Risolto l'annoso mistero della "vernice del deserto".


Passeggiando per un deserto in quasi tutto il mondo è possibile notare delle rocce macchiate di scuro, specialmente dove il sole splende più intensamente e l'acqua sgocciola o la rugiada si raccoglie: se si è abbastanza fortunati in alcuni punti ci si potrebbe imbattere in un'arte antica, (chiamata petroglifi), scolpita in queste macchie. Tuttavia per anni la comunità scientifica ha appreso più informazioni in merito a tale forma d'arte rispetto alle misteriose macchie scure, (denominate vernice del deserto o vernice di roccia), in cui si trovano i disegni: in particolare la scienza deve ancora giungere ad una conclusione sulla provenienza di questa vernice di roccia, che è insolitamente ricca di manganese. Ad ogni modo adesso alcuni ricercatori del California Institute of Technology, del Los Alamos National Laboratory, della Northwestern University, dello Stanford Synchrotron Radiation Lightsource e dell'Università della California, Los Angeles pensano di avere una risposta: secondo un loro nuovo studio pubblicato sulla rivista PNAS, infatti, la vernice di roccia sarebbe il prodotto di comunità microbiche che usano il manganese per difendersi dal sole del deserto. Al riguardo Usha Lingappa, una delle principali autrici, ha affermato: "Il mistero della vernice rocciosa è vecchio. Charles Darwin ne ha scritto, Alexander von Humboldt ne ha scritto, e c'è un lungo dibattito sul fatto che abbia un'origine biologica o inorganica. Ma in realtà noi non ci siamo proposti di capire da dove viene la vernice di roccia. Invece, eravamo interessati a come gli ecosistemi microbici nel deserto interagiscono con la vernice di roccia". In pratica per fare ciò gli scienziati hanno utilizzato tutte le tecniche che potevano trovare: sequenziamento del DNA, analisi mineralogiche, microscopia elettronica e metodi avanzati di spettroscopia a raggi X che potrebbero mappare diversi tipi di manganese ed altri elementi all'interno di campioni di vernice del deserto. In merito a ciò la stessa Usha Lingappa ha proseguito dichiarando: "Combinando queste diverse prospettive, forse potremmo disegnare un quadro di questo ecosistema e comprenderlo in nuovi modi. È da lì che siamo partiti, e poi ci siamo imbattuti in questa ipotesi per la formazione della vernice di roccia". In sostanza tra le osservazioni chiave degli studiosi c'è stato il fatto che, mentre il manganese nella polvere del deserto si trova di solito in forma di particelle, nella vernice del deserto risultava essere depositato in strati più continui: si tratta di un fatto rivelato dai metodi avanzati di spettroscopia a raggi X che possono dire non solo quali composti chimici compongono un campione ma anche come sono distribuiti su scala microscopica, in tutto il campione. Tra l'altro la medesima analisi ha mostrato che i tipi di composti di manganese nella vernice di roccia erano il risultato di cicli chimici in corso, piuttosto che essere lasciati fuori al sole per millenni: questa informazione, combinata con la prevalenza di un gruppo di batteri chiamati Chroococcidiopsis che usano il manganese per combattere gli effetti ossidativi del duro sole del deserto, ha portato i ricercatori a concludere che la vernice del deserto è stata, appunto, rilasciata da tali batteri. A tal proposito Samuel Webb, altro principale responsabile dell'indagine in questione, ha, infine, concluso spiegando: "Questo progetto è arrivato al momento perfetto, considerati i progressi nella spettroscopia a raggi X. I miglioramenti nella dimensione del fascio di raggi X ci hanno, infatti, permesso di ottenere un'immagine a grana più fine della vernice di roccia ed altri miglioramenti hanno assicurato che potessimo dare una buona occhiata ai nostri campioni senza il rischio di danneggiarli. Stiamo sempre armeggiando e mettendo a punto le cose, e penso che fosse il momento giusto per un progetto che forse 5 o 10 anni fa non sarebbe stato davvero fattibile".

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