Un paio di settimane fa alcuni ricercatori dell'Università di Kyushu, (in collaorazione con la Nagoya University, l'Università di Osaka, il Rady Children's Hospital San Diego, il RIKEN Center for Biosystems Dynamics Research, l'Università della California, San Francisco e la Keio University), hanno publicato uno studio sulla rivista Cell Reports, tramite il quale hanno fatto sapere di aver trovato un possibile percorso genetico alla base della disfunzione neurologica della Sindrome di Rett. In pratica, come già risaputo, si tratta di un disordine progressivo del
neurosviluppo caratterizzato da disturbi della cognizione e del
coordinamento, (con una gravità variabile), che si verifica in circa uno ogni
10.000-15.000 nascite femminili, ma che però inizialmente risulta essere difficile da identificare perché i bambini sembrano svilupparsi normalmente nei
primi 6-18 mesi di vita. Tuttavia adesso gli scienziati hanno scoperto che i deficit dei geni chiave coinvolti in questa patologia spinge le cellule staminali neurali a generare meno neuroni, attraverso la produzione di più astrociti, (ossia le cellule di manutenzione del cervello): la loro speranza è quella che il processo molecolare appena identificato possa portare a potenziali obiettivi terapeutici futuri, appunto, per trattare la malattia in questione. Al riguardo Hideyuki Nakashima, uno dei principali autori della suddetta ricerca, ha affermato: "La Sindrome di Rett è causata da mutazioni in un singolo gene chiamato methyl CpG binding protein 2, o MECP2. Il gene è stato identificato oltre due decenni fa e molto è stato scoperto da allora, ma esattamente come le mutazioni causano la patologia rimane elusivo". In sostanza nel corso di un loro lavoro precedente gli studiosi avevano osservato che il MECP2 agisce come una sorta di regolatore per l'elaborazione di specifici microRNA per controllare le funzioni dei neuroni; motivo per il quale ora sono tornati ad indagare se quel percorso era anche coinvolto nella differenziazione delle cellule staminali neurali. In merito a ciò lo stesso Hideyuki Nakashima ha proseguito spiegando: "Grazie alla nostra indagine, abbiamo trovato diversi microRNA associati al MECP2, ma solo uno è risultato influenzare la differenziazione delle cellule staminali neurali: un microRNA chiamato miR-199a. Infatti quando sia l'attività del MECP2 che quella del miR-199a sono state interrotte, abbiamo scoperto che la produzione delle cellule chiamate astrociti aumentava". Insomma, come già anticipato, le sopracitate cellule svolgono una funzione di supporto per il cervello: mentre i neuroni inviano i segnali elettrici, gli astrociti sono, infatti, lì per aiutare a mantenere tutto il resto. Inoltre durante lo sviluppo del cervello, sia tali cellule che i neuroni sono generati dallo stesso tipo di cellule staminali, (note proprio come cellule staminali neurali), e la loro produzione è attentamente controllata. Ad ogni modo si è visto che una disfunzione nel gene MECP2 o nel miR-199a fa sì che queste cellule staminali producano un numero più elevato di astrociti rispetto a quello dei neuroni. A tal proposito Hideyuki Nakashima è andato avanti dichiarando: "Ulteriori analisi hanno dimostrato che il miR-199a ha come bersaglio la proteina Smad1, un fattore di trascrizione fondamentale per il corretto sviluppo cellulare. La Smad1 funziona a valle di un percorso chiamato segnalazione BMP, che è noto per inibire la produzione di neuroni e facilitare la generazione di astrociti". Comunque sia per studiare ulteriormente questo processo i ricercatori hanno creato una cultura di organoidi cerebrali, (ossia una coltivazione in 3D di cellule staminali neurali che può imitare gli aspetti dello sviluppo del cervello), partendo da cellule iPS, (note anche come cellule staminali pluripotenti indotte), derivate da pazienti affetti dalla Sindrome di Rett, ed hanno constatato che quando inibivano la segnalazione BMP, (acronimo che sta ad indicare "proteina morfogenetica dell'osso"), la differenziazione anormale delle cellule staminali neurali diminuiva. Al riguardo Kinichi Nakashima, altro principale responsabile delle analisi, ha, infine, concluso sostenendo: "I nostri risultati ci hanno dato una visione preziosa sul ruolo del MECP2, del miR-199a e della segnalazione BMP nella Sindrome di Rett. Sono necessarie ulteriori indagini, ma speriamo che questo possa portare a trattamenti clinici per i sintomi della Sindrome di Rett".
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