1: in particolare è emerso che 4 degli 11 pazienti avevano ereditato questi cambiamenti da un genitore; mentre i restanti 7 casi sembravano essere il risultato di quelle che nella comunità scientifica vengono definite "mutazioni de novo", (ovvero mutazioni che possono verificarsi spontaneamente quando le cellule si moltiplicano rapidamente prima o poco dopo il concepimento), nel gene in questione. Per di più le mutazioni dell'SPLTC1 sono anche note per causare un diverso disturbo neurologico chiamato Neuropatia Ereditaria Sensoriale e Autonoma di tipo 1, (conosciuta anche con l'acronimo HSAN1): la proteina espressa da questo gene è una subunità di un enzima denominato SPT, che catalizza la prima di diverse reazioni necessarie per fabbricare gli sfingolipidi, ma le mutazioni genetiche dell'HSAN1 fanno sì che l'enzima produca versioni atipiche e dannose della suddetta classe di grassi. Motivo per il quale in un primo momento gli scienziati avevano pensato che le mutazioni che causano la nuova forma di SLA potessero produrre problemi simili, ma gli esami del sangue delle persone che hanno preso parte allo studio non hanno mostrato segni di sfingolipidi dannosi. A tal proposito lo stesso Carsten Bönnemann ha proseguito dichiarando: "A quel punto ci siamo sentiti come se avessimo incontrato un blocco stradale. Non potevamo comprendere appieno come le mutazioni viste nei pazienti SLA non mostravano le anomalie che ci si aspettava da ciò che era noto sulle mutazioni SPTLC1. Fortunatamente il team della professoressa Teresa Dunn aveva in mente alcune idee". Difatti per decenni questo gruppo di esperti aveva studiato il ruolo degli sfingolipidi nella salute e nella malattia e quindi con il loro aiuto gli studiosi hanno riesaminato i campioni di sangue dei pazienti SLA ed hanno rilevato che i livelli della versione tipica di tali grassi erano anormalmente alti; il che ha suggerito che le mutazioni della SLA avevano aumentato l'attività dell'SPT. Tra l'altro risultati simili sono stati visti quando i ricercatori hanno programmato alcuni neuroni cresciuti in delle piastre di Petri per portare le mutazioni che causano la SLA associata al gene SPLTC1: è emerso che tali neuroni producevano livelli più elevati di sfingolipidi tipici rispetto alle cellule di controllo; una differenza che è stata migliorata quando i neuroni sono stati alimentati con la serina, (cioè un aminoacido essenziale nella reazione dell'SPT). In aggiunta ricerche precedenti hanno suggerito che l'integrazione di serina può essere un trattamento efficace contro l'HSAN1: sulla base dei loro risultati, gli autori della nuova indagine in questione hanno raccomandato di evitare l'integrazione di tale aminoacido nel trattamento dei pazienti SLA. Comunque sia successivamente gli scienziati hanno eseguito una serie di esperimenti che hanno dimostrato che le mutazioni che causano la SLA impediscono ad un'altra proteina, (chiamata ORMDL), di inibire l'attività dell'SPT. Al riguardo la stessa Teresa Dunn ha commentato: "I nostri risultati suggeriscono che questi pazienti SLA vivono essenzialmente senza un freno all'attività dell'SPT, il quale è controllato da un ciclo di feedback. Quando i livelli di sfingolipidi sono alti, le proteine ORMDL si legano all'SPT e la rallentano. Le mutazioni che questi pazienti mandano essenzialmente in cortocircuito questo ciclo di feedback. Abbiamo pensato che ripristinare questo freno potrebbe essere una buona strategia per trattare questo tipo di SLA". Dunque per testare questa loro idea gli studiosi hanni creato dei piccoli filamenti interferenti di RNA progettati per spegnere i geni SPLTC1 mutanti trovati nei pazienti: gli esperimenti sulle cellule della pelle dei pazienti hanno mostrato che questi filamenti di RNA avevano sia ridotto i livelli di attività del gene SPLTC1 che ripristinato i livelli di sfingosina alla normalità. In merito a ciò lo stesso Carsten Bönnemann ha, infine, concluso sostenendo: "Questi risultati preliminari suggeriscono che potremmo essere in grado di utilizzare una strategia di silenziamento genico di precisione per trattare i pazienti con questo tipo di SLA. Inoltre stiamo anche esplorando altri modi per intervenire sul freno che rallenta l'attività dell'SPT. Il nostro obiettivo finale è quello di tradurre queste idee in trattamenti efficaci per i nostri pazienti che attualmente non hanno opzioni terapeutiche".
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