Recentemente una nuova analisi della superficie di Venere, condotta da alcuni ricercatori della North Carolina State University, della Royal Holloway, University of London, dell'Istanbul Technical University, della Baylor University, dell'Università della Georgia e del Lamont–Doherty Earth Observatory ed i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista PNAS, ha mostrato le prove di movimento tettonico sotto forma di blocchi di crosta che si sono scontrati l'uno contro l'altro come pezzi di ghiaccio rotti: ciò potrebbe indicare che il pianeta è ancora geologicamente attivo e potrebbe fornire alla comunità scientifica una visione sia della tettonica degli esopianeti che della prima attività tettonica sulla Terra. Al riguardo Paul Byrne, uno dei principali autori, ha affermato: "Abbiamo identificato un modello precedentemente non riconosciuto di deformazione tettonica su Venere, uno che è guidato dal movimento interno proprio come sulla Terra. Anche se diverso dalla tettonica che vediamo attualmente sulla Terra, rappresenta ancora la prova del movimento interno che si esprime sulla superficie del pianeta". In pratica si tratta di una scoperta abbastanza importante perché Venere è stato a lungo ritenuto avere un guscio esterno, (scientificamente noto come litosfera), solido immobile proprio come quello di Marte o della Luna: al contrario quello terrestre è spezzato in placche tettoniche, che scorrono una contro l'altra, l'una distante dall'altra e/o l'una sotto l'altra al di sopra dello strato di mantello caldo e più debole. In sostanza per arrivare a tali risultati gli scienziati si sono serviti delle immagini radar ottenute dalla missione Magellano della NASA per mappare la superficie di Venere: esaminando le estese pianure venusiane che costituiscono la maggior parte della superficie del pianeta, hanno visto aree in cui grandi blocchi di litosfera sembravano essersi mossi. Tra l'altro gli studiosi hanno successivamente creato un modello al computer di questa deformazione, (denominato "pack ice"), ed ha scoperto che il movimento lento dell'interno di Venere potrebbe spiegare lo stile di tettonica visto in superficie. In merito a ciò lo stesso Paul Byrne ha proseguito spiegando: "Queste osservazioni ci dicono che il movimento interno sta guidando la deformazione superficiale su Venere, in modo simile a ciò che accade sulla Terra. La tettonica a placche sulla Terra è guidata dalla convezione nel mantello. Il mantello è caldo o freddo in posti diversi, si muove, e parte di questo movimento si trasferisce alla superficie terrestre sotto forma di movimento delle placche. Una variazione su questo tema sembra essere in atto anche su Venere. Non si tratta di tettonica a placche come sulla Terra, (non ci sono, infatti, enormi catene montuose che vengono create, o giganteschi sistemi di subduzione), ma è la prova della deformazione dovuta al flusso del mantello interno, che non è stato dimostrato su scala globale prima". Ed ha poi aggiunto: "Inoltre la deformazione associata a questi blocchi crostali potrebbe anche indicare che Venere è ancora geologicamente attivo. Sappiamo che gran parte di Venere è riemersa vulcanicamente nel corso del tempo, quindi alcune parti del pianeta potrebbero essere davvero giovani, geologicamente parlando. Ma molti dei blocchi che si muovono si sono formati in queste giovani pianure laviche e le hanno deformate; il che significa che la litosfera si è frammentata dopo che queste pianure sono state deposte. Questo ci dà motivo di pensare che alcuni di questi blocchi possano essersi spostati geologicamente molto recentemente, (forse anche fino ad oggi)". Per di più, come già anticipato, i ricercatori si sono detti ottimisti sul fatto che il modello di "pack ice" appena riconosciuto di Venere potrebbe offrire indizi per comprendere la deformazione tettonica su pianeti al di fuori del Sistema Solare, così come su una Terra molto più giovane. A tal proposito Paul Byrne è andato avanti dichiarando: "Lo spessore della litosfera di un pianeta dipende principalmente da quanto è caldo, sia all'interno che in superficie. Il flusso di calore dall'interno della giovane Terra era fino a tre volte maggiore di quello attuale, quindi la sua litosfera potrebbe essere stata simile a quella che vediamo oggi su Venere: non abbastanza spessa da formare placche che si subducono, ma sufficientemente spessa da essersi frammentata in blocchi che si spingevano, si trascinavano e si muovevano". Comunque sia ci sarebbe anche da dire che di recente la NASA e l'Agenzia Spaziale Europea hanno approvato tre nuove missioni spaziali il cui obiettivo sarà, appunto, Venere: il loro scopo sarà quello di acquisire immagini della superficie del pianeta ad una risoluzione molto più alta di quella di Magellano. Al riguardo lo stesso Paul Byrne ha, infine, concluso commentando: "È bello vedere un rinnovato interesse per l'esplorazione di Venere, e sono particolarmente entusiasta del fatto che queste missioni saranno in grado di verificare la nostra scoperta chiave, secondo cui, le pianure del pianeta si sono frammentate in blocchi di crosta in movimento".
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