Mappato per la prima volta il confine dell'eliosfera.


Nelle scorse settimane, attraverso uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sull'Astrophysical Journal Supplement Series, alcuni ricercatori del Los Alamos National Laboratory, (in collaborazione con lo Space Research Centre of the Polish Academy of Sciences, l'University of Waikato, dell'University of Montana, la Princeton University, l'University of New Hampshire ed il Southwest Research Institute), sono stati in grado per la prima volta di misurare e creare una mappa in 3D dell'eliosfera, dando così alla comunità scientifica una migliore comprensione di come i venti solari e la materia interstellare interagiscono. Al riguardo Dan Reisenfeld, uno dei principali autori, ha affermato: "I modelli fisici hanno teorizzato questo confine per anni. Ma questa è la prima volta che siamo stati effettivamente capaci di misurarlo e realizzare una mappa tridimensionale". In pratica, come già noto, l'eliosfera è una sorta di bolla creata proprio dal vento solare, vale a dire un flusso di protoni, elettroni e particelle alfa che si estende dal Sole nello spazio interstellare e protegge la Terra dalle dannose radiazioni interstellari. Ad ogni modo durante il suddetto nuovo lavoro gli scienziati hanno utilizzato i dati raccolti del satellite Interstellar Boundary Explorer, (noto anche con la sigla IBEX), in orbita attorno alla Terra e che rileva le particelle che provengono dall'eliosuperficie, (ossia lo strato di confine tra il Sistema Solare e lo spazio interstellare), ed hanno, appunto, mappato il limite di tale zona: si tratta di una regione che è stata denominata eliopausa e dove il vento solare che si allontana verso lo spazio interstellare si scontra con la materia interstellare che si muove in direzione del Sole. In sostanza per effettuare questa misurazione gli studiosi hanno usato una tecnica simile a quella che i pipistrelli usano per l'ecolocalizzazione; difatti in merito a ciò lo stesso Dan Reisenfeld ha proseguito spiegando: "Proprio come i pipistrelli inviano impulsi sonar in ogni direzione ed usano il segnale di ritorno per creare una mappa mentale dei loro dintorni, abbiamo usato il vento solare del Sole, che va in tutte le direzioni, per creare una mappa dell'eliosfera". Insomma, entrando un po' più nei particolari i ricercatori si sono serviti delle misurazioni fatte con l'IBEX e relative agli atomi neutri energetici, (conosciuti anche con al sigla ENA), i quali sono il risultato delle collisioni tra le particelle del vento solare e quelle della materia interstellare: l'intensità di questo segnale dipende dall'intensità del vento solare che colpisce l'eliosuperficie; quando un'onda colpisce il rivestimento il conteggio degli ENA aumenta e l'IBEX è in grado di rilevarli. A tal proposito Dan Reisenfeld è andato avanti dichiarando: "Il "segnale" del vento solare inviato dal Sole varia in forza, formando un modello unico. Il satellite IBEX vedrà lo stesso schema nel segnale degli ENA di ritorno da 2 a 6 anni dopo, a seconda dell'energia degli ENA e della direzione in cui IBEX sta guardando attraverso l'eliosfera. Questa differenza di tempo è il modo in cui abbiamo trovato la distanza dalla regione della sorgente degli ENA in una particolare direzione". Successivamente gli scienziati hanno applicato questo metodo per costruire la mappa tridimensionale, utilizzando i dati raccolti in un ciclo solare completo, (cioè dal 2009 al 2019). Al riguardo lo stesso esperto ha concluso ribadendo: "Facendo questo siamo in grado di vedere il confine dell'eliosfera nello stesso modo in cui un pipistrello usa il loro sonar per "vedere" le pareti di una grotta". Comunque sia il motivo per cui ci vuole così tanto tempo per far sì che il segnale ritorni all'IBEX è a causa delle grandi distanze coinvolte, che nel Sistema Solare sono misurate in unità astronomiche, (note anche con la sigla au), dove, ad esempio, 1 au rappresenta la distanza della Terra dal Sole: la mappa messa a punto dagli studiosi ha, infatti, mostrato che la distanza minima dal Sole all'eliopausa è di circa 120 au nella direzione verso la materia interstellare; mentre nella direzione opposta si estende almeno per 350 au, vale a dire il limite di distanza che la sopracitata tecnica di scandaglio è riuscita, infine, ad osservare.

Di seguito un breve video che riassume il tutto:

Commenti